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PER INCONTRARE GESÙ – 25 Settembre 2018

«Ora si avvicinò a Gesù
la madre e i fratelli di lui,
e non potevano incontrarlo a causa della folla».
Lc 8,19

         A differenza di Mc 3,21 la visita non ha un motivo negativo: prenderlo perché è pazzo! Dal testo si può dedurre che la visita ha un motivo positivo: il desiderio di «incontrarlo» per «vederlo». Ora in Luca questo è il desiderio portante del discepolo.
         Luca, rivolgendosi al battezzato, invita al passaggio da una fede imperfetta a una parentela sempre più autentica con Gesù, mossa dal desiderio di incontrarlo e di vederlo. Tale desiderio sarà soddisfatto in una comprensione sempre più profonda e operativa della sua parola di misericordia.

 (Silvano Fausti)

NON SAI QUEL CHE PERDI! – 24 Settembre 2018

«Guardate
come ascoltate:
poiché a chi avrà,
sarà dato
e a chi non avrà,
anche quanto crede di avere
sarà tolto».
Lc 8,16-18

         Per non guardare senza vedere e ascoltare senza capire, bisogna guardare a come si ascolta. Dobbiamo verificare il nostro ascolto.
         Se la candela brucia, illumina. Dice un proverbio popolare: «Chi è ricco, arricchisce; chi è povero, impoverisce». Più uno apre il cuore ad accogliere, più è colmato e più ne è sazio, più ne ha fame. Chi chiude il cuore alla Parola, non sa quel che perde: la rende infeconda e non la desidera, perché non ne ha mai sperimentato la dolcezza.

(Silvano Fausti)

L’AMORE È CONSEGNA DI SÉ – 23 Settembre 2018

«Istruiva i suoi discepoli
e diceva loro:
“Il Figlio dell’uomo
sta per essere consegnato
nelle mani degli uomini
e lo uccideranno”».
Mc 9,31

         Tutta la passione di Gesù si svolge all’insegna del verbo «consegnare»: Giuda lo consegna ai soldati, i soldati ai capi del popolo, i capi del popolo a Pilato e questi ai crocifissori. Ma il paradosso è che Dio stesso lo consegna alla morte. Non è che Dio sia un padre crudele, che vuole la morte del Figlio: nella consegna del Figlio alla morte è lui stesso che si consegna all’uomo.
         Perché Dio è amore! E l’amore è essere fuori di sé per essere nell’altro, è dono e consegna di sé. Solo così si esprime e vive l’amore.

(Silvano Fausti)

 

UN CUORE BELLO E BUONO – 22 Settembre 2018   

«Il seme nella terra bella,
sono quanti ascoltano
in un cuore
bello
e buono,
trattengono la Parola
e fruttificano in perseveranza».
Lc 8,15

         Le condizioni per accogliere la Parola sono il cuore «bello e buono». Il cuore è la capacità interna e vitale di accogliere la Parola: è «bello» perché si adorna di essa e la custodisce, è «buono» in quanto porta frutto mediante la perseveranza, soprattutto nei momenti di prova.
         Il centuplo del frutto è legato a questo «ascoltare, trattenere e perseverare» quotidiani a tutta prova.
         Se questi frutti non ci sono, bisogna ricercare e individuare e smascherare le resistenze specifiche che poniamo all’accoglienza della Parola.
         Inoltre, nonostante difficoltà e insuccessi, ci si può impegnare con fiducia nell’annuncio della Parola, perché certamente produrrà frutto: è seme di Dio. Egli stesso ne garantisce la crescita.

 (Silvano Fausti)

 

RISPOSTA D’AMORE – 21 Settembre 2018

«Andate a imparare cosa significa:
Misericordia voglio e non sacrificio».
Mt 9,13

         I farisei sono rimandati alla Scrittura, che contiene non solo la legge, ma anche l’annuncio del perdono.
         «Misericordia voglio e non sacrificio» (Os 6,6): Dio chiede il ritorno a colui che grazia e fascia le ferite, e ridà vita al terzo giorno! Bisogna conoscere questo Signore. Non i sacrifici e le espiazioni, ma la scoperta del suo amore ci guarisce.
         La giustizia di Dio non esige il nostro sacrificio: è misericordia, che porterà lui a sacrificarsi sulla croce. Alla religione della legge e del sacrificio subentra quella della libertà e dell’amore, che viene dalla conoscenza di questo Dio. Finisce la religiosità come sacrificio dell’uomo a Dio, e inizia la risposta d’amore al suo amore.

        (Silvano Fausti)

LA GIOIA DI NON POTER RESTITUIRE – 20 Settembre 2018

«Due debitori aveva un creditore:
l’uno doveva cinquecento denari,
l’altro invece cinquanta».
Lc 7,41

         È una parabola di due debitori. Ogni uomo è debitore a Dio di tutto: siamo sue creature! Il vero peccato è quello di non accettare di restare debitori, necessariamente insolventi, perché insolvibili nei confronti di quanto ci ha dato. Ciò che lui ci ha dato non è da restituire sotto forma di prestazioni di vario tipo, in modo da pareggiare il nostro conto con lui. Il dono di Dio, al quale tutto dobbiamo, è un amore gratuito da accettare e a cui corrispondere con altro amore. Chi non accetta nessun dono come dono, istintivamente lo considera come un debito da pagare con le buone azioni. Per questo conduce sempre una vita fuori dalla gioia e dall’amore, tutto teso a ripagare e meritare! Anche Simon Pietro, che si dichiarerà disposto a dare la vita per Cristo, dovrà capire che sarà Cristo a dare la vita per lui!

