O Sapienza,
che esci dalla bocca dell’Altissimo,
ti estendi ai confini del mondo,
e tutto disponi con soavità e con forza.
Vieni, insegnaci la via della saggezza.
“Chi sei tu?” (Gv 1,23).
Un giovane appassionato di barche, sport e belle donne, si reca al largo con il suo yacht. È solo. Nel silenzio di una giornata insolita per lui, lontano dagli amici che hanno declinato l’invito per dedicarsi ad altri svaghi, vede la sua vita sotto un’altra luce: per la prima volta ne misura l’inconsistenza. Si tratta di un istante, una frazione di tempo che basterà a cambiare la sua esistenza. Tornato a riva, vende la barca. Agli amici che lo invitano ad andare a correre insieme per tenersi in forma, cosa che aveva sempre fatto quotidianamente, risponde: “Va bene: io vengo a correre con te, dopo tu vieni a Messa con me”. Inizia così a coinvolgere quelli con i quali aveva solo condiviso divertimenti e piaceri effimeri, in una piccola, grande avventura di fede: in quel silenzio, in quel deserto d’acqua che è il mare, aveva incontrato Gesù e non poteva tenere questa gioia solo per sé.
“Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce” (Gv 1,8).
Il Natale è la festa della luce per eccellenza, una Luce che viene dall’alto. In questa Luce siamo invitati a percepire noi stessi e a guardarci: sotto il Suo raggio ogni egocentrismo, affanno e frustrazione si dissolvono. Nella Luce di Dio, del Dio che ha voluto farsi uomo come me, come te, posso rilassarmi, abbandonarmi così come sono, spogliarmi di tante maschere e mettermi in relazione con un Papà che mi ha desiderato e che mi ha affidato un compito.
“Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore” (Gv 1,23).
“Io non sono il Cristo, non sono Elia, non sono un profeta”, risponde Giovanni Battista ai sacerdoti che vogliono sapere se sia lui il Messia, il Salvatore che attendono (Gv 1, 20-21). Giovanni si conosce: sa di non avere un ruolo altisonante e questo non lo turba affatto.
Egli è la voce che diffonde fra gli uomini la Parola di Dio, Parola di sapienza, d’amore, di gioia, di guarigione, che è diventata carne, uomo, a Betlemme.
Giovanni Battista conduceva una vita ascetica: tutti sappiamo che si nutriva di cavallette e di miele selvatico, cibo incontaminato reperibile nel deserto, e che indossava una tunica di peli di cammello con i fianchi cinti, tipica veste dei profeti: come lui, spogliamoci a poco a poco del “troppo”, di ciò che non serve realmente, di ciò che non dura. Questo svuotamento non sia, però, fine a se stesso o ad un benessere psicologico momentaneo: sia il primo passo per fare spazio alla voce di Dio e dei suoi messaggeri nel nostro corpo e nella nostra anima.