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UNA PACE IMPETRATA E COSTRUITA – 29 Maggio 2019

           

         Considerare la pace come acqua ricavata dai nostri pozzi è un tragico errore di prospettiva di cui, prima o poi, pagheremo le spese. All’atto pratico, facciamo affidamento più sulle mediazioni diplomatiche che sull’implorazione, più sulla bravura delle cancellerie della terra che sulla forza impetrativa della preghiera, più sull’abilità dei politici che sulla tenacia dei contemplativi. Quando la riflessione delle nostre comunità riuscirà a scoprire che i pozzi della pace sono le stimmate del Risorto?
         Per un altro verso non è raro il rischio opposto del disimpegno, coperto dall’alibi comodo che la pace è una realtà che viene dal Cielo. Una specie di fatalismo fa ritenere inutili, se non addirittura controproducenti, le scelte di campo, le prese di posizione, le decisioni coraggiose, le testimonianze audaci, i gesti profetici. È un bluff limitarsi a chiedere la pace in chiesa, e poi non muovere un dito per tracciare i percorsi concreti di una educazione autentica alla pace. La pace è un’acqua che scende dal cielo, ma noi dobbiamo canalizzarla affinché, attraverso le condutture approntate dalla nostra genialità, giunga a ristorare tutta la terra.

(don Tonino Bello)

PER QUALE PACE SPENDERSI – 28 Maggio 2019

         Oggi le parole sono diventate così «multiuso», che non puoi più giurare a occhi bendati sull’idea che esse sottendono. Anzi, è tutt’altro che rara la sorpresa di vedere accomunate accezioni diametralmente opposte sotto il mantello di un medesimo vocabolo. Guaio che è capitato soprattutto ai termini più nobili come pace, amore, libertà.
         Per quel che riguarda la pace, pare che questa sindrome dei significati stravolti fosse presente anche in tempi remoti, se è vero che perfino nella Bibbia troviamo denunce del genere: «Essi parlano di pace, ma nel loro cuore c’è malizia» e tramano la guerra (cfr. Sal 28,3).
         Con questo non si vuol dire che il termine «pace» indichi inequivocabilmente una realtà dai contorni così ben definiti da escludere nettamente zone di valori limitrofi. È difficile tracciare la linea di demarcazione che distingue l’area della pace da quella propria della libertà, o della giustizia, o del perdono, o dell’accoglienza, o della verità. Ed è fatica improba disegnare sulle mappe lessicali gli spartiacque di questi valori. Sicché, se le immagini possono aiutarci a capire, dovremmo dire che la pace, più che una stella è una galassia, più che un’isola è un arcipelago. A fare difficoltà, però, non è lo sfumare della pace propriamente detta nelle fasce degli altri concetti viciniori con i quali, per così dire, essa ha rapporti stretti di consanguineità. Ciò che crea problema invece, è quella terribile operazione di contrabbando secondo cui si espongono nella medesima vetrina, magari con la medesima etichetta, prodotti completamente diversi.
         Diciamocelo francamente: la pace la vogliono tutti; nessuno è così spudoratamente perverso da dichiararsi amante della guerra. Ma la pace di una lobby di sfruttatori è la stessa perseguita dalle turbe degli oppressi? La pace delle multinazionali coincide con quella dei salariati sottocosto? La pace voluta dai dittatori si identifica con quella sognata dai perseguitati politici? Si rende indispensabile, almeno per noi credenti, fissare dei criteri sulla cui base selezionare il genere di pace per il quale valga la spesa di impegnarsi in una scommessa.

(don Tonino Bello)

SE E’ VERO CHE CRISTO E’ LA NOSTRA PACE… – 27 Maggio 2019

         La pace non è un merletto che si aggiunge all’impegno della Chiesa, bensì il filo che intesse l’intero ordito della sua pastorale. La pace non è una delle mille «cose» che la Chiesa evangelizza. Non è uno scampolo del suo vasto assortimento. Ma è l’unico suo annuncio. Quando parla di pace, il suo messaggio è già esauriente. Se è vero, come dice san Paolo, che «Cristo è la nostra pace» (Ef 2,14), non c’è da temere che la Chiesa parzializzi l’annuncio evangelico, o trascuri aspetti dottrinali, o decurti l’ampiezza della rivelazione, parlando solo di pace. Anzi, per usare un’immagine, tutte le altre verità della Scrittura non sono che i colori dell’arcobaleno in cui si compone l’unico raggio di sole: la pace.