 (Silvano Fausti)

ACCETTARE DI GIOCARE CON DIO – 19 Settembre 2018

«Sono simili a fanciulli
in piazza seduti,
e si rinfacciano l’un l’altro,
e dicono:
Suonammo il flauto per voi
e non danzaste,
cantammo il lamento
non piangeste!».
Lc 7,32

         Gesù si lamenta della propria generazione: non accetta il gioco di Dio. Gli stessi che rifiutano l’appello alla conversione del Battista perché si ritengono giusti, non accettano neanche l’invito al banchetto nuziale della sapienza imbandito da Gesù, perché si ritengono autosufficienti.
         Gesù si rivolge a chi ha riconosciuto il proprio peccato, ha accettato l’invito alla conversione, spogliatosi di ogni prestigio o pretesa.

         (Silvano Fausti)

LA VITA HA VINTO LA MORTE – 18 Settembre 2018

«Era accompagnato un morto
unigenito figlio di sua madre, ed essa era vedova,
e una folla considerevole della città era con lei.
E vistala, il Signore
si commosse su di lei
e disse a lei:
Non piangere!».
Lc 7,12-13

         «Non piangere!». Sono le uniche parole di Gesù alla donna. Una madre davanti alla morte del figlio, come non piangere?! La donna, esponente di tutta la schiera degli uomini piccoli  piangenti davanti alla morte, non può che piangere. Anche Gesù davanti alla tomba di Lazzaro pianse (Gv 11,35)!
         Se Gesù dice così non è perché ignori la tragedia della morte; è perché intende dare la speranza della vittoria su di essa. Il Signore della vita ci sta dinanzi.

 (Silvano Fausti)

 

 

SALVARSI O PERDERSI – 17 Settembre 2018

«Chi vorrà salvare la sua vita
la perderà;
chi invece perderà la sua vita

a causa di me,
costui la salverà».
Lc 9,24

         Rinnegare sé e seguire Gesù non è qualcosa di facoltativo: è «salvare o perdere la vita». L’uomo, consciamente o meno, mosso dalla paura della morte e guidato dall’ansia di vita, fa di tutto per salvarsi.
         L’uomo si realizza amando, cioè perdendosi e diventa ciò che ama e per cui si perde. Ma, per amare, bisogna essere amati. Il cristiano può amare Gesù e perdersi per lui, perché lui per primo «mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20). Mi affido a lui, nella vita e nella morte, perché lui è morto ed è risorto per me, vincendo tutte le barriere del mio male e della mia paura. Il paradosso: volersi salvare è perdersi, perdersi per Cristo è salvarsi.
         Queste considerazioni, per una vita salvata nell’amore o perduta nell’egoismo, valgono per il presente e per il futuro: ciò che semini, raccogli! Il martirio e la quotidianità della croce non perdono di vista la prospettiva definitiva, il destino ultimo dell’uomo.

 (Silvano Fausti)

È GESÙ CHE DOMANDA – 16 Settembre 2018

    «Ma voi chi dite che io sia?».
Mc 8,29

         È abitudine consacrata affibbiare a catechismi e teologie l’incarico di formulare domande e risposte su Gesù Cristo.
         Tutto sommato è questione anche… di prudenza e di risparmio, nel senso che magari ci illudiamo di esimerci dal fornire una risposta di persona.
         Ma la pagina del vangelo ci smaschera abbondantemente.
         E d’altra parte ci rasserena. Perché di fatto, nell’esistenza, sforniamo molte domande, implicite forse, perché Dio si manifesti, o si difenda e si giustifichi. E diamo pure delle risposte, che sono quel che sono.
Il figlio che
sempre importuna il padre
e mai si decide
a ritrovare la risposta,
non crescerà.

Ti veniamo dietro
importunando,
vuoti gli occhi
e chiuse le orecchie.
Domandiamo
e tu «devi» giustificarti.

Ora
tu chiedi,
ti fermi e esigi che noi rispondiamo
Impietoso
ci togli
pudichi stracci religiosi
stanche evanescenze umane.

…noi, prudenti!
ogni giorno ti collochiamo nel repositorio del passato
perché, da rispettabile defunto,
ci lasci indisturbati.

Ma tu riemergi
e, dal crepuscolo,
prepotente
irrompi nel mezzo della vita.

«Ma voi
chi dite
che io sia?».

                (Silvano Fausti)

LA COMPASSIONE CI FA UOMINI NUOVI – 15 Settembre 2018   

    «Stavano, dall’altra parte, presso la croce di Gesù

la sua madre e la sorella di sua madre,

Maria di Cleopa e Maria Maddalena».

