Mostra: 1036 - 1050 di 1.473 RISULTATI

IL DIO CHE SI RIVELA IN GESÙ – 10 Settembre 2018

    «C’era un uomo lì,

e la sua mano,

quella destra,

era inaridita.

Lo osservavano gli scribi e i farisei

se nel sabato avrebbe guarito,

per trovare di che accusarlo».

Lc 6,6-7

 

         Quest’uomo ha i suoi guardiani, che lo osservano e lo custodiscono nella gabbia: gli scribi e i farisei.
         L’intelligenza e la volontà religiosa custodiscono l’uomo nel carcere, mostrandogli la propria stupidità e inadempienza; acuiscono la sua pena, richiamandogli alla mente ciò che dovrebbe fare e che in realtà trasgredisce. Questi custodi gelosi del sabato, che pongono come fine dell’uomo un Dio irraggiungibile, dichiarano morto l’uomo che non lo raggiunge e uccideranno Gesù, il Dio che ha raggiunto l’uomo.
         Scribi e farisei cercano sicurezza contro la paura originaria di Dio e la trovano nel sottomettersi, senza riuscirci, a colui che temono. Non riusciranno a capacitarsi quando, in Gesù, Dio si rivela come amore, misericordia e tenerezza. Perché Dio è amore. E l’amore consiste nell’amare l’altro più di sé. È paradossale, ma vero, il fatto che Dio ama l’uomo più di sé: «Dio infatti ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16).

 (Silvano Fausti)

UDIRE PER POI PARLARE – 9 Settembre 2018

«Gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano.

Portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua;

guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: “Effatà” cioè: “Apriti!”».

Mc 7,32-34

         Solo chi è guarito nell’udito e può ascoltare, può anche parlare.
         Così i discepoli non riescono ancora a parlare «correttamente», cioè a professare la loro fede nella presenza di Cristo, senza che questi apra prima loro gli orecchi per udire la sua parola e infonda il suo Spirito nei loro cuori per comprenderla. È necessario l’ascolto della parola di Gesù e il dono del suo Spirito. Senza di questo la comunità resta nel mutismo più assoluto, e non sa esprimere e vivere la propria fede.
         Per questo è indispensabile più che mai leggere sempre la Sacra Scrittura e chiedere il dono del suo Spirito.

(Silvano Fausti)

PER ACCOGLIERE L’ASSOLUTO – 8 Settembre 2018        

«Essendo Maria

fidanzata a Giuseppe,

prima che si mettessero insieme

si trovò incinta

per opera dello Spirito Santo».

Lc 5,39

         È la sorpresa più sconcertante e splendida, umanamente non programmabile, che possa avere una creatura: concepire l’inconcepibile, il suo Creatore.
         Maria non è sterile come le matriarche di Israele. La sua verginità, confessata incapacità di produrre il dono, è puro desiderio di accoglierlo. Il desiderio non produce nulla, ma può accogliere tutto: è quel vuoto assoluto che solo è capace di contenere il dono assoluto, l’Assoluto come dono.

 (Silvano Fausti)

 

OSANDO UN PASSO IN PIÙ – 7 Settembre 2018

«Nessuno,

bevuto il vino vecchio,

vuole il giovane;

dice infatti:

Il vecchio è buono!”».

Lc 5,39

         Chi ha assaggiato il vino vecchio, non vuole quello giovane, poiché dice che il vecchio è migliore. Questo detto risponde ironicamente ai dubbi e alle perplessità del discepolo ancora incerto, che si comporta secondo il buon senso «ovvio» e che non osa fare il passo: chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa quel che perde, ma non sa quel che trova! Per questo è attaccato al vecchio, perché gli è noto e teme l’avventura della libertà e si giustifica pensando che il vecchio sia meglio del giovane, il passato meglio del futuro. È una sapienza mondana, che nasce dalla sfiducia e ha il suo principio nella diffidenza nei confronti di Dio. È una prudenza stolta che ci fa tenere la mano chiusa nel pugno di mosche che possediamo, invece di aprirla per accogliere il dono di Dio. Il vino migliore è proprio quello nuovo offerto da lui (cf. Gv 2,10).

