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ALLA SORGENTE QUALCUNO CI ASPETTA – 26 Luglio 2018

         Dov’è la sorgente delle lacrime? Dove nascono queste lacrime che d’un tratto affiorano alla superficie di noi stessi e non riusciamo a trattenere? Acqua bruciante del dolore, acqua amara del rimorso, acqua soave della compassione, acqua appacificante del pentimento e della consolazione, acqua frizzante della gioia… Le lacrime sgorgano quando qualcosa nel nostro profondo viene toccato: certamente quando la sofferenza ci strazia, ci fa a pezzi, ma anche  quando ci sconvolge il dolore per un altro, ci commuove la sua debolezza, ci colpisce la sua angoscia o siamo estasiati per un ritrovarci, per l’amore che si riceve, il perdono che si dà…
         Donde vengono le lacrime, se non dall’intimo più profondo del nostro essere?
         Verso questa sorgente dovremmo tutti incamminarci. Un cammino verso noi stessi. Un cammino intriso di verità, consolazione e speranza. Perché accanto alla sorgente, da tutta l’eternità c’è Uno che ci aspetta.

 (Jean Vanier, “Alla sorgente delle lacrime”)

 

CRISTO IN TE – 25 Luglio 2018

         Se vogliamo che il mondo sia trasfigurato, prendendo ispirazione dalla trasfigurazione di Gesù, e se vogliamo annunciare e proclamare che tutti siamo invitati alla dignità di “figli diletti nel Figlio prediletto”, dobbiamo accogliere e ascoltare il “Figlio prediletto” anche quando appare, come dice il profeta Isaia, “senza figura né splendore per attirare i nostri sguardi, né bellezza, sì da poterlo ammirare” (Is 53,2). Solo se siamo capaci di intravedere, nel volto di ogni persona, il volto dolente del Cristo, ci verrà concesso di contemplare il volto glorioso del Risorto.

(Jean Vanier, “Alla sorgente delle lacrime”)

UN PERICOLO DA CUI CONVERTIRCI – 24 Luglio 2018

 

         Il pericolo maggiore, anche nella vita cristiana è di voler “fare del bene agli altri, ai poveri, agli ultimi” pensandoli soprattutto diversi da noi e solo destinatari della nostra attenzione, del nostro interessamento e della nostra azione. Loro i poveri, noi i ricchi; noi i forti, loro i deboli. Da questo atteggiamento nasce, spesso, una distanza sempre più grande, avvertita più da loro che da noi, con il rischio che diventi spazio insuperabile, vuoto incolmabile.                                         
         Occorre convincerci che dentro di noi è il povero. Questo passaggio è una vera conversione. Un dono di Dio e una conquista quotidiana.

         (Jean Vanier, “Alla sorgente delle lacrime”)

IL POVERO CHE È DENTRO DI NOI – 23 Luglio 2018

         Occorre addentrarci nei sentieri del nostro cuore. Solo dopo e attraverso di esso possiamo disporci con tenerezza a entrare nel cuore degli altri. Riconoscere “il povero che è dentro di noi” costituisce il primo, insostituibile passo. Cercarlo, trovarlo, trattarlo con pazienza, nella maggiore pace interiore possibile. In una parola, amarlo per aiutarlo a crescere con noi, nell’armonia della persona.

(Jean Vanier, “Alla sorgente delle lacrime”)

LA LETTERA DELLA TENEREZZA DI DIO – 22 Luglio 2018

Rendete piena la mia gioia.

Se c’è pertanto qualche consolazione in Cristo,

se c’è conforto derivante dalla carità,

se c’è qualche comunanza di spirito,

se ci sono sentimenti di amore e di compassione,

rendete piena la mia gioia

con l’unione dei vostri spiriti,

con la stessa carità,

con i medesimi sentimenti.

