La preghiera abbisogna di silenzio e solitudine. La tradizione monastica afferma che “la cella è specchio del monaco ” e che la cella esteriore, la cella in muratura, è rinvio alla cella interiore, alla cella del cuore. Custodire la cella è custodire il cuore, vegliare, conoscere le proprie tentazioni, combatterle, entrare nella lotta spirituale. La cella, ovvero, uno spazio di solitudine e un tempo di silenzio, consentono di imparare i fantasmi che ci abitano, i demoni che ci agitano. Dobbiamo chiederci se tv, musica, computer, non bloccano e anestetizzano la valenza rivelati va che la ‘cella’ può svolgere nei nostri confronti.
‘In che consiste la storia di ogni tua giornata? Prendi in esame le tue abitudini’. L’esame di coscienza aiuta l ‘uomo a rendersi conto della sua debolezza, dei suoi errori e lo immette nella via della correzione. Seneca scrive: “Io mi metto sotto processo ogni giorno “. Alla sera, prima di andare a letto, “scruto l ‘intera mia giornata e controllo tutte le mie parole e azioni, senza nascondermi nulla, senza passar sopra a nulla”. Si tratta di interrogarsi su ciò che si è vissuto, sulle reazioni avute nei rapporti con gli altri, e porre tutto questo davanti alla parola di Dio e allo sguardo del Signore, per non cadere nei perfezionismi moralistici. La quotidianità è lo specchio che riflette per noi la nostra immagine e ci permette di convertirci alla luce della parola del Signore.
Luoghi di educazione alla preghiera
Dove ci si educa alla preghiera, c’è anche la vita. I luoghi di educazione alla preghiera sono anche i luoghi di trasmissione della vita. Non può essere diversamente visto che la preghiera è vita vissuta davanti a Dio. Questo comporta che l’educazione alla preghiera ha bisogno di testimoni, più che di maestri; di servi della Parola, più che di esegeti; e si nutre di fede semplice, di umanità autentica e di umile apertura all’azione dello Spirito. Sono ambiti di educazione alla preghiera, tra gli altri, la famiglia, le comunità, la liturgia e la paternità spirituale.
L‘accompagnamento spirituale è fondamentale nell’opera di iniziazione alla preghiera. Consente di sfuggire ai rischi del soggettivismo, del ‘fai da te’, dello spontaneismo. Il padre spirituale deve essere un uomo capace di trasmettere vita: un uomo che ha esperienza umana e spirituale e sa comunicarla. Non è affatto necessario che sia un teologo o un intellettuale, ma che abbia il dono del discernimento. Le difficoltà nella preghiera, i periodi di non senso e di aridità, le crisi che intervengono nel cammino di fede, sono situazioni che all’interno della relazione di paternità spirituale, segnata da fiducia e discrezione, possono essere affrontate ed elaborate.
(cfr Luciano Manicardi, monaco di Bose)