LECTIO DIVINA – 8 Dicembre 2018 – Immacolata Concezione della B. V. Maria / C

               

 

      Gn 3,9-15.20; Sal 97; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38

 

 

Miryam (םמרי) è, nella lingua ebraica, la “signora” o “principessa” il cui nome è racchiuso fra due mem, la “emme” ebraica, che ha la forma dell’utero materno. La mem iniziale (מ) presenta un piccolo pertugio, una fessura aperta all’accoglienza del seme che la feconda, simbolo di un’anima costantemente in ascolto della voce dello Spirito; quella finale (ם) ha la forma di un quadrato chiuso, simbolo di pienezza ma anche di mistero. In Maria l’ascolto profondo della Parola di Dio, la partecipazione in prima persona al progetto di salvezza del suo Signore, convive con l’accettazione di ciò che, dei Suoi disegni, rimane spesso per noi incomprensibile. Maria sa che quel Dio d’amore che l’ha concepita in-maculāta, senza macchie, è “altro” da lei: alla luce del Suo sguardo, custodita dalla Sua ombra, Miryam rimane senza vergogna nella sua nudità, umile nel senso letterale del termine, come humus, terra plasmata dalle mani dell’Onnipotente e da Lui infinitamente amata.

 

Testo e commento alle Letture

 

Dal Libro della Genesi (3,9-15.20)

[Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero,] 9il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». 10Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». 11Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». 12Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». 13Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».

14Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. 15Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe

e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». 20L’uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi.

 

Adamo ed Eva si sono maculāti, macchiati, cedendo alla tentazione di essere come Dio, di penetrare il mistero della Vita al pari di Colui che l’ha creata: per questo cercano di mimetizzarsi, di nascondersi da un Padre che considerano, ormai, un nemico, un predatore.

L’accesso alla conoscenza divina, promessa dal tentatore, ha precluso loro la via al secondo albero, collocato nel mezzo dell’Eden: l’Albero della Vita (Gen 2,9). E il serpente insidia proprio Eva, Hawwah, la “vita”, la madre di tutti i viventi.

L’amicizia con Dio si è lacerata: l’uomo e la donna provano ora vergogna per la propria nudità, per il proprio limite di creature. L’uomo che si sente Dio s’incammina su una strada di “morte” spirituale, morale, psichica, materiale, anziché moltiplicare i doni da Lui ricevuti.

Il Signore, però, non maledice nè la donna nè l’uomo: maledice e condanna il male stesso a strisciare bocconi sul proprio ventre mentre, nella sua misericordia, prepara un rimedio, il grembo di un’anonima fanciulla palestinese, promessa sposa di un giovane di nome Giuseppe, che darà alla luce Yeshu’a, il “Dio che salva”.

 

Dalla Lettera agli Efesini di san Paolo apostolo (1,3-6.11-12)

3Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. 4In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, 5predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, 6secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto. 11In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà, 12perché noi fossimo a lode della sua gloria, noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo.

 

Nel sacramento del Battesimo torniamo ad essere senza macchia: nell’istante in cui siamo idealmente immersi nell’acqua e il sacerdote pronuncia le parole della formula di rito, veniamo, come Maria, fecondati dallo Spirito Santo perché si imprima in noi il volto del Figlio di Dio, perché si incarni in noi la Parola del Signore. Diveniamo così anche noi eredi (v. 11) di un amore divino, capace di convertire il nostro male più grande, quello dell’autosufficienza, dell’indipendenza dalla Sua volontà, in fiducia, in amicizia, in canto di lode. L’eredità più grande che Dio ci lascia è il Figlio stesso, che di nuovo s’incarna nel sacramento dell’Eucaristia, come ricorda san Francesco nell’Ammonizione I rivolta ai suoi frati: “Ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote” (FF 144).

 

Testo e commento al Vangelo

 

Dal Vangelo secondo Luca (1,26-38)

26Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». 29A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». 34Allora Maria disse all’angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. 36Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l’angelo partì da lei.

 

Davanti a Myriam si apre il cielo: nel corso di una giornata qualunque la “forza di Dio” (questo il significato di Gabhrī’ēl) irrompe nella sua vita e le domanda di collaborare all’opera di salvezza dell’umanità. Siamo “nel sesto mese”, un richiamo al sesto giorno della Creazione (Gen 1, 26-31) in cui Dio creò l’uomo a Sua immagine, “maschio e femmina li creò” (Gen 1, 27). Con Maria inizia, dunque, una nuova creazione, nasce l’”uomo nuovo” capace di salvare quello vecchio dalla tentazione sempre in atto di voltare le spalle al Padre che lo ha creato.