(Silvano Fausti)

“POTENTI” NELL’IMPOTENZA – 6 Settembre 2018

«Simone disse:

Maestro,

 faticando tutta la notte

prendemmo nulla.

Ma sulla tua parola

calerò le reti!”».

Lc 5,5

         È inutile e stupido pescare di giorno… La vana fatica notturna indica l’inutilità di tutti gli sforzi umani fatti per volontà propria per instaurare il regno di Dio. Perché è di Dio! Anche Mosè aveva tentato di salvare il suo popolo quando era potente. Dio gli ordinò di fare ciò che prima lui stesso aveva voluto, quando ormai era impotente e non lo voleva più. L’obbedienza alla parola del Signore spera l’impossibile che essa promette a chi obbedisce.

 (Silvano Fausti)

GUARITI, SERVIAMO – 5 Settembre 2018

«E accostatosi sopra di lei,

sgridò la febbre,

e la lasciò!

Ora subito, levatasi,

li serviva».

Lc 4,39

          Qui è il significato di tutto il miracolo e di tutti i miracoli. Il fatto che essa serva non vuole dire soltanto che è guarita dal male fisico. Indica una guarigione ben più profonda: è realmente liberata da quella febbre e spirito del male che impedisce di servire e costringe a servirsi degli altri per essere serviti. Può finalmente servire, come Gesù, che dice di sé: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (22,27). Se il servirsi degli altri è principio di reciproca schiavitù, servire gli altri è principio di liberazione. Non c’è alternativa: il primo è espressione dell’egoismo, il secondo di amore. Nel servizio l’uomo diventa se stesso e rivela Dio di cui è immagine e somiglianza.
         Con la parola «servire» la Chiesa primitiva intende il concreto amore fraterno «non a parole, né con la lingua, ma coi fatti e nella verità» (1Gv 3,18).

         (Silvano Fausti)

 

ALLA PAROLA DI DIO SI PUÒ REAGIRE… – 4 Settembre 2018

«Erano sconvolti

del suo insegnamento,

perché la sua parola

era con autorità».

Lc 4,32

 

         La parola di Gesù ci mette faccia a faccia con la potenza di Dio. Quel Dio, che con la sua parola aveva creato il mondo e con la sua promessa aveva annunciato la salvezza, ora, fattosi egli stesso parola per noi, entra in comunione con noi e ci salva definitivamente. Ascoltando la parola di Gesù, ancora «oggi» è possibile diventare creature nuove. Questa Parola ancora oggi ci ricrea e vince il male: entra nel cuore dell’uomo, lo mette a nudo, lo giudica, lo muove a conversione e lo giustifica. Ad essa si reagisce difendendosi come gli indemoniati, oppure anestetizzandosi con l’oblio, il gigante dei peccati! Si può dire come Acab a Elia che gli svela il suo peccato segreto: «Mi hai dunque colto, o mio nemico» (1Re 21,20), o riconoscere, come Davide: «Ho peccato contro il Signore».

         Essa rivela i garbugli e i sofismi dei cuori, li sgonfia e li sperde. Trafigge il cuore e porta alla compunzione con la domanda: «Che fare?». Quando la Parola viene annunciata, Dio «apre il cuore», perché si obbedisca. Nell’obbedienza essa è «lampada per i miei passi». Illumina e dilata il cuore: «Corro per la via dei tuoi comandamenti, poiché hai dilatato il mio cuore». Diventa dolce; si fa vita e gioia del cuore, forza e salvezza.

 

 (Silvano Fausti)

ATTUALI ALL’OGGI DI DIO – 3 Settembre 2018

«Gesù cominciò a dire loro:

“Oggi

si è riempita questa Scrittura

nei vostri orecchi”».

