«Padre, perdona loro,
perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34).
Tu pendi dalla croce. Ti ci hanno inchiodato. E la tua anima è un mare di dolore, di desolazione, di disperazione.
Coloro che hanno architettato tutto ciò stanno sotto la tua croce. Non se ne allontanano, neanche per lasciarti morire solo. Rimangono, ridono. Trovano che hanno avuto ragione, che quanto hanno fatto è l’adempimento della più santa giustizia, un servizio reso a Dio di cui possono andare orgogliosi. E su di te si abbatte, più spaventosa di tutti i dolori del corpo, la disperazione per una simile malvagità. Ci sono davvero uomini capaci di tale perfidia? Può un uomo torturarne un altro perfino in morte? E in tutto ciò rivendicare per sé l’apparenza del diritto e l’aria dell’innocente e del giudice obiettivo? E Dio permette che ciò accada nel suo mondo? O Signore, il nostro cuore si sarebbe già spezzato in una furiosa disperazione. Noi avremmo maledetto. Avremmo urlato e cercato di strappare i chiodi. Tu invece dici: Padre, perdona loro. Sei incomprensibile, Gesù. Tu ami i tuoi nemici. Preghi per loro.
Concedimi di pensare alla prima parola che dicesti sulla croce quando nel Padre nostro affermo distrattamente di perdonare ai miei debitori. O mio Dio inchiodato sulla croce dell’amore: io non so se qualcuno mi debba realmente qualcosa che io debba rimettergli. Ma in ogni caso mi occorre la tua forza affinché io sappia perdonare di cuore a coloro che il mio orgoglio e il mio egoismo considerano nemici.
(Karl Rahner)