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LA SESTA PAROLA DI GESU’ IN CROCE – 20 Aprile 2019

«Tutto è compiuto» (Gv 19,30).

            Hai detto proprio così: Tutto è compiuto. Sì, Signore, è la fine. La fine della tua vita. La fine della tua speranza umana, la fine della tua lotta e del tuo lavoro. Tutto è ormai passato. Tutto s’è fatto vuoto. E la tua vita si è dileguata. Disperazione e impotenza. Ma questa fine è il tuo compimento. Poiché una fine in fedeltà e nell’amore è un compimento.
            O Signore, quando capirò questa legge? La legge per cui la morte è vita; il rinnegamento di sé, conquista di sé; la povertà, ricchezza?
            Sì, tu hai compiuto tutto. Compiuta è la missione che il Padre ti aveva affidata. O Gesù, qualunque sia la mia missione: grande o piccola, dolce o amara, vita o morte, concedimi di compierla.

(Karl Rahner)

        

LA QUINTA PAROLA DI GESU’ IN CROCE – 19 Aprile 2019

«Ho sete» (Gv 19,28).

            Tu che ami la volontà del Padre fino alla morte, affermi con un’umiltà quasi inconcepibile, degna di adorazione: sì, anche quello che per bocca dei profeti era stato predetto di me come volontà del Padre, anche quello è adempiuto; sì, io ho davvero sete. Tutta la tua passione nella sua asprezza crudele era compito, non cieco destino; atto salvifico del tuo amore.
         Tu hai sofferto la sete per me, hai sete del mio amore e della mia salvezza: come il cervo assetato anela alle sorgenti d’acqua, coì la mia anima ha sete di te.

(Karl Rahner)

 

LA QUARTA PAROLA DI GESU’ IN CROCE – 18 Aprile 2019

«Dio mio, Dio mio,
perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46).

            Ti si sta avvicinando la morte. Non la fine della vita corporale, che è liberazione e pace, ma la morte nel senso di ultimo abisso. Si sta avvicinando la morte quale paurosa impotenza, desolazione schiacciante in cui nulla più esiste se non un abbandono che è bruciante. E in questa notte dello spirito e dei sensi, la tua anima persiste nella preghiera. O preghiera di un Dio derelitto! Se tu, Gesù, preghi in tal modo, se tu preghi in tale miserrimo stato, ci può mai essere un abisso dal quale non sia consentito invocare il Padre tuo? Ci può mai essere una disperazione la quale non riesca, cercando rifugio nel tuo abbandono, a trasformarsi in preghiera?
            Per fare del tuo sconfinato abbandono una preghiera, pregasti l’inizio del Salmo 22: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Questa antichissima lamentazione innumerevoli generazioni avevanopregato prima di te, parole già improntate dall’uso liturgico. Con tali parole hai potuto dire tutto. Insegnami a pregare con le parole della tua Chiesa, così che esse diventino le parole del mio cuore.

(Karl Rahner)

LA TERZA PAROLA DI GESU’ IN CROCE – 17 Aprile 2019

«Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tu madre» (Gv 19,26).

            E’ l’ora del distacco, l’ora della morte. L’ora in cui alla Madre, che era vedova, viene tolto l’unico Figlio.       
            Tu non hai risparmiato nulla a questa Madre. Non fosti soltanto la gioia della sua vita: fosti pure la sua amarezza e la sua pena. Solo così essa è diventata veramente Madre tua. Per te, fratelli e sorelle e madre sono coloro che compiono la volontà del Padre tuo che sta nei cieli. Pur nel tormento, il tuo amore è ancora vibrante di quella tenerezza che su questa terra unisce tra loro un figlio e sua madre. Così la tua morte consacra anche queste preziose realtà terrene che inteneriscono i cuori e rendono bella la terra. Persino nella morte hai amato la terra; pur mentre morivi per la nostra salvezza eterna ti sei commosso per il pianto di una madre; anche nel trapasso ti sei preoccupato della sorte terrena di una vedova e hai donato a un figlio una madre e a una madre un figlio, per questo un giorno vi sarà una nuova terra.
            Ma essa non stava sotto la tua croce semplicemente con il dolore solitario di una madre cui si sta ammazzando il figlio. Stava là a nome nostro. Stava là come madre di tutti i viventi. Offriva il Figlio per noi. Donando questa Madre al discepolo prediletto, tu l’hai donata a ciascuno di noi.
            Concedici la grazia di venerare e amare tua Madre. Dille ancora, guardando a me poverello:Donna, ecco tuo figlio.