Lc 4,21

 

    La Scrittura trova il suo compimento nell’orecchio di chi ascolta Gesù che l’annuncia: ciò che essa promette si annuncia come realizzato in lui e l’ascolto della sua parola, in quanto detta da lui, ne è il pieno compimento nella fede, che fa accadere «anche qui» oggi ciò che lui ha fatto allora.
    Gesù ci appare fin dall’inizio più che scriba e profeta: non solo spiega la parola di Dio, ma l’attualizza. Quest’attualizzazione non consiste nell’adattarla al proprio tempo, ma nel «renderla attuale»: traduce in atto quanto la Parola dice e, nell’obbedienza, rende la sua vita attuale, contemporanea ad essa. Egli è l’ascoltatore che la compie, il perfetto ascoltatore in cui la parola di Dio trova la sua esecuzione piena. Egli, il Figlio obbediente, è il compimento di ogni parola.
    Così, anche per noi, attualizzare la Parola significa ascoltare il vangelo. L’obbedienza ad esso ci rende attuali all’oggi di Dio, odierni a Gesù, il Figlio.

(Silvano Fausti)

LA CARITÀ FA CRESCERE – 2 Settembre 2018

         La Chiesa ha sempre insegnato che solo la carità rende possibile la crescita nella vita di grazia, perché «se non avessi la carità, non sarei nulla» (1Cor 13,2).
         Ci sono ancora dei cristiani che si impegnano nel seguire un’altra strada: quella della giustificazione mediante le proprie forze, quella dell’adorazione della volontà umana e della propria capacità, che si traduce in un autocompiacimento egocentrico ed elitario privo del vero amore. Si manifesta in molti atteggiamenti apparentemente diversi tra loro: l’ossessione per la legge, il fascino di esibire conquiste sociali e politiche, l’ostentazione nella cura della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa, la vanagloria legata alla gestione di faccende pratiche, l’attrazione per le dinamiche di auto-aiuto e di realizzazione autoreferenziale. In questo alcuni cristiani spendono le loro energie e il loro tempo, invece di lasciarsi condurre dallo Spirito sulla via dell’amore, invece di appassionarsi per comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo e di cercare i lontani nelle immense moltitudini assetate di Cristo.

(Papa Francesco, Gaudete et exsultate 56.57)

GRAZIE! – 1 Settembre 2018 

         I santi evitano di porre la fiducia nelle loro azioni.
         Questa è una delle grandi convinzioni definitivamente acquisite dalla Chiesa, ed è tanto chiaramente espressa nella Parola di Dio che rimane fuori da ogni discussione. Così come il supremo comandamento dell’amore, questa verità dovrebbe contrassegnare il nostro stile di vita, perché attinge al cuore del Vangelo e ci chiama non solo ad accettare con la mente, ma a trasformarla in una gioia contagiosa. Non potremo però celebrare con gratitudine il dono gratuito dell’amicizia con il Signore, se non riconosciamo che anche la nostra esistenza terrena e le nostre capacità naturali sono un dono. Abbiamo bisogno di «riconoscere gioiosamente che la nostra realtà è frutto di un dono, e accettare anche la nostra libertà come grazia. Questa è la cosa difficile oggi, in un mondo che crede di possedere qualcosa da sé stesso, frutto della propria originalità e libertà».

(Papa Francesco, Gaudete et exsultate 54.55)

 

RICONOSCERE I LIMITI PER LIBERARE LA GRAZIA – 31 Agosto 2018

         La mancanza di un riconoscimento sincero, sofferto e orante dei nostri limiti è ciò che impedisce alla grazia di agire meglio in noi, poiché non le lascia spazio per provocare quel bene possibile che si integra in un camino sincero e reale di crescita. La grazia, proprio perché suppone la nostra natura, non ci rende di colpo superuomini. Pretenderlo sarebbe confidare troppo in noi stessi. In questo caso, dietro l’ortodossia, i nostri atteggiamenti possono non corrispondere a quello che affermiamo sulla necessità della grazia, e non riconosciamo la nostra realtà concreta e limitata, neppure potremo vedere i passi reali e possibili che il Signore ci chiede in ogni momento, dopo averci attratti e resi idonei col suo dono. La grazia agisce storicamente e, ordinariamente, ci prende e ci trasforma in modo progressivo. Perciò, se rifiutiamo questa modalità storica e progressiva, di fatto possiamo arrivare a negarla e bloccarla, anche se con le nostre parole la esaltiamo.

