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LA CENA DEL SIGNORE – 29 Marzo 2018

         Con la celebrazione della Messa vespertina, detta Messa in cena Domini, veniamo a trovarci, quasi d’improvviso, in una larga zona di luce. Le tenebre, è vero, continuano a premere tutt’intorno, ma la calda irradiazione di Cristo che si fa «padre di famiglia», mette il cuore in festa. Anche il colore liturgico bianco che si sostituisce al viola, la presenza dei fiori e il suono dell’organo e delle campane, il canto del Gloria esprimono la letizia di un’intima riunione familiare. Stiamo per partecipare a un banchetto nuziale, perché con l’istituzione dell’Eucaristia – memoriale della nuova ed eterna Alleanza – Cristo lega per sempre se stesso alla Chiesa, sua sposa, con il vincolo di un amore indistruttibile.

Anna Maria Cànopi

FEDELE FINO IN FONDO – 28 Marzo 2018

   Geremia è il profeta che nello strazio sostenne il peso di un dramma. Oltre alla lotta interiore provocata dal contrasto tra i sentimenti umani e la missione profetica, Geremia conobbe l’insuccesso del ministero, l’isolamento morale, le calunnie, la persecuzione e il carcere. Malgrado ciò, rimase fedele fino in fondo alla sua vocazione. Quale innocente osteggiato, egli è una prefigurazione di Gesù di Nazaret condotto come un agnello alla passione. La perseveranza di Geremia nella chiamata profetica preannuncia l’obbedienza di Gesù.

Stefano Virgulin

CAMMINO DI CONVERSIONE – 27 Marzo 2018

   Occorre entrare nel movimento del pentimento e della conversione. Un cammino di autentica conversione «comprende sia un aspetto “negativo” di liberazione dal peccato sia un aspetto “positivo” di scelta del bene» (S. Giovanni Paolo II). I tanti martiri che in nome del Vangelo si sono schierati a fianco dei poveri, delle masse diseredate e oppresse, fino a morire per la difesa dei deboli, sono narrazione di questo itinerario che dalla presa di coscienza dello scandalo dell’ingiustizia ha condotto fino alla solidarietà totale con un popolo crocifisso.

Enzo Bianchi

IL GIUSTO SOFFERENTE – 26 Marzo 2018

   C’è un argomento che ha inquietato e turbato la coscienza umana di tutti i tempi, coinvolgendo il senso e la sopportabilità dell’esistenza. È un argomento che fa esplodere le nostre domande: chi è giusto? La sofferenza non è sempre in-giustificabile? Il Dio che consente tale sofferenza non è egli stesso ingiusto? Credo che invece di affrettarci a tentare risposte, sia necessario anzitutto ascoltare, fare dell’innocente sofferente, del povero oppresso, il grande maestro, colui che ha un magistero per tutti gli uomini. Non è lo stesso Gesù che ci indica di vedere nel povero, nel carcerato, nell’ignudo, il giudice escatologico che viene a noi (cfr. Mt 25,31-46)? Se vi è questo ascolto, questa assunzione del giudizio di cui è portatore l’altro nel bisogno, vi potrà essere anche conoscenza, cioè coinvolgimento, compassione, condivisione, e allora si potrà anche ricominciare a parlare di Dio. A partire di là, cioè a partire dall’uomo sofferente, dunque dall’uomo veramente e drammaticamente simile al Cristo crocifisso possiamo dire qualcosa su Dio e a Dio. È di fronte all’uomo umiliato dalla violenza e annichilito dal dolore che trova drammatica urgenza l’ammonimento apostolico: «Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20). E senza questo fondamento dell’amore per Dio e per il fratello, soprattutto il più povero, la teologia è solo mistificazione.

Enzo Bianchi

FIDUCIA – 25 Marzo 2018

   La fiducia è la matrice della vita ed è la forza che consente alla persona di non farsi vincere dalla paura, anzi, dalle tante paure che possono abitarla. Questa fiducia consentirà anche lo svilupparsi di una relazione con il tempo equilibrata e non patologica: assumere serenamente il proprio passato senza restarne ostaggio, senza continuare a vivere sotto la sua ombra lunga; aderire all’oggi, al presente senza nutrire sterili fughe in avanti o regressioni all’indietro, proiettarsi verso il futuro senza paure, ma anche senza evasioni e fughe in avanti. E sempre confidando nel Signore misericordioso e compassionevole, autore e perfezionatore della fede, ma anche della nostra umanità.