Non fate nulla per spirito di rivalità

o per vanagloria,

ma ciascuno di voi, con tutta umiltà,

consideri gli altri superiori a se stesso,

senza cercare il proprio interesse,

ma anche quello degli altri.

(Fil 2,1-5)

        

         Paolo scrive questa lettera alla prima comunità cristiana d’Europa, ma avrebbe potuto scriverla a noi qui all’Arca. Di fatto, è molto più di una lettera, è una parola di Dio attraverso la quale lo Spirito Santo parla a noi, oggi. È la lettera della tenerezza.

         Dobbiamo mettere tutte le nostre energie nel vivere in unità gli uni con gli altri non avendo che una sola anima, un solo cuore e un solo spirito. E non dobbiamo lasciarci prendere dalla vanagloria che fa sì che ognuno si metta al primo posto; non devono esserci dispute, mormorazioni, dobbiamo cercare sempre gli interessi degli altri piuttosto che i nostri e dobbiamo considerare gli altri migliori di noi stessi.

(Jean Vanier, “Lettera della tenerezza di Dio”)

 

DIO È NEL CUORE DI COLUI CHE SOFFRE – 21 Luglio 2018

         La saggezza della via discendente consiste nell’accogliere le nostre povertà, le nostre ferite e quelle degli altri. Non si culla in illusioni, non ha paura di toccare la realtà e non pretende che tutto sia perfetto o che tutto potrebbe diventarlo. No, la saggezza della via discendente ci rivela semplicemente che Dio risiede nel cuore della nostra povertà e della nostra fragilità.
          Nel libro Anna e Mister Good, Anna racconta che in tutta la sua vita ha cercato di fuggire il vuoto che sentiva dentro di sé, attraverso la musica, le parole, le attività di ogni genere fino al giorno in cui ha scoperto che Dio era nascosto in questo vuoto. Dio è nascosto nel povero.
         È il mistero del Verbo incarnato, della luce discesa nel fango per diventare accessibile a tutti, nella comunione e nell’amore. È per questo che Gesù è diventato un bambino,  morto in croce ed ora si manifesta a noi attraverso il volto del povero e attraverso la nostra povertà.

(Jean Vanier, “Lettera della tenerezza di Dio”)

LO SPIRITO SANTO PENETRA NELLA NOSTRA FRAGILITÀ – 20 Luglio 2018

         Sulla via discendente, noi lasciamo che lo Spirito Santo penetri nelle nostre fragilità, nel nostro corpo e nella nostra psiche ferita e a poco a poco facciamo l’esperienza della risurrezione. Se crediamo di essere perfetti, saremo come il fratello maggiore del figlio prodigo, che giudica tutto. Ma il figliol prodigo non giudica perché ha sperimentato il perdono. Si è lasciato avvolgere dalle braccia di suo padre e si è sentito amato così com’era, fin nelle sue ferite e nelle sue fragilità. E al termine di questa via discendente si è rialzato per non giudicare più. Per diventare uomini e donne di compassione, che non giudicano e non condannano ma perdonano, dobbiamo prendere questa via discendente che ci rinnova dall’interno.  

(Jean Vanier, “Lettera della tenerezza di Dio”)

SCENDERE PER POTER COMUNICARE – 19 Luglio 2018

         La via discendente è la via della risurrezione ma è molto pericolosa perché ci fa perdere qualcosa. Implica anche di scendere dentro di noi stessi ed è ancora più difficile scoprire le proprie ferite e le proprie fragilità. La via discendente ci fa scoprire progressivamente, vivendo con il povero, la nostra povertà, questo mondo di angoscia che abbiamo dentro, la nostra durezza, la nostra capacità di fare anche del male.
         Io stesso ho sperimentato davanti a certe persone quest’ondata di potenze violente, nascoste nel più profondo di me ma molto presenti. Davanti all’intollerabile mi sono sentito capace di far male, di ferire il povero. So bene ce c’è un lupo alla porta della mia ferita e che può risvegliarsi. Non si può essere tanto in collera con i torturatori delle prigioni o dei campi di concentramento quando si scoprono, dentro di se, le proprie capacità di far male a qualcuno e le proprie ferite. Questa via discendente allora è dolorosa ma è la via della salvezza e della guarigione profonda.