 (Papa Francesco, Gaudete et exsultate 50)

 

NON OMNES OMNIA POSSUNT – 30 Agosto 2018

         Quelli che rispondono alla mentalità pelagiana o semipelagiana, benché parlino della grazia di Dio con discorsi edulcorati, «in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico». Quando alcuni di loro si rivolgono ai deboli dicendo che con la grazia di Dio tutto è possibile, in fondo sono soliti trasmettere l’idea che tutto si può fare con la volontà umana, come se fosse qualcosa di puro, perfetto, onnipotente, a cui si aggiunge la grazia. Si pretende di ignorare che «non tutti possono tutto» («Non omnes omnia possunt»: san Bonaventura) e che in questa vita le fragilità umane non sono guarite completamente e una volta per tutte alla grazia. In qualsiasi caso, come insegnava sant’Agostino, Dio ti invita a fare quello che puoi e «a chiedere quello che non puoi»; o a dire umilmente al Signore: «Dammi quello che comandi e comandami quello che vuoi».

         (Papa Francesco, Gaudete et exsultate 49)

CONTEMPLAZIONE, SAGGEZZA E CARITÀ – 29 Agosto 2018

         Quando san Francesco d’Assisi vedeva che alcuni dei suoi discepoli insegnavano la dottrina, volle evitare la tentazione dello gnosticismo. Quindi scrisse così a sant’Antonio di Padova: «Ho piacere che tu insegni la sacra teologia ai frati, purché, in tale occupazione, tu non estingua lo spirito di orazione e di devozione». Egli riconosceva la tentazione di trasformare l’esperienza cristiana in un insieme di elucubrazioni mentali che finiscono per allontanarci dalla freschezza del Vangelo. San Bonaventura, da parte sua, avvertiva che la vera saggezza cristiana non deve separarsi dalla misericordia verso il prossimo:  «La più grande saggezza che possa esistere consiste nel dispensare fruttuosamente ciò che si possiede, e che si è ricevuto proprio perché fosse dispensato. Per questo, come la misericordia è amica della saggezza, così l’avarizia le è nemica». «Vi sono attività che, unendosi alla contemplazione, non la impediscono, bensì la favoriscono, come le opere di misericordia e di pietà».

         (Papa Francesco, Gaudete et exsultate 46)

IMPARARE PER IMPARARE AD AMARE – 28 Agosto 2018

         Frequentemente si verifica una pericolosa confusione: credere che, poiché sappiamo qualcosa o possiamo spiegarlo con una certa logica, già siamo santi, perfetti, migliori della “massa ignorante”. San Giovani Paolo II metteva in guardia quanti nella Chiesa hanno la possibilità di una formazione più elevata dalla tentazione di sviluppare «un certo sentimento di superiorità rispetto agli altri fedeli». In realtà, però, quello che crediamo di sapere dovrebbe sempre costituire una motivazione per meglio rispondere all’amore di Dio, perché «si impara per vivere: teologia e santità sono un binomio inscindibile».

(Papa Francesco, Gaudete et exsultate 45)

 

PER NON SBAGLIARE STRADA – 27 Agosto 2018

         Due falsificazioni della santità che potrebbero farci sbagliare strada, lo gnosticismo e il pelagianesimo, sono due eresie sorte nei primi secoli cristiani, ma che continuano ad avere un’allarmante attualità. Queste due forme di sicurezza dottrinale o disciplinare danno luogo «ad un elitarismo narcisista e autoritario dove, invece di evangelizzare, si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare. In entrambi i casi, né Gesù Cristo né gli altri interessano veramente».          
         Nella Chiesa convivono legittimamente modi diversi di interpretare molti aspetti della dottrina e della vita cristiana che, nella loro varietà, «aiutano ad esplicitare meglio il ricchissimo tesoro della Parola».                                                                                                         

(Papa Francesco, Gaudete et exsultate 35.43)