I SACRAMENTI – 9 Marzo 2020

È colma di segni la nostra vita. Di gesti semplici che ci aiutano ad esprimere emozioni, che le suscitano, che comunicano e che esprimono chi siamo in profondità.
L’uomo si relaziona con le parole ma, ben prima, con il suo modo di presentarsi, di atteggiarsi, di manifestarsi.
Immaginate come sarebbe un mondo senza segni!
I segni, invece, costruiscono la realtà. Un sorriso vero, un abbraccio, una stretta di mano, un bacio passionale, uno sguardo profondo e condiviso, uno negato e rabbioso…
Una telefonata è segno dell’amicizia che lega due persone e, insieme, rafforza e nutre quell’amicizia.
Esprime e suscita.
I segni, però, rischiano di essere male interpretati, se non attingono a un’esperienza comune, se non vengono capiti con lo stesso significato da chi li sperimenta. Una battuta fatta in un gruppo di amici che si conoscono, e che fa riferimento a un’esperienza comune del passato, non ha bisogno di essere spiegata, lega il ricordo di tutti, ha alle spalle un momento condiviso e riconoscibile. Ovviamente l’amico che si è unito da poco dovrà essere aiutato a capire il senso della battuta.

Il richiamo a un’esperienza comune ci aiuta a entrare nel mondo dei sacramenti.
Poteva Dio che è diventato uomo non condividere e usare l’esperienza dei segni? No, certo.
Così, nel cammino dei discepoli di Gesù, e a partire da Gesù stesso, la Chiesa ha fatto esperienza di segni efficaci della grazia, come vengono definiti i sacramenti stessi: gesti che accompagnano e nutrono il cammino dei discepoli e che li seguono nelle diverse fasi della vita.

(Paolo Curtaz, “La vita in Cristo. I segni della grazia”)

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