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VANAGLORIA E ORGOGLIO – 16 Maggio 2019

            L’UMILTÀ È COSÌ GRANDE…

            L’umiltà è difficile da raggiungere. Se uno non diventa estraneo ad ogni gloria umana, non potrà ottenere questo tesoro. L’umiltà è così grande che il diavolo può dare l’impressione d’imitare tutte le altre virtù, ma questa non sa neanche che cosa sia. Sia che tu digiuni, sia che tu faccia l’elemosina, sia che tu insegni, anche se sei pieno di saggezza e di intelligenza, ponila attorno a te come un muro inespugnabile: essa circondi e tenga strette le tue virtù, lei che è la più bella di tutte le virtù!

(Amma Sincletica)

VANAGLORIA E ORGOGLIO – 15 Maggio 2019

          LA VERA UMILTA’

          E’ necessario comprendere bene in cosa consiste l’umiltà. Si tratta di una condizione difficilissima da vivere, che occorrerebbe nominare solo con estrema cautela e cognizione di causa, per non incorrere nel rischio di ingenerare atteggiamenti perversi, tesi alla ricerca di meriti speciali; meglio sarebbe parlare di umiliazione, perché accettando le umiliazioni che ci vengono da Dio, da noi stessi e dagli altri potremo scoprire la nostra radicale povertà e così accedere all’umiltà, quella vera. Chi accetta le umiliazioni ed è capace di assumerle e portarle nella fede è realmente umile e “povero in spirito”.

(Enzo Bianchi)

VANAGLORIA E ORGOGLIO – 14 Maggio 2019

            DALLE UMILIAZIONI ALL’UMILTA’

            Il combattimento contro la vanagloria richiede un esame di coscienza spietato e sincero, a partire da una domanda semplicissima: per chi e per che cosa si agisce? Per “piacere agli uomini” (Ef 6,6) o per trovare la propria consistenza nell’essere in verità se stessi davanti a Dio e agli uomini? Soltanto chi pratica una sincera conoscenza di se stesso e sa infrangere l’immagine di sé fabbricata ed esibita agli altri può combattere efficacemente la vanagloria.
         Senza dimenticare un potente mezzo di correzione che ci viene dall’esterno, in modo quasi imprevedibile: “spesso il Signore conduce i vanagloriosi al ripudio della vanagloria facendo subire loro qualche umiliazione” (Giovanni Climaco). Infatti, la via più certa per pervenire all’umiltà consiste nel passare attraverso le umiliazioni, perché l’umiliazione è la virtù che elimina tutte le passioni.

(Enzo Bianchi)

VANAGLORIA E ORGOGLIO – 13 Maggio 2019

         I VERI “FANTASMI” SONO NEL NOSTRO CUORE
         La vanagloria si manifesta attraverso una sorta di angoscia del fare: per apparire, per essere apprezzati dagli altri, si giunge a compiacerli in ogni modo, anche a costo di compiere il lavoro dello schiavo, mascherando un enorme super-io sotto le spoglie della generosità. Si entra così in un vortice pericolosissimo: se gli altri non ci riconoscono ciò che a nostro parere dovrebbe esserci riconosciuto, essi divengono degli ingrati, dei nemici, persone contro cui fare guerra; e tutto questo mentre si perde qualsiasi fiducia in sé, e così appare sempre più difficile ingaggiare la vera lotta, quella contro i fantasmi che abitano il proprio cuore.
         In tempi di sfrenato attivismo e di ricerca ossessiva di autoaffermazione, occorre lottare strenuamente contro la vanagloria, perché la posta in gioco è capitale: le persone vanno considerate per ciò che sono e non per ciò che fanno, tanto meno per ciò che di loro appare; ogni essere umano è un nome e un volto, non un participio o una macchina!

(Enzo Bianchi)

MARIA CI INSEGNA A NON DIRE “NO” – 12 Maggio 2019

         Dobbiamo guardare a Maria. Anche nella storia di questa ragazza, la vocazione è stata nello stesso tempo una promessa e un rischio. La sua missione non è stata facile, eppure lei non ha permesso alla paura di prendere il sopravvento. Il suo «è stato il “sì” di chi vuole coinvolgersi e rischiare, di chi vuole scommettere tutto, senza altra garanzia che la certezza di sapere di essere portatrice di una promessa. E domando a ognuno di voi: vi sentite portatori di una promessa? Quale promessa porto nel cuore, da portare avanti? Maria, indubbiamente, avrebbe avuto una missione difficile, ma le difficoltà non erano un motivo per dire “no”. Certo che avrebbe avuto complicazioni, ma non sarebbero state le stesse complicazioni che si verificano quando la viltà ci paralizza per il fatto che non abbiamo tutto chiaro o assicurato in anticipo». Ci uniamo in preghiera chiedendo al Signore di farci scoprire il suo progetto d’amore sulla nostra vita, e di donarci il coraggio di rischiare sulla strada che Egli da sempre ha pensato per noi.

