IL DONO D’AMORE E DELL’ESSERE AMATI (Anna Pia Viola, Francescana Secolare) – 15 Gennaio 2018

    Lc 1,40-45
    Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò in grembo. Elisabetta fu piena di Spirito santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?… e beata colei che ha creduto all’adempimento delle parole del Signore”.
    Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata».
    Tre cose: fare grande (magnificare); umiltà/verità; serva.
    Serva: Maria è ‘ancella’. Espressione antica che rende meglio il suo significato di colei che nella casa aveva l’autorevolezza del servizio. Non è semplicemente una serva: è disponibile e autorevole nell’aprire la strada all’ospite, accende la luce che illumina il cammino, ascolta il suo Signore e ospite per rendere signore ogni uomo. Tutto questo è ancora dire poco rispetto all’appellativo che più le appartiene e che più di ogni altro ripetiamo e sentiamo nostro: madre, mamma. Maria ci invita a prendere più confidenza con l’essere madri, con il potere che abbiamo di essere ‘madri’ di noi stessi. Sembra un contraddizione. Come è possibile essere allo stesso tempo, in noi stessi, per noi, figlio e madre? Lei lo è stata e Gesù ci dice che dobbiamo diventare come Lei. Saremo madri tutte le volte che ascolteremo la Parola e la metteremo in pratica, allo stesso tempo daremo a noi la possibilità di rinascere dall’ascolto e dal silenzio. Noi diventiamo con Lei il grembo di Dio che genera la fede.

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