IL MIGLIORE? NO: SOLO “MIGLIORE” – 7 Dicembre 2018

         Avrei preferito essere educato a diventare migliore e invece gran parte della mia vita l’ho spesa per diventare il migliore. Una cosa è crescere cercando di valorizzare al meglio le proprie risorse, un’altra è vedere in tutti gli altri degli avversari da battere. Viviamo in una cultura che fin da piccoli ci allena alla competizione. Siamo continuamente valutati, ma non valorizzati. E così diventa inevitabile guardare l’altro con sospetto anche quando non ce n’è bisogno.
         È la corsa cinica al successo, quella corsa insensata dentro la quale ci getta la logica del mondo. E piuttosto che pensare a migliorare noi stessi, siamo ossessionati dal diventare i migliori.
         Gesù invece si presenta come uno sconfitto e un perdente, uno che cade e soffre, uno escluso e umiliato. Prima di salire a Gerusalemme, Gesù accetta di scendere a Cafarnao, la città inabissata sotto il livello del mare, e se non fosse sceso lì non avrebbe mai incontrato tutti gli sprofondati della terra, gli umiliati e i perdenti.
         Solo quando fai l’esperienza di sprofondare e incontri tanti altri caduti come te, ti accorgi che in fondo gli altri non sono degli avversari, ma sono delle persone ferite che ti somigliano.
         Ecco il segreto per una vita di successo: rendersi conto che l’altro non è un avversario con cui essere in permanente competizione, ma uno fragile come me. Spesso le relazioni saltano perché paradossalmente siamo in competizione anche con le persone che amiamo. Ma ancora più spesso siamo lacerati dentro perché siamo in competizione con noi stessi, vorremmo sempre essere più di quello che siamo, piuttosto che vivere meglio quello che già siamo.
         Se guardo meglio, nell’altro e in me non vedrò più un avversario da battere, ma un bambino di cui prendermi cura.

 (Gaetano Piccolo)

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