UN CUORE PENSANTE – 13 Aprile 2019

           Nel lager di Westerbork, Etty Hillesum scrive:
         «Di notte, mentre ero coricata nella mia cuccetta, circondata da donne e ragazze che russavano piano, o sognavano ad alta voce, o piangevano silenziosamente, o si giravano e rigiravano – donne e ragazze che dicevano così spesso durante il giorno: “non vogliamo pensare”, “non vogliamo sentire, altrimenti diventiamo pazze”–, a volte provavo un’infinita tenerezza, me ne stavo sveglia e lasciavo che mi passassero davanti gli avvenimenti, le fin troppe impressioni di un giorno fin troppo lungo, e pensavo: “Su, lasciatemi essere il cuore pensante di questa baracca”».
         Etty non vuole scivolare nella dimenticanza, nell’insensibilità alla realtà, anche se tragica e assurda. Si lascia coscientemente scivolare dentro la coscienza di questa realtà, perché intuisce che quel pensarci è l’espressione di un amore, è un pensare con il cuore, per l’umanità sofferente in cui si trova. Affinché dentro quella realtà disumana rimanga accesa una fiamma di coscienza, un cuore cosciente e libero. Etty ha l’intuizione che un cuore pensante in mezzo ad una realtà disumanizzante e disumanizzata ha il potere misterioso, ma reale, di salvare l’umano, di salvare ciò che è divino nell’umano, di salvare ciò che ha il potere di trasfigurare tutto: un amore cosciente e quindi libero.

(Mauro Giuseppe Lepori)

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