(Karl Rahner)

LA SECONDA PAROLA DI GESU’ IN CROCE – 16 Aprile 2019

«In verità ti dico:
oggi tu sarai con me in paradiso» (Lc 23,43).

            Tu sei in agonia, e nel tuo cuore pieno di dolore c’è ancora posto per la sofferenza altrui! Stai per morire, e ti preoccupi di un criminale! L’abbandono di Dio ti sta uccidendo, e tu parli di paradiso!
            Un miserabile delinquente ti chiede di ricordarlo e tu gli prometti il paradiso. Una vita di peccati e di vizi si trasforma così rapidamente, se tu ti avvicini ad essa? Uno di tal fatta non può andare in cielo così in fretta come i penitenti e le anime che si sono purificate con una lunga ascesi, o come i santi, i quali non fecero altro che affinare il corpo e l’anima per renderli degni del Dio tre volte santo! Tu invece pronunci la parola onnipotente della tua grazia, essa penetra nel cuore del ladrone e trasforma il fuoco infernale della sua agonia nella fiamma purificatrice dell’amore a Dio. e il ladrone entra con te nel paradiso del Padre tuo.
            Darai anche a me la grazia di non perdere mai il coraggio di esigere temerariamente tutto dalla tua bontà, di aspettarmi tutto? Il coraggio di dire, fossi anche il più rinnegato dei criminali: “Signore, ricordati di me, quando sarai nel tuo regno!”. “Oggi stesso sarai con me in paradiso”: questa tua stessa parola mi renda degno di entrare, completamente assolto, nel regno del Padre tuo.

(Karl Rahner)

LA PRIMA PAROLA DI GESU’ IN CROCE – 15 Aprile 2019

«Padre, perdona loro,
perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34).

            Tu pendi dalla croce. Ti ci hanno inchiodato. E la tua anima è un mare di dolore, di desolazione, di disperazione.
            Coloro che hanno architettato tutto ciò stanno sotto la tua croce. Non se ne allontanano, neanche per lasciarti morire solo. Rimangono, ridono. Trovano che hanno avuto ragione, che quanto hanno fatto è l’adempimento della più santa giustizia, un servizio reso a Dio di cui possono andare orgogliosi. E su di te si abbatte, più spaventosa di tutti i dolori del corpo, la disperazione per una simile malvagità. Ci sono davvero uomini capaci di tale perfidia? Può un uomo torturarne un altro perfino in morte? E in tutto ciò rivendicare per sé l’apparenza del diritto e l’aria dell’innocente e del giudice obiettivo? E Dio permette che ciò accada nel suo mondo? O Signore, il nostro cuore si sarebbe già spezzato in una furiosa disperazione. Noi avremmo maledetto. Avremmo urlato e cercato di strappare i chiodi. Tu invece dici: Padre, perdona loro. Sei incomprensibile, Gesù. Tu ami i tuoi nemici. Preghi per loro.
            Concedimi di pensare alla prima parola che dicesti sulla croce quando nel Padre nostro affermo distrattamente di perdonare ai miei debitori. O mio Dio inchiodato sulla croce dell’amore: io non so se qualcuno mi debba realmente qualcosa che io debba rimettergli. Ma in ogni caso mi occorre la tua forza affinché io sappia perdonare di cuore a coloro che il mio orgoglio e il mio egoismo considerano nemici.

(Karl Rahner)

UN CUORE CHE ASCOLTA – 14 Aprile 2019

             Il cuore pensante è un cuore che ascolta, in sé e negli altri, soprattutto nei più piccoli e umiliati, il richiamarsi costante fra il Cuore di Dio e il cuore dell’uomo, fra Dio che desidera l’uomo e l’uomo che desidera Dio. Lascia risuonare in sé, con passione, cioè con amore e dolore, il richiamo fra l’abisso dell’uomo e l’abisso di Dio.
         Ognuno di noi è chiamato alla mistica dell’ascolto del grande richiamo fra Dio e l’umanità nella responsabilità di ascoltare il mormorio, spesso impercettibile, dei ruscelli, cioè del lieve lamento del fratello e della sorella più piccoli e fragili, che gemono davanti alla nostra porta.
         Un cuore pensante è un cuore che tende l’orecchio al gemito che nessuno ascolta.
         Come cambierebbe la nostra vita, e la società tutta, se ognuno di noi cominciasse a tendere l’orecchio per ascoltare chi geme in silenzio accanto a noi! E se, ascoltando, dessimo voce a quel gemito, per dilatare l’attenzione, per dilatare l’ascolto, il pensiero, e quindi il cuore.