(Papa Francesco, Messaggio per la 56ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni)

NON FATEVI CONTAGIARE DALLA PAURA! – 11 Maggio 2019          

        Nell’incontro con il Signore qualcuno può sentire il fascino di una chiamata alla vita consacrata o al sacerdozio ordinato. Si tratta di una scoperta che entusiasma e al tempo stesso spaventa, sentendosi chiamati a un’offerta totale di sé stessi e un servizio fedele al Vangelo e ai fratelli. Tante resistenze interiori possono ostacolare una decisione del genere, come in certi contesti molto secolarizzati, in cui sembra non esserci più posto per Dio e per il Vangelo.
         Eppure, non c’è gioia più grande che rischiare la vita per il Signore! In particolare a voi, giovani, vorrei dire: non siate sordi alla chiamata del Signore! Se Egli vi chiama per questa via, non tirate i remi in barca e fidatevi di Lui. Non fatevi contagiare dalla paura, che ci paralizza davanti alle alte vette che il Signore ci propone. Ricordate sempre che, a coloro che lasciano le reti e la barca per seguirlo, il Signore promette la gioia di una vita nuova, che ricolma il cuore e anima il cammino.
         Non è sempre facile discernere la propria vocazione e orientare la vita nel modo giusto. Per questo, c’è bisogno di un rinnovato impegno da parte di tutta la Chiesa – sacerdoti, religiosi, animatori pastorali, educatori – perché si offrano, soprattutto ai giovani, occasioni di ascolto e di discernimento. C’è bisogno di una pastorale giovanile e vocazionale che aiuti la scoperta del progetto di Dio, specialmente attraverso la preghiera, la meditazione della Parola di Dio, l’adorazione eucaristica e l’accompagnamento spirituale.

(Papa Francesco, Messaggio per la 56ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni)

PORTATORI DI UNA PROMESSA DI BENE – 10 Maggio 2019

          La vita cristiana, poi, trova la sua espressione in quelle scelte che, mentre danno una direzione precisa alla nostra navigazione, contribuiscono anche alla crescita del Regno di Dio nella società. Penso alla scelta di sposarsi in Cristo e di formare una famiglia, così come alle altre vocazioni legate al mondo del lavoro e delle professioni, all’impegno nel campo della carità e della solidarietà, alle responsabilità sociali e politiche, e così via. Si tratta di vocazioni che ci rendono portatori di una promessa di bene, di amore e di giustizia non solo per noi stessi, ma anche per i contesti sociali e culturali in cui viviamo, che hanno bisogno di cristiani coraggiosi e di autentici testimoni del Regno di Dio.

 (Papa Francesco, Messaggio per la 56ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni)

METTERSI IN GIOCO – 8 Maggio 2019

         Abbracciare la promessa [che il Signore ci fa con la sua chiamata] richiede il coraggio di rischiare una scelta. I primi discepoli, sentendosi chiamati da Lui a prendere parte a un sogno più grande, «subito lasciarono le reti e lo seguirono» (Mc 1,18). Ciò significa che per accogliere la chiamata del Signore occorre mettersi in gioco con tutto sé stessi e correre il rischio di affrontare una sfida inedita; bisogna lasciare tutto ciò che vorrebbe tenerci legati alla nostra piccola barca, impedendoci di fare una scelta definitiva; ci viene chiesta quell’audacia che ci sospinge con forza alla scoperta del progetto che Dio ha sulla nostra vita. In sostanza, quando siamo posti dinanzi al vasto mare della vocazione, non possiamo restare a riparare le nostre reti, sulla barca che ci dà sicurezza, ma dobbiamo fidarci della promessa del Signore.