Tornando alla composizione in lettere ebraiche del nome Myriam, la resh centrale (la “erre”) è la lettera della redenzione, della speranza nella conversione e nella salvezza dell’uomo malvagio. Il Signore sceglie per questo di farsi uomo, non di intervenire magicamente dal cielo né di nascere o apparire in maniera favolosa, come accadeva nei miti dell’antichità: sceglie di farsi volto, occhi, mani, piedi, cuore, intelligenza come un bambino qualsiasi, lasciandosi tessere nell’utero di una donna.

Maria accoglie con fede e con esultanza questo messaggio partito dal cielo, senza però rinunciare ad un sapiente realismo: “Come è possibile? Non conosco uomo” (v. 34). Nemmeno lei può comprendere come possa avvenire un tale prodigio, ma alla risposta dell’Angelo ella si apre completamente all’azione dello Spirito Santo.

 

Commento patristico

 

Leggiamo dai Discorsi di Sant’Anselmo, vescovo:

“Erano tutte come morte le cose, poiché avevano perduto la dignità originale alla quale erano state destinate. Loro fine era di servire al dominio o alle necessità delle creature cui spetta di elevare la lode a Dio. Erano schiacciate dall’oppressione e avevano perso vivezza per l’abuso di coloro che s’erano fatti servi degli idoli. Ma agli idoli non erano destinate. Ora invece, quasi risuscitate, si rallegrano di essere rette dal dominio e abbellire dall’uso degli uomini che lodano Dio. Hanno esultato come di una nuova e inestimabile grazia sentendo che Dio stesso, lo stesso loro Creatore non solo invisibilmente le regge dall’alto, ma anche, presente visibilmente tra di loro, le santifica servendosi di esse. Questi beni così grandi sono venuti frutto benedetto del grembo benedetto di Maria benedetta. Dio creò ogni creatura, e Maria generò Dio.

Dio dunque è il padre delle cose create, Maria la madre delle cose ricreate. Dio è padre della fondazione del mondo, Maria la madre della sua riparazione, poiché Dio ha generato colui per mezzo del quale tutto è stato fatto, e Maria ha partorito colui per opera del quale tutte le cose sono state salvate. Dio ha generato colui senza del quale niente assolutamente è, e Maria ha partorito colui senza del quale niente è bene”.

 

Commento francescano

 

Come Maria, la Madre di Gesù che Francesco “circondava di un amore indicibile” “perché aveva reso nostro fratello il Signore della maestà” (Vita Seconda, 198; FF 786) e la cui figura accostò alle Sorelle povere definendole “sposate allo Spirito Santo” (Forma di vita, FF 139), il Santo di Assisi aprì la sua anima all’azione dello Spirito con disponibilità tale che i segni della Passione di Cristo rimasero impressi sul suo corpo. Come Maria fu la prima ed unica creatura ad essere concepita senza peccato, così Francesco ebbe il privilegio di essere il primo santo stimmatizzato della storia di cui la Chiesa sia venuta a conoscenza (cfr. Lauda 40, Iacopone da Todi, FF 2031). Maria fu visitata dall’arcangelo Gabriele, la “forza di Dio”; Francesco ricevette le stimmate appartato sul Monte della Verna, mentre digiunava per la quaresima in onore dell’arcangelo Michele, Mikha’el, il cui nome significa “chi è come Dio?”: “nessuno” è la risposta sottointesa. La Legenda maior narra che Francesco sulla Verna “si elevava a quelle altezze [celesti] non come un importuno scrutatore della maestà, che viene oppresso dalla gloria, ma come un servo fedele e prudente, teso alla ricerca del volere di Dio, a cui bramava con sommo ardore di conformarsi in tutto e per tutto” (FF 1223).

Anche Francesco, e parecchi secoli dopo Padre Pio, nonostante l’evidenza dei segni impressi nei loro corpi, non poterono comprendere il mistero che li aveva visitati: per questo, probabilmente, due delle sei ali del Serafino che comparve al Santo di Assisi “velavano tutto il corpo” (FF 1225) della creatura celeste, ad indicare che i piani di Dio si rivelano, si realizzano nella nostra vita, ma saranno da noi compresi del tutto solo quando, come gli arcangeli, potremo vedere il Padre faccia a faccia.

 

Orazione finale

 

“Temete il Signore e rendetegli onore.

Il Signore è degno di ricevere la lode e l’onore.

Voi tutti che temete il Signore, lodatelo.

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te”. Amen

 

(da Scritti di Francesco d’Assisi, “Laudi e preghiere”: Esortazione alla lode di Dio, FF 265a)

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