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DIO SI FA UOMO AFFINCHÉ L’UOMO POSSA DIVENTARE DIO – 13 Dicembre 2017

Nato a Betlemme, terra di paradossi

   Betlemme era la terra di Rut. Nei campi di Booz, Rut veniva a raccogliere le spighe lasciate cadere dai mietitori: essa attirò l’attenzione del padrone che se ne invaghì e la sposò, benché fosse una moabita, una straniera. Dal loro amore nacque Obed, che fu il padre di Iesse, il quale fu a sua volta il padre del re David. Nella genealogia del Re David e del figlio di David c’è una straniera, Rut la moabita. Il profeta Michea aveva predetto che il Messia sarebbe uscito dall’umile villaggio di Betlemme e il profeta Isaia che sarebbe nato da una vergine (nella versione dei LXX Parthenos) della stirpe di David e da lei sarebbe stato chiamato Emmanuele, Dio con noi. Nei campi di Booz dove Rut spigolava, dove David pascolava il suo gregge, il profeta Samuele venne a consacrare il re d’Israele. Lì i pastori di Betlemme che passavano la notte all’aperto per fare la guardia al gregge ricevettero il lieto annuncio della nascita di Cristo: “Oggi per voi è nato un Salvatore”. L’imperatore Augusto comandava sul mondo con tutto il suo potere, e ordinava un censimento, mentre il Figlio di Dio non solo nasceva come tutti gli umani, nella fragilità e nella debolezza, ma nasceva come figlio sconosciuto, nella povertà di una grotta di Betlemme. L’angelo che portava la buona notizia non apparve nei palazzi dell’Herodium ai grandi di questo mondo, ma ai pastori disprezzati dai grandi.

Fr. Michael A. Perry, OFM

Ministro generale

DIO SI FA UOMO AFFINCHÉ L’UOMO POSSA DIVENTARE DIO – 12 Dicembre 2017

L’Incarnazione di Cristo anche se Adamo non avesse peccato

Duns Scoto, discepolo di Francesco, a differenza di molti pensatori cristiani del suo tempo, ha difeso l’idea che il Figlio di Dio si sarebbe fatto uomo anche se l’umanità non avesse peccato. “Pensare che Dio avrebbe rinunciato a tale opera se Adamo non avesse peccato, – scrive Duns Scoto – sarebbe del tutto irragionevole! Dico dunque che la caduta non è stata la causa della predestinazione di Cristo, e che – anche se nessuno fosse caduto, né l’angelo né l’uomo – in questa ipotesi Cristo sarebbe stato ancora predestinato nella stessa maniera” (Reportata Parisiensia, in III Sent., d. 7, 4). Per Duns Scoto, un teologo ottimista, l’Incarnazione del Figlio di Dio è il compimento della creazione. Questa concezione cambia il nostro modo di guardare a tutta la creazione, che da Dio è elevata alla sua stessa altezza. Pensiamo quali conseguenze ha tale visione sulla sensibilità ecologica e sulla considerazione dell’ambiente, come cambia lo sguardo sul mondo e sulle relazioni sociali, in una prospettiva che il nostro Papa Francesco chiama di “ecologia integrale”.

Fr. Michael A. Perry, OFM

Ministro generale

DIO SI FA UOMO AFFINCHÉ L’UOMO POSSA DIVENTARE DIO – 11 Dicembre 2017

Andiamo a Betlemme per vedere quello che è accaduto

Quest’anno la Custodia di Terra Santa ha celebrato 800 anni della sua fondazione. L’Ordine dei Frati minori non poteva ignorare questo evento che l’ha aperto alla missione. Ho voluto essere presente, io e il Vicario generale, in mezzo ai frati, perché il messaggio della Tera Santa interpella ogni frate minore oggi: Il Verbo di Dio pose la sua tenda in mezzo agli uomini e si fece figlio dell’uomo per abituare l’uomo a comprendere Dio e prer abituare Dio a mettere la sua dimora nell’uomo secondo la volontà del Padre. A Betlemme Dio ha preso un volto umano.

 

Verbum abbreviatum

San Francesco domandava ai frati predicatori di usare brevità di parola (Rb9,4). Il motivo è questo: quia verbum abbreviatum fecit Dominus. Nei tempi passati Dio parlò molte volte e in vari modi per mezzo dei profeti. La sua parola si è prolungata per secoli. Ora invece parla per mezzo del Figlio, che è la sua parola breve. Questa parola si fa carne in Gesù e riassume in sé tutta la rivelazione: Dio è amore. Scrive un monaco cistercense, Guerrico d’Igny: “Egli è la parola condensata, in maniera tale che in essa si trova il compimento di ogni parola di salvezza, poiché egli è la parola che in se sé compie e sintetizza il piano di Dio. Non dobbiamo stupirci se la Parola ha riassunto per noi tutte le parole profetiche, vedendo che ha voluto ‘abbreviare’ e in qualche modo rimpicciolire se stessa”. Anche per San Francesco i frati minori devono annunciare la parola di Dio incarnata, il Verbum abbreviatum. Al rimpicciolirsi della parola di Dio corrisponde il farsi piccolo di Francesco e dei suoi fratelli: lo stile dell’annuncio francescano sarà quello del farsi minori, cioè più piccoli, come il Verbum abbreviatum.