            (Mauro Giuseppe Lepori)

 

UN CUORE PENSANTE – 13 Aprile 2019

           Nel lager di Westerbork, Etty Hillesum scrive:
         «Di notte, mentre ero coricata nella mia cuccetta, circondata da donne e ragazze che russavano piano, o sognavano ad alta voce, o piangevano silenziosamente, o si giravano e rigiravano – donne e ragazze che dicevano così spesso durante il giorno: “non vogliamo pensare”, “non vogliamo sentire, altrimenti diventiamo pazze”–, a volte provavo un’infinita tenerezza, me ne stavo sveglia e lasciavo che mi passassero davanti gli avvenimenti, le fin troppe impressioni di un giorno fin troppo lungo, e pensavo: “Su, lasciatemi essere il cuore pensante di questa baracca”».
         Etty non vuole scivolare nella dimenticanza, nell’insensibilità alla realtà, anche se tragica e assurda. Si lascia coscientemente scivolare dentro la coscienza di questa realtà, perché intuisce che quel pensarci è l’espressione di un amore, è un pensare con il cuore, per l’umanità sofferente in cui si trova. Affinché dentro quella realtà disumana rimanga accesa una fiamma di coscienza, un cuore cosciente e libero. Etty ha l’intuizione che un cuore pensante in mezzo ad una realtà disumanizzante e disumanizzata ha il potere misterioso, ma reale, di salvare l’umano, di salvare ciò che è divino nell’umano, di salvare ciò che ha il potere di trasfigurare tutto: un amore cosciente e quindi libero.

(Mauro Giuseppe Lepori)

GESU’ SCONVOLGE OGNI PENSIERO MALVAGIO – 12 Aprile 2019

         Un giorno Gesù ha sorpreso i suoi discepoli mentre si lasciavano invadere da un pensiero malvagio che li metteva gli uni contro gli altri: il pensiero di chi poteva essere il più grande fra di loro (cfr. Lc 9,46).
         Anche noi facciamo spesso questa esperienza. Ci si trova insieme, anche con i propri amici e familiari, anche con i fratelli e sorelle della propria comunità, e c’è come un serpente che inizia a farsi strada fra gli uni e gli altri. Magari uno sta dicendo qualcosa di bello e di vero, e dal cuore degli altri esce un sottile sentimento di invidia, una critica, oppure un compiacimento se si sta sbagliando. Circola un veleno che uccide la comunione, che smorza la letizia.
         Gesù ha lasciato fare questi discorsi avvelenati ai suoi discepoli per tutto il cammino. Poi interpella e provoca i discepoli con un gesto inconsueto: «Conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: “Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande”» (Lc 9,47-48).
         In realtà, il più piccolo, l’ultimo, il servo di tutti, l’umile servo di Dio svuotato di se stesso, è Gesù Cristo stesso. Mettendo il bambino vicino a sé, Gesù ha mostrato che Lui stesso si è messo vicino al più piccolo, ha preso quel posto, si è abbassato fino a lavare i piedi dei discepoli. E’ la realtà stessa dell’avvenimento di Cristo che sconvolge i pensieri del cuore e dei discepoli.

(Mauro Giuseppe Lepori)

LA PAROLA CHE CI CAMBIA – 11 Aprile 2019

           Quando Gesù inizia il suo ministero, lo fa gridando un invito alla conversione, che alla lettera vuol dire “cambiare di mentalità”, “cambiare pensiero”: “Convertitevi [metanoèite] e credete nel Vangelo!” (Mc 1,15).
         Ma cosa può veramente cambiare il nostro pensiero? Cosa può contrastare la tendenza del nostro cuore ad andare contro la sua natura di immagine del Dio vero e buono per produrre pensieri falsi e malvagi? Come può il nostro pensiero cambiare credendo al Vangelo?
         La Parola di Dio è nella tradizione della Chiesa, in particolare nella tradizione monastica del deserto, il grande antidoto ai cattivi pensieri. Ma anche la parola di Dio se non la accogliamo come una realtà, come la voce di un Dio presente che ci guarda e ci parla, rimane sterile, come i semi che cadono in mezzo ai rovi o sulla strada.

(Mauro Giuseppe Lepori)