IL GIUSTO SOFFERENTE – 26 Marzo 2018

   C’è un argomento che ha inquietato e turbato la coscienza umana di tutti i tempi, coinvolgendo il senso e la sopportabilità dell’esistenza. È un argomento che fa esplodere le nostre domande: chi è giusto? La sofferenza non è sempre in-giustificabile? Il Dio che consente tale sofferenza non è egli stesso ingiusto? Credo che invece di affrettarci a tentare risposte, sia necessario anzitutto ascoltare, fare dell’innocente sofferente, del povero oppresso, il grande maestro, colui che ha un magistero per tutti gli uomini. Non è lo stesso Gesù che ci indica di vedere nel povero, nel carcerato, nell’ignudo, il giudice escatologico che viene a noi (cfr. Mt 25,31-46)? Se vi è questo ascolto, questa assunzione del giudizio di cui è portatore l’altro nel bisogno, vi potrà essere anche conoscenza, cioè coinvolgimento, compassione, condivisione, e allora si potrà anche ricominciare a parlare di Dio. A partire di là, cioè a partire dall’uomo sofferente, dunque dall’uomo veramente e drammaticamente simile al Cristo crocifisso possiamo dire qualcosa su Dio e a Dio. È di fronte all’uomo umiliato dalla violenza e annichilito dal dolore che trova drammatica urgenza l’ammonimento apostolico: «Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20). E senza questo fondamento dell’amore per Dio e per il fratello, soprattutto il più povero, la teologia è solo mistificazione.

Enzo Bianchi

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