Luciano Manicardi

OSARE LA SOLIDARIETÀ E L’AMORE – 24 Marzo 2018

    La capacità di condividere, di non fare riserve di sé, di trovare la propria realizzazione personale e la propria gioia nel donare è il vertice di ogni cammino formativo ed è il culmine della maturità umana. Maturità che ha sempre a che fare con la capacità adulta di amare e con la capacità di lavorare efficacemente, il che significa anche la capacità di soffrire. La crescita umano-spirituale della persona raggiunge il suo fine nella capacità di amare. Nel diventare uomini e donne di passione, che conoscono la passione e la sofferenza dell’amore.

Luciano Manicardi

DIVENTARE NOI STESSI – 23 Marzo 2018

   È importante incontrare uno sguardo che, amandoci, ci sveli la nostra bellezza, che è sempre «bellezza agli occhi di qualcuno». Questo sguardo ci dice che l’unico nostro compito, in cui nessuno può sostituirsi a noi, è quello di diventare noi stessi. Imitare altri, o diventare cloni di altri non farebbe la nostra felicità.

Luciano Manicardi

ACCETTARE LA PROPRIA MANCANZA – 22 Marzo 2018

   Momento centrale del cammino di maturazione umana è il riconoscimento delle carenze che ci abitano, della vulnerabilità, delle debolezze precise: a livello psicologico, morale, intellettuale, spirituale, affettivo, sessuale. Queste debolezze costituiscono certamente una dolorosa ferita interiore ma, una volta accolte, possono divenire lo spiraglio che lascia entrare il raggio luminoso della grazia divina. Il momento delle’accettazione delle proprie lacune e deficienze è doloroso e critico, ma la crisi è necessaria al nascere. E per quanto ci possa spaventare la parola «crisi», occorre ricordare che la crisi più grande nella nostra vita è alle nostre spalle: la nascita è stata l’evento traumatico doloroso più decisivo, ma ovviamente anche il più vitale. E forse, la cosa più grave nel corso di un’esistenza è l’assenza di crisi, il restare alla superficie delle cose, il non andare mai in profondo, e dunque, anche un po’ a fondo.

Luciano Manicardi

ACCETTARE DI ESSERE AMATO – 21 Marzo 2018

   Molteplici sono le paure che noi opponiamo all’esperienza di essere amati. L’amore è gratuito ma anche esigente. L’esperienza più frequente è quella della chiusura all’amore: indifferenza, odio, freddezza. Normalmente siamo molto più interessati e attenti a coloro che amiamo piuttosto che a coloro che ci amano. L’esperienza dell’essere amati chiede al credente di saper nominare le proprie emozioni. In noi, per esempio, abitano collere e queste vanno riconosciute e comprese, per poter essere volte in senso positivo, per trasformare l’energia negativa in forza vitale.

Luciano Manicardi

CONTATTO CON LA PROPRIA SOFFERENZA – 20 Marzo 2018

   Occorre coraggio per entrare in se stessi e per fare emergere la propria verità interiore. Pensare, interrogare, riflettere, essere attenti e vigilanti, elaborare interiormente le esperienze, conoscere momenti e periodi di silenzio e solitudine, rientrare in se stessi, concentrarsi, sono elementi essenziali di questo cammino interiore. Particolarmente difficile è entrare in contatto con la sofferenza profonda che abita in noi. Solo prendendo contatto con la sofferenza profonda che abita in noi, potremo anche entrare in contatto con la sofferenza degli altri e perciò incontrare in verità gli altri.

Luciano Manicardi

LA VITA INTERIORE – 19 Marzo 2018

   La vita interiore è risorsa disponibile solo se si osa l’avventura della conoscenza di sé, dell’educazione, del primato accordato ai valori umani. L’inefficacia del discorso moralistico e impositivo e il logoramento di quello esortativo e paternalistico confermano l’esigenza di cercare altrove le risposte e le indicazioni per il futuro.
   Nell’educare, l’altro [il giovane rispetto all’adulto] appare come domanda, come interrogativo. Che non vuole risposte immediate, ma chiede ascolto. Domanda che gli si dia tempo.
   Ci chiede di fermarci e di sospendere le nostre attività per restargli accanto e ascoltarlo. Inter-rogare etimologicamente vuol dire «domandare tra, in mezzo»: ossia instaurare una pausa nei ritmi dell’agire quotidiano. L’interrogativo opera l’interruzione di un discorso, di un’azione. Agli adulti spetta dunque di essere in grado di fermarsi. Avere il coraggio di non-agire, di non-fare per essere semplicemente presenza a servizio del giovane.

