La preghiera attiva è uno spazio interiore affinché la persona possa compiere quel cammino di conoscenza di sé che sempre si accompagna al parallelo itinerario di conoscenza di Dio.
La vita interiore è un appello, una chiamata. La storia della fede e della salvezza inizia con quel cammino di Abramo che è sì di uscita da una terra ma è soprattutto cammino interiore. Le parole di Gen 12,1 lek lekà sono invito a uscire dalla terra, ma anche e soprattutto ad andare verso se stesso: “va ‘verso’ te stesso “, significa letteralmente l’espressione ebraica.
La preghiera ha bisogno di una vita interiore. Occorre pertanto favorire l’instaurarsi nella persona di una dialogicità interiore, della capacità di pensare e riflettere, di porsi domande. Se la preghiera è ‘giudicare e decidere con Dio’, essa chiede all’uomo di sviluppare i movimenti umanissimi di riflessione, di conoscenza di sé, di lucidità e vigilanza per giungere anche al discernimento di sé e della realtà.
Nessuna fretta di insegnare forme o metodi di preghiera: più urgente e importante è educare l’umanità della persona a conoscersi e pensarsi davanti a Dio. Del resto, questo è l’insegnamento che ci proviene dai Salmi: in essi, l’orante pensa la propria vita, in situazioni determinate, davanti a Dio, per arrivare a vivere in obbedienza alla volontà di Dio, per integrare nella fede anche esperienze dolorose.
In tempi segnati dal primato dell’esteriorità e dell’apparire, di esibizione della sfera interiore e di pornografia dell’anima, è importante accordare spazio e peso alla vita interiore, alle umanissime dimensioni che consentono alla preghiera di svilupparsi come manifestazione di una persona unita e integrata.
In questi tempi di individualismo esasperato, di narcisismo e di ricerche spirituali che nient’altro sono se non celebrazioni del sé, la preghiera cristiana chiama infine ad uscire da sé per vivere nella storia e nella compagnia degli uomini. Nessun ripiegamento intimistico, nessuna evasione dalle responsabilità storiche ed esistenziali: la preghiera non è nido, tana, rifugio, luogo di benessere personale. L’uomo che prega è anche l’uomo che sceglie e che paga in prima persona il prezzo delle sue scelte fatte in conformità alla parola di Dio ascoltata, meditata e divenuta luce per il suo cammino.