Fr. Michael A. Perry OFM

Ministro generale

AMICIZIA (Angelo Casati) – 10 Dicembre 2017

I volti degli amici
sono come Terra Promessa:
pochi metri
di zolla nera e feconda
che conosco palmo a palmo.

I volti dei miei amici
sono come lo specchio del tempo.
Li interrogo in silenzio la sera:
negli occhi s’è fissata
e ancora vive, tutta,
l’avventura di un giorno:
ancora inseguono 
scomode immagini.
Dilaga nella piega
degli occhi
la lotta dei disperati,
l’amore dei folli,
questo nostro sperare
contro ogni speranza.

Sui volti dei miei amici
ripercorro ogni giorno
il sentiero inquieto
delle nostre domande
senza risposta.

Unica certezza
il Cristo Presenza e Assenza,
vicino come la carne
di uno sposo,
e atteso nella notte
con fiaccole
che faticano al vento
quasi fossero
sul punto di morire.

E noi, amici?
Noi chiamati
a rischiare la notte,
a decidere al buio
-quando fioca è la luce-
per un cammino o per l’altro.
Perché non parli, o Signore?

Nostra nuova condizione
è non sapere e sperare
contro ogni speranza.
Volti dei miei amici
volti senza presunzione,
immagine
della speranza dei folli.
Volti dei miei amici,
la terra del domani.

 

AMICIZIA (Angelo Casati) – 9 Dicembre 2017

   L’insegnamento biblico svela quanto siano state visioni di corto respiro quelle che gettavano sospetti sull’amicizia, come se l’amicizia fosse cedimento all’amore egoista, come fosse indulgere al ripiegamento nella sfera del sentimento e della privatezza.

   Lo scolorimento dell’amicizia ha portato inesorabilmente allo scolorimento della fraternità, parola declamata, ma svigorita, privata di ogni sentimento: si ama tutti, e non si ama nessuno, si ama senza guardare, senza toccare, senza abbracciare. Con l’esito di comunità ecclesiali, gelide, asettiche, asfittiche.

   Una terra, quella dell’amicizia, che può essere profezia di Dio, della sua presenza. Tant’è che qualcuno ha osato il nome di sacramento per l’amicizia, anzi il più importante dei sacramenti. Così Sorella Maria dell’eremo di Campello.

   Io considero l’amicizia una delle più grandi forze del mondo. Si può dubitare di tutto, ma non dell’amico fedele. Quanto si può ricevere attraverso l’amicizia! Se si giunge all’amicizia con Gesù tutto si crede, tutto si spera, tutto si affronta.

   Raramente la fede altrui serve; più spesso infastidisce. Quello che aiuta quando si soffre è il cuore amico, sul quale si sa di poter contare sempre.

 

AMICIZIA (Angelo Casati) – 8 Dicembre 2017

Sono tanti i segni.
Ma io vorrei limitarmi ad un’amicizia, legata a una casa, o nei pressi di una casa, perché l’amicizia non è chissà dove, è su questa terra, sfiora le case, sfiora i nostri volti, sfiora la carne.
La casa di cui vorrei parlarvi è quella di Betania, casa di un’amicizia: nel racconto della risurrezione di Lazzaro si dice: “Il tuo amico è malato” (Gv 11, 3), e ancora: “Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro (Gv 11, 5).
La casa di Betania, questa volta sfiorata dalla malattia e dalla morte, nel racconto di Giovanni (11, 1-44). Nel racconto affiorano scorci di amicizia, segnali di un legame profondo:
l’amico, uno su cui puoi contare; non c’è bisogno di molte parole. Gli mandarono a dire: “Il tuo amico è malato” (11, 1-5);
l’amico, uno che può essere in ritardo sui tuoi desideri: “Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto”: all’amico puoi muovere un rimprovero, dolce ma non taciuto nel vangelo;
l’amico, uno che non sta al di fuori come gli amici di Giobbe, con parole al di fuori, ma entra: “si commosse, si turbò, scoppiò in pianto”. Nulla da spartire con gli uomini gelidi che sorvegliano i sentimenti;
l’amico, uno che ti porta fuori dalla casa della desolazione, ti fa guardare oltre, prolunga la visione, ti fa sognare la gloria di Dio: “…se credi, vedrai la gloria di Dio”;
l’amico, uno che non si rassegna alle parole di morte, alle situazioni di morte, fa segni di vita, dice parole di vita: “disseppellire Dio nei cuori devastati”, un compito che assegnava a se stesso Etty Hillesum;
l’amico, uno che non ti lega, ti sbenda, ti fa camminare, ti libera da tutto ciò che ti lega;
l’amico, uno che muore lui, perché tu viva: “Da quel giorno decisero di ucciderlo”.

