La liturgia quotidiana della Chiesa è intessuta della preghiera dei Salmi. Scrive Atanasio di Alessandria: “Mi sembra che i Salmi diventino per chi li canta come uno specchio perché possa osservare se stesso e i moti della propria anima, e recitare i Salmi con tali sentimenti”. Nel libro dei Salmi chi ascolta impara così a conoscere le passioni che lo fanno soffrire e lo tengono prigioniero.
In particolare i Salmi insegnano l ‘unità fra preghiera e vita. Essi non sono altro che vita e storia messe in preghiera, cioè davanti a Dio: dire che i salmi insegnano a pregare significa che insegnano a vivere le situazioni quotidiane davanti a Dio. Forse è questa la loro valenza più significativa. Essa implica infatti l ‘unità della persona umana: lungi da scissioni fra spirituale e materiale, fra piano intellettuale e piano della prassi, l’uomo (con tutto il suo essere e tutto il suo mondo) è implicato nella preghiera. L’unità tra preghiera e vita comprende anche l ‘intrinseco rapporto fra piano personale e piano comunitario: l’orante dei salmi non dice «io» senza dire al tempo stesso “noi”, senza cioè essere consapevole del suo inserimento nella Chiesa( cf. Sal 51, 20-21).
Insomma, i Salmi sono un costante appello alla conversione da forme anchilosate, edulcorate, atrofizzate di fede. Con l’infinita gamma di linguaggi che essi presentano (silenzio, lacrime, gemito, grido, sussurro, dialogo interiore, risa, stupore, confidenza, …) essi ricordano che la preghiera è
relazione con Dio, ma relazione vissuta, concreta, quotidiana, esistenziale, storica. Ricordano che la preghiera è vita vissuta davanti a Dio.