Luciano Manicardi

IMMAGINE DI DIO (INTERPRETAZIONE LIBERA DI UNA CANZONE DI FRANCO BATTIATO) – 18 Marzo 2018

   Occorre “emanciparmi dall’incubo delle passioni, cercare l’Uno al di sopra del Bene e del Male, essere un’immagine divina di questa realtà”.
   Occorre decidersi se seguire i propri istinti o il proprio desiderio; bisogna scegliere se si vuole vedere sempre e solo il negativo delle cose oppure scommettere sulla propria essenza, sulla nostra natura di uomini fatti ad immagine di Dio. Insomma, cercherò di vivere da uomo, veramente uomo. Cercherò di guardarmi allo specchio e scorgere lo sguardo di Colui che in me si ri-flette, si piega e si abbassa per prendermi dalle mie radici. E starò a guardare ogni uomo come il riflesso di questa immagine, cercando di guardare sempre al di là del giudizio, di ciò che è giusto. E anche se non saprò dire bene il perché so che ti vengo a cercare perché sto bene con te perché ho bisogno della tua presenza”. Abbiamo bisogno dell’altro, abbiamo bisogno di essere custoditi, guariti, curati nelle nostre debolezze.

Anna Pia Viola

DESIDERIO DI DIO (INTERPRETAZIONE LIBERA DI UNA CANZONE DI FRANCO BATTIATO) – 17 Marzo 2018

   Aprirsi ad una persona amica, significa entrare sempre più in profondità nel mistero del nostro essere. Non è una fuga da se stessi, ma il ritrovare le proprie radici, i valori essenziali che ci uniscono. Per questo “ti vengo a cercare, con la scusa di doverti parlare, perché mi piace ciò che pensi e che dici, perché in te vedo le mie radici”. La relazione con l’altro sembra essere suscitata dal bisogno di parlare, ed invece ci riporta alla dimensione propria dell’uomo che sta di fronte ad un altro, di fronte a Dio: l’ascolto. La relazione con il divino è caratterizzata innanzitutto dall’ascolto reciproco in cui l’uomo impara ad ascoltare Dio attraverso il silenzio che Dio stesso ci offre ascoltando noi uomini. Assaporare questa dimensione “mi spinge solo ad essere migliore con più volontà”, concentrando le mie energie e fatiche verso questo desiderio profondo di Dio che è stato piantato in me. Ma come fare? Da dove cominciare in maniera chiara e semplice? Quale percorso fare? Occorre “emanciparmi dall’incubo delle passioni, cercare l’Uno al di sopra del Bene e del Male, essere un’immagine divina di questa realtà”.

Anna Pia Viola

UNA SAPIENZA PIÙ PROFONDA (INTERPRETAZIONE LIBERA DI UNA CANZONE DI FRANCO BATTIATO) – 16 Marzo 2018

         “Dovrei cambiare l’oggetto dei miei desideri, non accontentarmi di piccole gioie quotidiane, fare come un eremita che rinuncia a sé”.
          La stessa cosa si fa con una pianta, una vite che produce frutto. Se vuoi che cresca forte e che porti frutti succosi, devi tagliare i rami piccoli, quei tralci che magari hanno già qualche grappolo, ma che non permetterebbero alla vite di svilupparsi in tutta la sua forza. Rinunciare a qualcosa che in se stessa è buona, non è un controsenso, ma indica di saper agire secondo una sapienza più profonda. Accettare di perdere non è un fallimento, ma rivela una logica più ampia. Ecco perché è fondamentale, essenziale, la rinuncia a sé per vivere relazioni autentiche, con gli altri e con il Signore.

Anna Pia Viola

COSE CHE VALGONO (INTERPRETAZIONE LIBERA DI UNA CANZONE DI FRANCO BATTIATO) – 15 Marzo 2018

  “Dovrei cambiare l’oggetto dei miei desideri, non accontentarmi di piccole gioie quotidiane, fare come un eremita che rinuncia a sé”. È la logica evangelica di chi scopre un tesoro in un campo e vende  tutto il resto per acquistare quel campo, per vivere in un’altra dimensione. Chi sperimenta la presenza di cose “preziose” non può accontentarsi di cose ”piccole”. Siamo fatti per cose grandi e per questo non ci sembra un controsenso dover fare delle scelte che apparentemente sembrano fallimentari. Rinunciare a sé, infatti, non significa disprezzare la propria storia, sminuire i propri talenti e soffocare i sogni. Tutt’altro! Quando tocchi te stesso in profondità, quando scendi dentro il tuo cuore, là dove non ci sono parole ma solo silenzio, capisci che sei pieno di tante cose, ma solo poche valgono veramente. E solo per quelle poche cose vale la pena vivere e soffrire.

Anna Pia Viola