AMICIZIA (Angelo Casati) – 7 Dicembre 2017

I campi di grano e il fiordaliso.
I campi di grano e il fiordaliso anche nel Secondo Testamento.
Campi di grano e fiordaliso -mi limito a questo- nella vita di Gesù.
Il terreno della sua vita non è a monocoltura. I suoi rapporti rivelano intensità diverse, l’amore di Gesù non è appiattito su un unico registro, non ha un solo colore, ha molti colori.
C’è il suo rapporto con la folla, ne percepisce le stanchezze, la fame, gli aneliti segreti. Sente la mano che sfiora il mantello.
C’è il suo rapporto con i discepoli, quelli che dividono giorni e notti con lui e, tra questi, i dodici. E tra i dodici tre, Pietro, Giacomo, Giovanni, testimoni del suo volto invaso dalla luce sul monte della Trasfigurazione, testimoni del suo volto in preda all’angoscia nell’orto. E tra loro Giovanni il discepolo che lui amava, quello dell’ultima confidenza.
Dunque nel vangelo ci sono segni dell’amicizia. Gesù viene chiamato:
-amico dei pubblicani e dei peccatori
-amico di Lazzaro -“il tuo amico è malato”-
-chiama “amico” Giuda, nell’atto del tradimento, e Gesù non usa parole vuote di senso, tanto per dire, come succede a noi.

AMICIZIA (Angelo Casati) – 6 Dicembre 2017

   Scelgo ancora nel Primo Testamento la storia di Ruth, la donna moabita, donna senza più marito.
   E Noemi, la suocera, anche lei donna senza più mariti senza i due figli, si alza per ritornare alla sua terra, nel paese di Giuda. E prega le nuore di rimanere nel loro paese, il paese di Moab.
   I vincoli della carne non spingevano oltre: ognuna portava legami con la sua terra.
   Ma Ruth rispose: “Non insistere con me perché ti abbandoni e torni indietro senza di te, perché dove andrai tu andrò anch’io, dove ti fermerai mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio; dove morirai morirò anch’io e vi sarò sepolta” (Rt 1, 16-17).

   Amicizia non è forse questo sconfinamento? Fuori dei confini della carne, del tuo popolo?
   Non è questo camminare insieme, andare, fermarsi e poi andare insieme?
   Essere a fianco! E il viaggio non è solo quello fisico. È viaggiare nei pensieri, nei sogni, nelle visioni.

AMICIZIA (Angelo Casati) – 5 Dicembre 2017

   Nella storia cristiana certamente le idee di fraternità e fratellanza sono prevalse su quelle di amicizia. Il principio è incontestabile: siamo figli di un unico Padre, e dunque inevitabilmente fratelli e sorelle”.
   Ma l’immagine di fraternità andava letta nell’ottica di un generale appiattimento delle relazioni, un grigio livellamento? C’è il campo di grano, ma c’è anche il fiordaliso.

   Vorrei ricavare alcune suggestioni sull’amicizia attingendole alla Bibbia.

   Nel Primo Testamento: Abramo.
   Mi incuriosisce il fatto che Abramo per ben 4 volte nella Bibbia (2 Cr 20, 3; Is 41, 8; Dan 3, 35; Ge 2, 23) sia chiamato “amico di Dio. 
   Così nel rotolo di Isaia:
“Ma tu, Israele, mio servo
tu, Giacobbe, che ho scelto
discendente di Abramo, mio amico” (Is 41, 8).
   Perché amico, amico di Dio, Abramo? E dove il segno della sua amicizia?
   Forse perché nell’ora calda del giorno, alle Querce di Mamre, aveva ospitato nella sua tenda, con una generosità prorompente, i tre sconosciuti. E quando ospiti uno sconosciuto è come se tu ospitassi Dio.
   O forse perché Dio ad Abramo non sa nascondere ciò che ha nel cuore, e questo è dono dell’amicizia, questa trasparenza. Ricordate Gesù: “Vi ho chiamato amici perché ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi”.
   E così Dio con Abramo non sa nascondere che sta per punire Sodoma e Gomorra. “Il Signore diceva: Posso io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare?” (Gen 18, 17).
   O forse amico perché con l’amico puoi intercedere, puoi osare: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere” (Gen 18, 27). C’è una distanza ed è superata.
   E Abramo, da buon orientale, “tira sul prezzo” con Dio: “Forse si troveranno cinquanta giusti, quaranta, trenta, venti, forse se ne troveranno dieci…”. Lo puoi fare con un amico, suoi tirare di prezzo.