(Jean Vanier, “Lettera della tenerezza di Dio”)

 

LA COMUNIONE È MOLTO DIVERSA DALLA DIVERSITÀ – 18 Luglio 2018

         Si può dare e fare molto per gli altri, ma mettersi in comunione significa fermarsi ed entrare in relazione, significa guardare negli occhi e dare la mano, in un dono reciproco, ricevendo e donando. La generosità implica solo il dono senza esigenze diverse dal tempo, dal denaro o dalle competenze, spesso dati per raccogliere gloria. Ma entrare in comunione significa diventare vulnerabili, significa far cadere le barriere e le maschere, compresa quella della generosità e significa mostrarsi così come si è.
         Entrare in comunione è riconoscere che si ha bisogno dell’altro, come Gesù, stanco, che chiede alla samaritana di dargli da bere. Gesù non le chiede di cambiare, le dice semplicemente che ha bisogno di lei, la incontra in profondità, entra in comunione con lei, entra in una relazione dove si dà e si riceve, dove ci si ferma e si ascolta. È più facile dare che fermarsi, soprattutto quando si è angosciati. Certo, il povero ha bisogno di soldi ma ha soprattutto bisogno, come il bambino, di incontrare un amico felice di essere con lui.

(Jean Vanier, “Lettera della tenerezza di Dio”)

IL POVERO DISTURBA – 17 Luglio 2018

         Sappiamo quanto sia grande la lotta all’interno di noi stessi, perché la via discendente ci fa incontrare il povero e il povero ci disturba. Infatti, non si tratta di fare qualcosa per lui ma di entrare in relazione con lui e non sappiamo dove ci porterà tutto questo, perché ci chiederà qualcosa che non vorremmo. Vivere un’alleanza con il povero significa mettersi in comunione con lui e diventare vulnerabili, significa perdere la propria libertà per acquistare una nuova libertà, quella dell’amore. Il povero rimane pericoloso; chiama al cambiamento, ad una trasformazione, ad una conversione radicale.
         Mi ricordo che un giorno a Parigi sono stato avvicinato da una donna che aveva l’aria fragile e ferita. Mi chiedeva dieci franchi. Ho voluto sapere il perché e mi rispose che era appena uscita dall’ospedale psichiatrico e che era malata. Abbiamo iniziato a parlare e a un certo punto mi sono reso conto che se continuavo sarebbe diventato troppo pericoloso perché di certo l’avrei invitata a pranzo e non avrei più potuto lasciarla per la strada. E ho sentito salire dentro di me ogni sorta di potenza che mi diceva di fermarmi. Le ho dato dieci franchi e sono andato all’appuntamento che avevo.
         Se ci si avvicina troppo al povero si perde la propria libertà personale. A un certo punto si arriva ad una svolta senza ritorno che cambia la nostra vita. Mi sono reso conto che facevo esattamente come il prete e come il levita della storia del buon samaritano che hanno continuato la loro strada fino a Gerico. Abbiamo fatto tutti questa esperienza.

         (Jean Vanier, “Lettera della tenerezza di Dio”)

