5 giugno 2022 – PENTECOSTE/C
In questa Domenica di Pentecoste il Vangelo, fin dalle prime battute, ci suggerisce di non considerare più il cuore solo come un “secchio dell’immondizia” dove spesso non solo dimorano, ma regnano ferite, delusioni, paure, vuoti. Fare del cuore questo genere di deposito è troppo banale. “Amare e osservare la sua Parola” significa imparare ad andare oltre, o meglio, fare spazio alla sua Presenza che è già nel nostro cuore. Si tratta di una Presenza di cui si fa esperienza, che non necessita di un curriculum specifico o di chissà quali doti, ma di una caratteristica precisa: amarlo veramente. Il vero amore si riconosce da quanta cura, forza, tempo e ascolto dedichiamo a Lui. Ecco che allora il cielo verrà a stabilirsi nel nostro cuore, e non è una fantasia, un’illusione o un’amplificazione da “megalomani”. “Il cielo è mio”, affermava Santa Teresa di Lisieux.
Dagli Atti degli Apostoli (2,1-11)
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e proséliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (8,8-17)
Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
Dal Vangelo secondo Giovanni (14, 15-16.23b-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
La Pentecoste (dal greco “cinquantesimo giorno”) è una festa estremamente concreta, in cui hanno pieno compimento le parole e le promesse di Gesù. É paragonabile al parto di una donna, al termine dei nove mesi di gestazione, o a un lavoro che si è ottenuto dopo tanti anni di sacrificio, o al superamento di un esame dopo vari mesi di preparazione. É avvento, è compimento concreto, e il bambino dopo il parto, il lavoro dopo vari curriculum inviati e anni di precariato, la laurea dopo vari mesi combattuti per superare l’ultimo esame, non sono una fantasia ma sono tangibili. Così chi coltiva una sana vita spirituale la fa lievitare piano piano, interiormente, fino al momento in cui non si potrà più tenere nascosta e esploderà anche esteriormente. Il Cristianesimo non può esistere finchè rimane un atto personale, intimistico, o un fatto limitato ad un gruppetto di persone di un cenacolo o di una Parrocchia: esso comincia a prendere forma solo quando ci poniamo fuori dal grembo della nostra vita spirituale. Ecco cosa fa lo Spirito Santo, rende reale e concreta ogni cosa, questa vita, ma soprattutto rende concreta la realtà (alla quale sempre ci spinge e ci conduce) e Dio, liberandoci da ogni nostro eccesso di fantasia, da ogni immaginazione sbagliata su di Lui e da ogni nostra elucubrazione mentale: se non fosse così vivremmo distaccati dalla realtà, ci nutriremmo solo delle nostre illusioni e paranoie, e la fede resterebbe intimistica, come se appartenesse a una elitè o a un cenacolo specifico – o peggio ancora come se fosse “solo cosa mia” – e non sarà mai un atto comunitario, non ci sarà mai comunione e accoglienza della diversità, ma solo uniformità, come vuole il male. Lo Spirito Santo ci permette il passaggio dall’invisibile al visibile, dall’immaginario al concreto, dall’astratto al tangibile, dall’intimistico e dal personale al comunitario e alla condivisione con tutti coloro che incontriamo e che ci stanno vicino; lo Spirito Santo è nemico e non si manifesta nè nella mediocrità, essendo fuoco di Amore, né in chi pensa che andrà in Paradiso dormendo, ma nemmeno in chi è convinto di sapere già tutto, di essere già arrivato, poichè Egli è umiltà profonda. Ecco cos’è la Pentecoste: è un’esplosione, un venir fuori da noi stessi, un parto di quel germe di Amore che Dio ha messo nei nostri cuori e che vuole effondere, nonostante noi, a vantaggio e a beneficio uno dell’altro. Ecco perchè nel giorno della Pentecoste tutti si capivano, nonostante fossero tutti di nazionalità e lingue diverse: perchè il linguaggio dell’Amore è sempre e solo uno, è un linguaggio oltre che nazionale anche internazionale, perciò è impossibile che sia soggetto a equivoci o fraintendimenti.
Commento francescano (Lettera ai fedeli, I redazione: FF 178/2)
Oh, come sono beati e benedetti quelli e quelle, quando fanno tali cose e perseverano in esse; perché riposerà su di essi lo Spirito del Signore, e farà presso di loro la sua abitazione e dimora; e sono figli del Padre celeste del quale compiono le opere, e sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo. Siamo sposi, quando l’anima fedele si unisce al Signore nostro Gesù Cristo per virtù di Spirito Santo. Siamo suoi fratelli quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli. Siamo madri, quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza, lo generiamo attraverso le opere sante, che devono risplendere agli altri in esempio.
Anche San Francesco sostiene che noi diverremo dimora dello Spirito Santo, in particolare se l’anima si manterrà fedele (sposi di Gesù), se sarà, con perseveranza, obbediente al Padre (fratelli di Gesù), e se sarà capace di concretizzare nella realtà quello che custodisce nel cuore e nel corpo (madri di Gesù).
Orazione finale
Ti preghiamo, Padre, effondi su di noi lo Spirito Santo che possa renderci Amore, quell’Amore che tu hai seminato nei nostri cuori, quell’Amore per cui siamo stati da Te creati, e per il quale viviamo e moriamo. Per Cristo Nostro Signore.