(don Tonino Bello)

UN OCEANO SOMMERSO DI BENE – 26 Maggio 2019

                 (dal Discorso di Papa Francesco alla stampa estera, 18 Maggio 2019)

               Il giornalista umile e libero cerca di raccontare il bene, anche se più spesso è il male a fare notizia. Ciò che mi ha sempre confortato nel mio ministero di vescovo è scoprire quanto bene esiste tra di noi, quante persone si sacrificano – anche eroicamente – per assistere un genitore o un figlio malato, quante persone s’impegnano ogni giorno nel servizio agli altri, quante tendono la mano invece di girarsi dall’altra parte. Vi prego, continuate a raccontare anche quella parte della realtà che grazie a Dio è ancora la più diffusa: la realtà di chi non si arrende all’indifferenza, di chi non fugge davanti all’ingiustizia, ma costruisce con pazienza nel silenzio. C’è un oceano sommerso di bene che merita di essere conosciuto e che dà forza alla nostra speranza. In questo raccontare la vita sono molto attente le donne. Le donne vedono meglio e capiscono meglio, perché sentono meglio.

UN AIUTO PER NON DIMENTICARE – 25 Maggio 2019 

               (dal Discorso di Papa Francesco alla stampa estera, 18 Maggio 2019)

            «Abbiamo bisogno di un giornalismo libero, al servizio del vero, del bene, del giusto; un giornalismo che aiuti a costruire la cultura dell’incontro». Abbiamo bisogno di giornalisti che stiano dalla parte delle vittime, dalla parte di chi è perseguitato, dalla parte di chi è escluso, scartato, discriminato. C’è bisogno di voi e del vostro lavoro per essere aiutati a non dimenticare tante situazioni di sofferenza, che spesso non hanno la luce dei riflettori, oppure ce l’hanno per un momento e poi ritornano nel buio dell’indifferenza. Ci aiutate a non dimenticare le vite che vengono soffocate prima ancora di nascere; quelle che, appena nate, vengono spente dalla fame, dagli stenti, dalla mancanza di cure, dalle guerre; le vite dei bambini-soldato, le vite dei bambini violati. Ci aiutate a non dimenticare tante donne e uomini perseguitati per la loro fede o la loro etnia. Ci aiutate a non dimenticare che chi è costretto – da calamità, guerre, terrorismo, fame e sete – a lasciare la propria terra non è un numero, ma un volto, una storia, un desiderio di felicità. La vostra Presidente ha parlato dei migranti: non bisogna dimenticare questo Mediterraneo che si sta trasformando in cimitero.

 

CALIBRARE IL LINGUAGGIO – 24 Maggio 2019

               (dal Discorso di Papa Francesco alla stampa estera, 18 Maggio 2019)

              In un tempo in cui, specialmente nei social media ma non solo, molti usano un linguaggio violento e spregiativo, con parole che feriscono e a volte distruggono le persone, si tratta invece di calibrare il linguaggio. In un tempo di troppe parole ostili, in cui dire male degli altri è diventato per molti un’abitudine, insieme a quella di classificare le persone, bisogna sempre ricordarsi che ogni persona ha la sua intangibile dignità, che mai le può essere tolta. In un tempo in cui molti diffondono fake news, l’umiltà ti impedisce di smerciare il cibo avariato della disinformazione e ti invita ad offrire il pane buono della verità.

           

UMILTA’ E COMPRENSIONE – 23 Maggio 2019

                (dal Discorso di Papa Francesco alla stampa estera, 18 Maggio 2019)

               In un tempo in cui molti tendono a pre-giudicare tutto e tutti, l’umiltà aiuta anche il giornalista a non farsi dominare dalla fretta, a cercare di fermarsi, di trovare il tempo necessario per capire. L’umiltà ci fa accostare alla realtà e agli altri con l’atteggiamento della comprensione. Il giornalista umile cerca di conoscere correttamente i fatti nella loro completezza prima di raccontarli e commentarli. Non alimenta «l’eccesso di slogan che, invece di mettere in moto il pensiero, lo annullano». Non costruisce stereotipi. Non si accontenta delle rappresentazioni di comodo che ritraggono «singole persone come se fossero in grado di risolvere tutti i problemi, o al contrario come capri espiatori, su cui scaricare ogni responsabilità».

RICERCA DELLA VERITA’ – 22 Maggio 2019

                (dal Discorso di Papa Francesco alla stampa estera, 18 Maggio 2019)

               Ognuno di noi sa quanto sia difficile e quanta umiltà richieda la ricerca della verità. E quanto sia più facile non farsi troppe domande, accontentarsi delle prime risposte, semplificare, rimanere alla superficie, all’apparenza; accontentarsi di soluzioni scontate, che non conoscono la fatica di un’indagine capace di rappresentare la complessità della vita reale. L’umiltà del non sapere tutto prima è ciò che muove la ricerca. La presunzione di sapere già tutto è ciò che la blocca.

