COSA E’ PER ME LA VERITA’?

 

21 novembre 2021 

Solennità di CRISTO RE DELL’UNIVERSO

XXXIV Domenica T.O./B

 

Nella Domenica di Cristo Re, che apre l’ultima settimana dell’anno liturgico, il Regno del Padre, rappresentato dal Figlio, e il regno di Cesare, invasore e predatore, rappresentato da Pilato, sono uno di fronte all’altro: si tratta di un incontro intimo, a distanza molto ravvicinata, lontano dai clamori della folla rabbiosa e incontrollata. Nel silenzio faccia a faccia con quella veritas (Gv 18, 38) che tutti vorremmo vedere e comprendere con chiarezza, anche gli idoli più radicati, le zone della nostra vita che continuiamo a organizzare secondo le regole dei regni mondani, barcollano.

 

 

Dal libro del profeta Daniele (7, 13-14)

Guardando nelle visioni notturne,

ecco venire con le nubi del cielo

uno simile a un figlio d’uomo;

giunse fi­no al vegliardo e fu presentato a lui.

Gli furono dati potere, gloria e regno;

tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano:

il suo potere è un potere eterno,

che non finirà mai,

e il suo regno non sarà mai distrutto.

 

 

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (1, 5-8)

Gesù Cristo è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra.  A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen. Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della ter­ra si batteranno il petto. Sì, Amen! Dice il Signore Dio: Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!

 

 

Dal vangelo secondo Giovanni (18, 33b-37)

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giu­deo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno con­segnato a me. Che cosa hai fatto?».  Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».  Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

 

Le fonti storiche descrivono Pilato come uomo brutale, ladro, immorale, abituato a condannare senza processo. I quattro Vangeli, che riguardo all’incontro fra Gesù e Pilato sono ben poco storici perchè interessati a tramandare la storia della salvezza e non i fatti nudi e crudi, sono comunque concordi nel riportare i ripetuti tentativi del procuratore romano di salvare Gesù dalla condanna a morte: incontrando Cristo non si può non riconoscere un amore disarmato, mite, preoccupato unicamente di far sentire ogni uomo amato dal Padre. Di fronte a questo amore anche il male più radicato in noi è in bilico: il dubbio che qualcosa non funzioni nel nostro sistema ci sfiora, la visione anche flebile di una vita più piena e più felice lascia un segno…. anche se la conversione non è subitanea: ci piacerebbe vedere Pilato gettarsi ai piedi di Gesù, come tanti altri uomini e donne che lo hanno incontrato. La lotta del pagano, ammaliato dal potere, è dura: non dimentichiamo che i discepoli, nei quali più facilmente ci identifichiamo, proprio in questi momenti della vita del Maestro non fanno una figura migliore, eppure con Gesù hanno vissuto un’intimità durata tre anni. Pilato, di Gesù ha solo sentito parlare: in Matteo (27,19) la moglie lo definisce un “giusto”, segno che in questa famiglia qualcuno è rimasto toccato dalla sua figura.  In bilico fra abitudini di pensiero e di azione che non ci fanno assaporare in pieno la vita e la novità del Vangelo possiamo anche tornare indietro, per paura dell’imprevisto che ci attende, del mistero più grande di noi: pochi versetti dopo quelli odierni, Pilato chiederà a Gesù: “Ma tu da dove vieni? Chi sei? Quale mistero grande porti per essere così e per scatenare questa furia nei tuoi confronti?” (cfr. Gv 19,8). Alla fine sappiamo che Pilato getta la spugna: si lava le mani (Mt 27,24), altra “invenzione” evangelica – perchè il gesto appartiene alla cultura ebraica e non a quella romana. Di fronte alla provocazione dello stile di vita di Gesù, non sempre riusciamo a perdere la faccia, non sempre facciamo il salto che ci permette di tenere in vita Lui e il Suo Regno. La nostra debolezza ci spinge a sgattaiolare per non sporcarci le mani. La Chiesa ortodossa etiope e quella greco-ortodossa, fondandosi su tradizioni di fede non avvalorate da riscontri storici certi, ritengono che Pilato si sia poi pentito e convertito grazie alla moglie Claudia: entrambi sono stati canonizzati, per dire che l’incontro con Cristo non può lasciare indifferenti, che il Padre e il Figlio amano e salvano ogni uomo e donna. Al di là del giudizio umano e della storia.

 

 

Commento francescano

 I medievali fecero l’anagramma della domanda di Pilato “Quid est veritas”, che suona “Est vir qui adest”, è l’uomo che hai davanti: san Francesco è considerato alter Christus perchè incarnò la verità del Vangelo, perchè chi lo incontrava incontrava la verità dell’amore, non un’idea, non una teoria che funziona, ma una persona. Fra i tantissimi episodi della sua vita che lo uniformarono sempre più a Cristo, riportiamo quello della sua rinuncia alla guida dell’ordine, che lo fa somigliare al Gesù di oggi, quello che con verità e amore si lascia spogliare in un momento di crisi personale e dell’Ordine, attraversato da conflitti e difficoltà a vivere secondo lo stile originario del Santo:

“Per conservare la virtù della santa umiltà, pochi anni dopo la sua conversione, rinunciò in un Capitolo alla presenza di tutti, all’ufficio di governo dell’Ordine: “Da oggi avanti sono morto per voi. Ma ecco fra Pietro di Cattanio, al quale io e voi tutti dobbiamo obbedire “. E inchinatosi subito davanti a lui, promise “obbedienza e riverenza”. I frati piangevano, prorompendo per il dolore in alti gemiti, vedendosi come divenuti orfani di tanto padre. Francesco si alzò, e con le mani giunte e gli occhi elevati al cielo: “O Signore,–pregò–ti raccomando la famiglia, che sino ad ora tu mi hai affidata. Ed ora, non potendo io averne cura per le infermità che tu sai, dolcissimo Signore l’affido ai ministri. Siano tenuti a renderne ragione a te o Signore, nel giorno del giudizio, se qualche frate o per loro negligenza o cattivo esempio oppure anche per una severità eccessiva, sarà perito “. Da quel momento rimase suddito sino alla morte, comportandosi più umilmente di qualsiasi altro frate”. (Vita seconda 54, 143, FF 727)

 

 

Orazione finale

Padre di tutte le creature, sostienici ogni volta che siamo in bilico fra ciò che è “vecchio” e conosciuto e il “nuovo” spesso imprevedibile che tu ci proponi: due regni che si fronteggiano spesso dentro di noi. Riaccendi ogni volta l’entusiasmo di dirti di sì, nella libertà simile alla tua, che ci fa liberi di perdere, di vincere, di parlare o di tacere, solo per amore. Amen.

 

 

 

 

 

 

 

 

Articoli consigliati