LA VIA DISCENDENTE – 16 Luglio 2018

         Quando Gesù ci dice: «Seguimi», ci invita a prendere la via discendente ed è forse proprio in questo che siamo in contraddizione con lo spirito del mondo. La battaglia più grande riguarda il bisogno di promozione, il bisogno di avere un posto importante e può anche infiltrarsi all’interno della Chiesa e di una comunità perché è un bisogno iscritto in ognuno di noi. Si può fare il bene per ricercare la gloria umana; è la battaglia fondamentale tra la grazia e la psicologia umana.
         Gesù è venuto a portare un nuovo ordine di comunione, alla luce e a immagine di Dio. Le società umane sono costruite su una gerarchia che scarta e disprezza chi è più in basso, i deboli e gli emarginati. Ecco perché Gesù si rivolge per primo a loro, come a quella donna di Samaria.
         Gesù si rivela pienamente soltanto a colui che è in basso. Lui che è di condizione divina, ci mostra la strada. Fratel Charles diceva che nessuno potrebbe andare più in basso di dove è andato Gesù, perché si è identificato con i più piccoli, con i più poveri e i più feriti. Ed è a partire di là che ricostruisce l’universo edificando il suo corpo che è la Chiesa.

(Jean Vanier, “Lettera della tenerezza di Dio”)

UNA CRESCITA LENTA E BELLA – 15 Luglio 2018

         L’emergere dell’«io» si realizza nell’umiltà, a poco a poco, attraverso ogni genere di fallimenti e anche di errori. È una crescita lenta e bella, attraverso tutte le tappe della vita. Lungo questa strada si è chiamati ad essere pazienti, a trovare il ritmo della propria crescita, ad avere fiducia nel trascorrere del tempo e a lasciare che gli avvenimenti della vita, la malattia, le crisi, le letture, gli incontri, le separazioni e i lutti compiano dolcemente la loro opera. Quando c’è buona volontà e ci si sforza di mantenersi nella verità, tutto concorre al bene della persona e alla sua crescita verso la maturità umana e spirituale.

(Jean Vanier, “Ogni uomo è una storia sacra”)

LA SAGGEZZA DI CHI ACCETTA DI NON ESSERE ACCETTATO – 14 Luglio 2018

         Alcuni anni fa, a Montréal, sono stato invitato a incontrare un gruppo di handicappati fisici, uomini e donne. Mi avevano chiesto di parlare, ma di fronte  a loro non ero in grado di dire nulla. Ho chiesto che fossero loro a parlarmi. Allora ciascuno ha espresso la propria amarezza: «Ho avuto la polio quando avevo diciassette anni. All’inizio, i miei compagni di scuola mi sono stati molto vicini. Poi hanno terminato la scuola, e a poco a poco non è più venuto nessuno a trovarmi. Adesso non ho amici. Mi sento rifiutato da questa società così dura». Uno dopo l’altro, molti hanno espresso la loro sofferenza e il loro risentimento nei confronti della società. Poi ha parlato una donna poliomielitica: «Come possiamo aspettarci che le altre persone ci accettino, se noi non le accettiamo nella loro non-accettazione nei nostri confronti?». La sofferenza l’aveva portata a questa stupenda saggezza. Come un albero che è stato potato, dava splendidi frutti di apertura verso gli altri, di accettazione di sé e di amore.

(Jean Vanier, “Ogni uomo è una storia sacra”)

SEGNO DI MATURITÀ – 13 Luglio 2018

         Una mamma mi ha raccontato la storia del suo bambino, morto a cinque anni. A tre anni era stato colpito da una malattia che gli aveva provocato la paralisi alle gambe. Poi la paralisi aveva cominciato a invadere il resto del suo corpo. A cinque anni, il bambino non poteva muoversi dal suo letto, era cieco e totalmente paralizzato. Un giorno in cui sua madre stava piangendo accanto a lui, le ha detto: «Mamma, non piangere; ho ancora un cuore per voler bene alla mia mamma». Quel bambino, malgrado i suoi pochi anni, è morto con maturità. Un segno della maturità umana è la capacità di rallegrarsi di quello che si ha invece che lamentarsi di quello che non si ha. Uno dei segni dell’immaturità consiste nel lamentarsi per quello che non si ha e nel non rendere grazie per quello che si ha. Molte persone muoiono nell’accettazione e nella pace. Non è forse l’essenziale?

(Jean Vanier, “Ogni uomo è una storia sacra”)