PER COSTRUIRE – 21 Maggio 2019

                   (dal Discorso di Papa Francesco alla stampa estera, 18 Maggio 2019)

              Come ha detto Benedetto XVI, a volte «i mass media tendono a farci sentire sempre “spettatori”, come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece siamo tutti “attori” e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri». Vi esorto dunque a operare secondo verità e giustizia, affinché la comunicazione sia davvero strumento per costruire, non per distruggere; per incontrarsi, non per scontrarsi; per dialogare, non per monologare; per orientare, non per disorientare; per capirsi, non per fraintendersi; per camminare in pace, non per seminare odio; per dare voce a chi non ha voce, non per fare da megafono a chi urla più forte.

«SOLO CHI NON VIVE PER SE STESSO, VIVE RESPONSABILMENTE, OSSIA VIVE» (D. BONHOEFFER) – 20 Maggio 2019

         Mia mamma è una persona molto generosa. Ogni volta che qualcuno cerca educatamente di ringraziarla, risponde sempre con la solita frase lapidaria pronunciata in napoletano e che suona più o meno così: «Chi ringrazia, esce fuori obbligo!».
         Per molti anni mi sono chiesto il senso di questa espressione, fino a quando mi sono accorto che era l’immagine di una cultura, nella quale anche lei è cresciuta. È l’invito a rimanere obbligati, a non pensare che le cose siano gratuite. In effetti, il regalo crea, almeno nel nostro modo ordinario di pensare, un dovere di riconoscenza. Riceviamo un dono, pensando già a come ricambiare. Siamo presi dalla smania di riportare le cose in equilibrio per non sentirci sminuiti, poveri o ingrati. Vogliamo ricompensare. E su questa idea, che non è per niente evangelica, abbiamo costruito norme di pseudo educazione civica. Abbiamo elevato la reciprocità a valore. E in questo modo abbiamo distrutto la gratuità, che è invece profondamente evangelica.
         Capiamo bene che dietro questa visione della relazione c’è anche l’idea di un modo di amare. Si può amare cercando sempre l’equilibrio o si può amare accettando anche di perdere.  Il criterio è Gesù: «Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Non si tratta, dunque, di cercare la misura nella reciprocità: quello che hai fatto a me lo faccio a te, ma si tratta di fare all’altro quello che Gesù ha fatto, e fa, con me! Il criterio è quindi esterno alla relazione e va cercato nel modo stesso in cui Gesù ama ciascuno di noi.
         Se la modalità di amare propria di Gesù è quella dello spreco, la nostra è al contrario quella della partita doppia: è come se continuamente volessimo far tornare i conti delle relazioni. Siamo disposti al più a rimanere in pareggio, ma certamente non a perdere. Ci rendiamo conto che stiamo amando veramente invece quando chiudiamo in rosso i conti dell’amore. Un genitore sa bene che questa è la dinamica dell’amore. Diventiamo adulti infatti quando impariamo ad amare così.

(Gaetano Piccolo)

 

VANAGLORIA E ORGOGLIO – 19 Maggio 2019

         NON PER GLORIA MA PER AMORE

         Da che cosa si riconosce l’orgoglioso e in che modo viene guarito? Lo si riconosce dal fatto che cerca di primeggiare. Viene guarito se crede nel giudizio di colui che ha detto: “Il Signore resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili” (Pr 3,34; Gc 4,6).
         In che modo l’anima ottiene la piena certezza di essersi allontanata dalla ricerca della gloria? Chi ha timor di Dio e non pretende né la gloria presente né quella futura, e a tutto antepone l’amore verso Dio, potrà dire con franchezza: “Né presente né futuro potranno separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù nostro Signore” (Rm 8,38-39), poiché lo stesso Signore nostro Gesù Cristo ha detto: “Io non cerco la mia gloria” (Gv 8,50), e: “Chi parla da se stesso cerca la propria gloria, ma chi cerca la gloria di colui che lo ha mandato, costui è veritiero” (Gv 7,18).

(Basilio di Cesarea)

VANAGLORIA E ORGOGLIO – 18 Maggio 2019

         L’UMILTA’ INTERIORE

         Dice il Signore: “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29). Considera chi è che parla e diventa suo discepolo perfetto. L’umiltà sia per te l’inizio e il compimento di ogni buona azione. Egli parla dell’umiltà di pensiero, non solo di aspetto; allude all’uomo interiore, perché quello esteriore si adeguerà di conseguenza.

(Amma Sincletica)

VANAGLORIA E ORGOGLIO – 17 Maggio 2019

       SEMPLICEMENTE UOMO

         Per combattere l’orgoglio occorre esercitarsi all’adesione alla realtà e all’obbedienza alla propria creaturalità, condizione in cui convergono l’obbedienza radicale a Dio, al vangelo e ai fratelli: “Umile è colui che si ricorda di essere uomo” (Ilario di Poitiers) e accetta semplicemente di essere se stesso. In tal modo potrà anche aprirsi alla comunione con Dio e con i fratelli.

            (Enzo Bianchi)