 

AMICIZIA (Angelo Casati) – 4 Dicembre 2017

   Dicendo amico, amica, amici, la parola “amicizia”, che rischia la periferia dell’astrattezza, viene riportata al cuore, al cuore delle cose quotidiane, quelle che tocchi: l’amico, l’amica, gli amici li tocchi con la vita.

   Vorrei iniziare con la lettura di un testo che, visto l’autore, può rassicurarci che parlare di amici non è evasione intimistica, non è sconfinamento nella privatezza, nella separazione.
Il testo -qualcuno di voi certamente lo conosce- è una poesia di D. Bonhoeffer, pastore e teologo protestante, vittima dei campi di sterminio nazisti.
Nella sua poesia parla di altri campi, i campi della vita, dove convivono le due necessità, quelle del grano -ci è necessario il grano- e quella del fiordaliso, l’amicizia.

L’AMICO

A fianco del campo di grano che dà nutrimento
che gli uomini rispettosamente coltivano e lavorano
cui il sudore del loro lavoro
e, se bisogna,
il sangue dei loro corpi sacrificano,
a fianco del campo del pane quotidiano
lasciano però gli uomini
fiorire il bel fiordaliso.
Nessuno lo ha piantato, nessuno lo ha innaffiato,
indifeso cresce in libertà
e con serena fiducia
che la vita
sotto il vasto cielo
gli si lasci.
A fianco di ciò che è necessario,
formato dalla grave materia terrena,
a fianco del matrimonio, del lavoro, della spada,
anche ciò che è libero
vuol vivere
e cresce e in faccia al sole.
Non solo i frutti maturi
anche i fiori son belli.
Se i fiori ai frutti
o i frutti servano ai fiori
chi losa?
E però sono dati ambedue.
Il più prezioso, il più raro fiore
-nato in un’ora felice
dalla libertà dello spirito che gioca,
che osa, che confida-
è all’amico l’amico.

“Non solo i frutti maturi
anche i fiori sono belli.
Se i fiori ai frutti
o i frutti servano ai fiori
chi lo sa?”

   Può essere provocatoria questa poesia di Bonhoeffer, per noi, che “sappiamo tutto”, noi uomini del realismo, abbiamo risolto il problema, cancellando o, quando meno, esiliando tra le cose periferiche l’amicizia, forse non valutando gli esiti di questo deperimento.

RESPONSABILITÀ – 3 Dicembre 2017

   Il dottore della Legge Ben Zoma dice nei Capitoli dei Padri: « Si pensa che il saggio sia chi conosce molte cose. Si tratta, piuttosto, di chi impara da ogni uomo. Si pensa che l’eroe sia chi vince sul campo di battaglia. In realtà lo è chi ha la meglio sui propri istinti. Si pensa che il ricco sia colui che ha molto denaro. In verità lo è chi si accontenta di ciò che ha, poco o tanto che sia. Si pensa infine che l’uomo degno di stima sia colui che viene rispettato da tutti. Ma lo è piuttosto colui che rispetta gli altri ».

UMILTÀ E ORGOGLIO – 30 Novembre 2017

   Prima di morire il Baal Shem Tov raccomandò ai membri della sua comunità di nominare come loro capo soltanto un uomo che sapesse come tenere a bada l‘orgoglio.

   Alla sua morte tutti i candidati interrogati spiegarono con grande sicurezza in quale modo si giunge a vincere l’orgoglio.

   Quando fu il turno di Pinchas di Korez, dichiarò: « È l’unica mia paura: cedere al sentimento d’orgoglio. E non so assolutamente come si possa combatterlo ».

   Fu lui il prescelto.

PENTIMENTO – 29 Novembre 2017

  Un uomo si rivolge a Israele di Rizhin: « Rabbi, ho peccato e voglio pentirmi ma non so come si fa ».

   « Come hai saputo peccare? ».

  « Prima ho peccato e solo dopo ne ho preso coscienza ».

  « Ebbene, è questo che devi fare: prima prova dispiacere per quel che hai fatto e il pentimento verrà da solo ».

 

  Rabbi Abbahu diceva: « Il posto riservato ai pentiti non è raggiungibile neppure dai grandi giusti. Come sta scritto in Isaia: “Pace, pace ai lontani e ai vicini” (57,19). Il lontano – colui che si è allontanato da Dio ed è ritornato – è citato prima del vicino ».