Gv 19,25

    Perché la madre e le donne, alle quali si aggiunge il discepolo amato, stanno «presso la croce di Gesù»? Quando non c’è più nulla da fare, l’amore non si eclissa. Nell’impotenza diventa «com-passione», unica forza capace di varcare la soglia ultima della solitudine: non abbandona l’amato neppure nella morte e crea comunione con lui in ogni suo limite. La compassione, origine di ogni azione, è la qualità divina più alta, che fa sentire l’altro come se stesso. Dalla compassione di Dio per l’uomo perduto nasce la «necessità» della sua croce; dalla compassione di queste donne per un Dio crocifisso nasce l’uomo nuovo.

(Silvano Fausti)

IL FIGLIO INNALZATO – 14 Settembre 2018

«Bisogna che sia innalzato

il Figlio dell’uomo».

Gv 3,14

         Il brano contrappone la nostra pretesa di scalare e conquistare il cielo all’umiltà di Dio che scende in terra e si concede a noi.
         Come il serpente di bronzo, innalzato da Mosè nel deserto, guariva chi era morso dai serpenti (Nm 21,8s), così il Figlio dell’uomo innalzato ci guarisce dal veleno dell’antica menzogna che ci ha allontanati da Dio, facendoci ritenere invidioso, antagonista e vendicativo colui che invece è sorgente di vita e di libertà (cf. Gen 3,1ss).
         Gesù è il Messia, ma non corrisponde all’attesa di chi sogna un Messia potente che stermina i malvagi e premia i buoni (e chi si salverebbe?). È invece l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, il Figlio dell’uomo innalzato, il Figlio di Dio crocifisso, che ci dona l’amore del Padre e ci rende figli, capaci di amare come simo amati.

(Silvano Fausti)

L’AMORE CHE RICREA – 13 Settembre 2018

«Ma a voi dico,

che ascoltate:

amate

i vostri nemici,

bene fate

a quanti odiano voi».

Lc 6,27

         Gesù, in un crescendo, chiede di amare i nemici, fare il bene, ben-dire e pregare per loro.
         Il comandamento dell’amore riguarda innanzitutto il nemico. L’esperienza primordiale del credente è quella di essere stato amato da Dio quando era ancora suo nemico (Rm 5,6-11). L’amore del nemico è necessariamente agápe, della stessa qualità di quella che ha Dio per noi. È un amore «ricreatore», più forte dell’amore stesso che ha creato: non solo fa il bene dove non c’è, ma addirittura dove c’è il suo contrario, ed è capace di creare valore e bontà dove c’è disvalore e cattiveria. Se amare è come generare un figlio, perdonare è come risuscitare un morto.

 (Silvano Fausti)

BEATI I POVERI – 12 Settembre 2018     

«Ed egli, sollevati i suoi occhi

verso i suoi discepoli

diceva:

Beati i poveri

perché vostro è il regno di Dio».

Lc 6,20

         Mentre i ricchi sono quelli che hanno il tanto superfluo con poca fatica, poveri sono quelli che hanno il poco necessario con molta fatica (è il senso del latino pauper, la cui radice è comune con paucum: poco). Il termine greco ptochoí da cui «pitocchi» indica gli «indigenti», quei poveri che mancano del necessario. Non avendo concretamente nulla, il pitocco, per quanto si dia da fare, resterà sempre con nulla, e non potrà che vivere di dipendenza e di sottomissione.
         Gesù si congratula con costoro, perché a loro è donato il Regno. Non perché siano bravi e abbiano quella povertà spirituale (= umiltà) che rende l’uomo gradito a Dio. Sono poveri reali che hanno fame e piangono. La loro beatitudine consiste nel fatto che Dio interviene in loro favore. Infatti è padre e ama tutti i suoi figli. Il suo amore, non i loro meriti, lo fa intervenire in loro favore.
         Nel Nuovo Testamento la povertà assume un significato positivo. Nel suo aspetto di bisogno, dipendenza e disonore, porta, attraverso l’umiliazione, all’umiltà e alla fiducia in Dio.

(Silvano Fausti)

LA PREGHIERA È FORZA NELLA NOTTE – 11 Settembre 2018

«Ora avvenne

in quei giorni:

uscì egli verso il monte a pregare,

e stava pernottando nella preghiera di Dio».

Lc 6,12

         La preghiera è frutto di un esodo («uscì»). Il servizio di Dio è possibile dopo l’uscita dalla servitù degli idoli. Difatti si specifica che è «la preghiera di Dio», non una qualunque. Ci sono preghiere che non sono di Dio, bensì dei propri idoli -come quando lo preghiamo esponendo i nostri desideri con poca sollecitudine di ascoltare i suoi-. Perversione che succede spesso o quasi sempre. Inoltre questa preghiera, separata dagli uomini e vicina a Dio, si compie «di notte». Nella notte, quando il nulla avvolge tutte le cose, non c’è alternativa al sonno, mimesi della morte, che la vigilanza e la comunione con Dio. La notte è il fallimento o la verità dell’uomo: o ci si abbandona al vuoto della morte o nelle braccia di Dio, sorgente di vita.
         La preghiera è l’unica forza per superare la notte.

(Silvano Fausti)