“Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: 《Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi》. Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni” (Mc 10, 21-22).
È difficile riconoscersi veramente nel giovane ricco, così libero e buono di intenzioni, ma in realtà così schiavo e lontano dal regno! Infatti l’uomo, anche se non vuole ammetterlo in alcun modo, serve sempre e adora sempre qualcuno, o meglio qualcosa: è essenzialmente feticista! Detto in altre parole, ha sempre qualcosa che assorbe tutta la sua esistenza, come “cura”, ossia preoccupazione ultima del suo agire. Questo è il suo peccato contro Dio – la sua idolatria – che gli fa porre come valore supremo un idolo che non è il Dio dei vivi, e che quindi lo tiene nella sua morte. Tale idolo può semplicemente essere l’autoaffermazione a livello personale o comunitario, in cui uno pone come orizzonte ultimo del proprio agire se stesso o la comunità cercando di “possedersi”, senza dare la vita.
Silvano Fausti