19 marzo 2023 – IV DOMENICA DI QUARESIMA/A
Il Vangelo della IV Domenica di Quaresima ci ricorda che, nonostante la nostra cecità, Dio è sempre disposto a guarire le nostre ferite perché siamo figli di Colui che è luce da luce.
Come il cieco del racconto di Giovanni, ciascuno di noi viene visto da Gesù, a sua volta non visto da noi, mentre quotidianamente passa per le strade della nostra vita concreta. Tante volte, accecati dalla nostra superbia e dal nostro egoismo, illusi di sapere già tutto e di bastare a noi stessi, brancoliamo nel buio, affannati nella ricerca di luci destinate a rivelarsi artificiali e fredde, rimanendo così insoddisfatti. Ciechi a causa del peccato, ci sono situazioni e incontri di guarigione, nei quali gettiamo la maschera e ci riconosciamo finalmente bisognosi di una luce nuova, calda e vera: se accogliamo l’azione di Dio in noi, se lasciamo che Gesù tocchi le nostre ferite più profonde, Lui è capace di operare cose stupende.
Dal primo libro di Samuele (16, 1b.4a. 6-7. 10-13a)
In quei giorni, il Signore disse a Samuele: «Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re». Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato.
Quando fu entrato, egli vide Eliàb e disse: «Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!». Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore».
Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi». Samuele chiese a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge». Samuele disse a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto.
Disse il Signore: «Àlzati e ungilo: è lui!». Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (5, 8-14)
Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto viene fatto in segreto da [coloro che disobbediscono a Dio] è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce. Per questo è detto: «Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà».
Dal vangelo secondo Giovanni (9, 1-41)
[ In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita ] e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».
Detto questo, [ sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». ] Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».
Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». ] Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». [ Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. ] Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».
Sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco. Letteralmente il verbo greco “epicrìo” significa “ungere”. Con questa unzione, che ci riporta con la mente ai riti di consacrazione di re e sacerdoti, si è resi nuova creatura, come nel battesimo, consacrati, cioè sacri con Cristo, l’unto per eccellenza. Basti pensare a questo proposito alla prima lettura da 1Sam: Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli e lo Spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi. L’unzione sugli occhi del cieco costituisce dunque un’azione creatrice: come in origine Dio aveva plasmato l’uomo con polvere del suolo e soffiato nelle sue narici un alito di vita, così ora Gesù, mescolando fango e saliva, rinnova il prodigio dell’unione di natura umana e natura divina. “Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe” – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. La creazione nuova, dopo l’unzione, si completa con l’immersione nell’acqua viva dell’Inviato, cioè di Cristo e della sua Parola che, lampada ai nostri passi, libera dalla cecità e ridona vita. Gli disse Gesù: “lo hai visto: è colui che parla con Te”. Ed egli gli disse: “Credo, Signore” e si prostrò dinanzi a lui. L’olio, tuttavia, non solo consacra, guarisce e sana ferite, ma illumina, rendendoci capaci di vedere il vero sole, Cristo. Illuminare ogni giorno gli occhi della nostra fede alla luce della Parola ci consente non solo di vedere il Signore ma anche, se lo desideriamo, di divenire a nostra volta inviati, assumendo uno sguardo profondo su noi stessi e sugli altri per guarire, insieme a Lui, le nostre ferite e le ferite dei nostri fratelli.
Commento francescano
La Parola e l’Eucarestia sono l’olio con cui il Signore desidera ogni giorno alimentare la lampada della nostra fede e donarci l’unguento per guarire la nostra cecità, come accadde alla donna cieca di Tebe che, nel giorno di San Francesco, si fece condurre alla chiesa dei frati minori. Durante la celebrazione, «al momento dell’elevazione del Corpo di Cristo, aprì gli occhi, vide con chiarezza, si prostrò in devotissima adorazione […] con la gioia nello Spirito e la luce negli occhi, tornò a casa sua, tutta esultante, non solo perché aveva recuperato la vista, ma anche perché le era stato concesso di vedere, prima di ogni altra cosa, quel misterioso sacramento che è luce vera e viva dell’anima». (FF 1300)