 (Papa Francesco, Messaggio per la 56ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni)

CHIAMATI A QUALCOSA DI GRANDE – 7 Maggio 2019

            La chiamata del Signore non è un’ingerenza di Dio nella nostra libertà; non è una “gabbia” o un peso che ci viene caricato addosso. Al contrario, è l’iniziativa amorevole con cui Dio ci viene incontro e ci invita ad entrare in un progetto grande, del quale vuole renderci partecipi, prospettandoci l’orizzonte di un mare più ampio e di una pesca sovrabbondante.
            Il desiderio di Dio, infatti, è che la nostra vita non diventi prigioniera dell’ovvio, non sia trascinata per inerzia nelle abitudini quotidiane e non resti inerte davanti a quelle scelte che potrebbero darle significato. Il Signore non vuole che ci rassegniamo a vivere alla giornata pensando che, in fondo, non c’è nulla per cui valga la pena di impegnarsi con passione e spegnendo l’inquietudine interiore di cercare nuove rotte per il nostro navigare. Se qualche volta ci fa sperimentare una “pesca miracolosa”, è perché vuole farci scoprire che ognuno di noi è chiamato – in modi diversi – a qualcosa di grande, e che la vita non deve restare impigliata nelle reti del non-senso e di ciò che anestetizza il cuore. La vocazione, insomma, è un invito a non fermarci sulla riva con le reti in mano, ma a seguire Gesù lungo la strada che ha pensato per noi, per la nostra felicità e per il bene di coloro che ci stanno accanto.

(Papa Francesco, Messaggio per la 56ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni)

UNA GIOIA CAPACE DI SAZIARE – 6 Maggio 2019

            Presso il lago di Galilea due coppie di fratelli – Simone e Andrea insieme a Giacomo e Giovanni – stanno svolgendo il loro lavoro quotidiano di pescatori (Mc 1,16-20). In questo mestiere faticoso, essi hanno imparato le leggi della natura, e qualche volta hanno dovuto sfidarle quando i venti erano contrari e le onde agitavano le barche. In certe giornate, la pesca abbondante ripagava la dura fatica, ma, altre volte, l’impegno di tutta una notte non bastava a riempire le reti e si tornava a riva stanchi e delusi. Sono queste le situazioni ordinarie della vita, nelle quali ciascuno di noi si misura con i desideri che porta nel cuore, si impegna in attività che spera possano essere fruttuose, procede nel “mare” di molte possibilità in cerca della rotta giusta che possa appagare la sua sete di felicità. Talvolta si gode di una buona pesca, altre volte, invece, bisogna armarsi di coraggio per governare una barca sballottata dalle onde, oppure fare i conti con la frustrazione di trovarsi con le reti vuote. Come nella storia di ogni chiamata, anche in questo caso accade un incontro. Gesù cammina, vede quei pescatori e si avvicina… È successo così con la persona con cui abbiamo scelto di condividere la vita nel matrimonio, o quando abbiamo sentito il fascino della vita consacrata: abbiamo vissuto la sorpresa di un incontro e, in quel momento, abbiamo intravisto la promessa di una gioia capace di saziare la nostra vita. Così, quel giorno, presso il lago di Galilea, Gesù è andato incontro a quei pescatori, spezzando la «paralisi della normalità». E subito ha rivolto a loro una promessa: «Vi farò diventare pescatori di uomini» (Mc 1,17).

(Papa Francesco, Messaggio per la 56ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni)

UN CAMMINO PROGRESSIVO – 5 Maggio 2019

            Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 

(Gv 20,26)

                       L’esperienza di Dio non si traduce automaticamente nel coraggio della sequela: otto giorni dopo le porte del cenacolo sono ancora chiuse. Si tratta di un cammino progressivo. Pazientemente Gesù ritorna e continua a farci sperimentare la sua presenza, fino a quando qualcosa si sblocca.

            (Gaetano Piccolo)

LA RESPONSABILITA’ DEL CREDENTE – 4 Maggio 2019  

                   Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».

     (Gv 20,24-25)

                      È difficile pretendere che gli altri credano nella presenza di Gesù in mezzo a noi quando noi stessi non siamo capaci di testimoniare la gioia e il perdono che sono i segni della presenza di Dio. Tommaso, probabilmente, si è trovato proprio in questa situazione, molto simile all’uomo di oggi che non riesce a credere nella presenza di Dio a causa della testimonianza di coloro che si presentano come suoi discepoli.
            Tommaso è detto Didimo, cioè doppio o gemello, e proprio in tal senso ci somiglia. Potremmo dire che in qualche modo Tommaso è gemello di ogni discepolo, in lui possiamo rivedere la nostra stessa ambiguità. Tommaso è doppio perché un po’ crede, un po’ non crede. È doppio anche nella sua relazione con la comunità: un po’ è presente, un po’ se ne allontana. Non la testimonianza dei discepoli, ma solo un incontro personale con Gesù riesce a trasformare il suo cuore e a unificarlo.

            (Gaetano Piccolo)