PIÙ PREGO, PIÙ DIVENTO LIBERO – 24 Dicembre 2018

«Si avvicinò a lui uno degli scribi e domandò a Gesù: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?” Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore”» (Mc 12,28-29).

         La fedeltà alla preghiera è un cammino di libertà. Essa ci educa progressivamente a cercare in Dio i beni essenziali che desideriamo.
         Se non impariamo a ricevere dalla mano di Dio questi beni che ci sono così necessari, corriamo fortemente il rischio di andarli a cercare altrove e di aspettarci dalle realtà di questo mondo (le ricchezze, il lavoro, le relazioni…) ciò che esse non sono in grado di procurarci.
         La fedeltà alla preghiera esprime in modo concreto che è a Dio che vogliamo orientare la nostra attesa in un movimento di speranza e di fede. E ciò che speriamo e attendiamo dalla sua misericordia ci sarà poco a poco concesso. Quanto più Dio sarà al centro della nostra vita e attenderemo tutto da lui e da lui solo ogni cosa, tanto più le nostre relazioni umane avranno possibilità di essere sane e felici.
         Sperare di ricevere da una qualunque realtà ciò che solo Dio può accordarci, nella tradizione biblica porta un nome: idolatria. Senza rendercene conto, possiamo idolatrare molte cose: delle persone, un lavoro, lo sviluppo di certe competenze, qualche forma di successo, l’amore e così via. Queste realtà sono buone in se stesse, ma a condizione di non chiedere loro più di quello che è legittimo. L’idolatria ci fa perdere sempre una parte della nostra libertà. Gli idoli deludono, Dio non ci deluderà mai.
         Lo dice l’esperienza: la fedeltà alla preghiera, anche se a volte attraversa fasi difficili, momenti di aridità e di prova, ci conduce progressivamente a trovare in Dio una pace profonda, una sicurezza, una felicità che ci rendono liberi di fronte agli altri e alle cose.

(padre Jacques Philippe)

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