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PREGARE – 28 Novembre 2017

   Ecco il testo di una preghiera redatta dal maestro chassidico Nachman di Brazlav: « Sia la tua volontà, Dio nostro e Dio dei nostri padri, il togliere dalla faccia della terra le guerre e lo spargimento di sangue; fare in modo che nel mondo regni una pace grande e bella; che nessun popolo sollevi la spada contro un altro popolo e che non apprendano più l’arte della guerra; che tutti gli abitanti della terra riconoscano la Verità e siano consapevoli che non siamo venuti al mondo per la contesa e il conflitto, l’odio, la gelosia e le angherie, e nemmeno per spargere sangue, ma per conoscerti per sempre! ».

PICCOLE SCINTILLE DI SAGGEZZA EBRAICA (VICTOR MALKA) – 27 Novembre 2017

Ancor oggi, in tutte la sinagoghe del mondo, questi brevi commenti vengono raccontati.

TACERE E ASCOLTARE

Rabbi Meir Yechiel, il saggio di Ostrowice, che fu un genio dell’ebraismo polacco, era figlio di un fornaio. Era noto per i  suoi silenzi. Pronunciava una parola solamente in caso di estrema necessità. Un allievo gli domandò il motivo di tale atteggiamento: « Ti spiego. Un giorno mio padre mi disse che l’arte del fornaio consiste in questo: più il forno rimane chiuso, più forte è il calore che se ne sprigiona. È a questo che penso ogni volta che ho voglia di parlare ».

Naftali di Ropshitz diceva: « La gente pensa che la grande dignità dell’uomo stia nell’avere la facoltà di esprimersi. Per parte mia penso che il potere del’ascolto sia più prezioso di tutto il resto».

MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA I GIORNATA MONDIALE DEI POVERI – 26 Novembre 2017

 I POVERI DALLE PORTE AL CUORE DELLA CHIESA

   Invito la Chiesa intera e gli uomini e le donne di buona volontà a tenere fisso lo sguardo, in questo giorno, su quanti tendono le loro mani gridando aiuto e chiedendo la nostra solidarietà. Sono nostri fratelli e sorelle, creati e amati dall’unico Padre celeste. Questa Giornata intende stimolare in primo luogo i credenti perché reagiscano alla cultura dello scarto e dello spreco, facendo propria la cultura dell’incontro. Al tempo stesso l’invito è rivolto a tutti, indipendentemente dall’appartenenza religiosa, perché si aprano alla condivisione con i poveri in ogni forma di solidarietà, come segno concreto di fratellanza.

   Dio ha creato il cielo e la terra per tutti; sono gli uomini, purtroppo, che hanno innalzato confini, mura e recinti, tradendo il dono originario destinato all’umanità senza alcuna esclusione.

 

Benedette le mani

che si aprono ad accogliere

i poveri e a soccorrerli:

sono mani che portano la

speranza.

 

Benedette le mani

che superano ogni barriera di cultura,

di religione e di nazionalità

versando olio di consolazione sulle piaghe

dell’umanità.

 

Benedette le mani

Che si aprono senza chiedere nulla in cambio,

senza “se”, senza “però”, senza “forse”:

sono mani che fanno scendere sui fratelli

la benedizione di Dio.

MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA I GIORNATA MONDIALE DEI POVERI – 25 Novembre 2017

                                                                                     MANI BENEDETTE

   Tutti questi poveri – come amava dire il Beato Paolo VI – appartengono alla Chiesa per «diritto evangelico»  (Discorso di apertura della II sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II, 29 settembre 1963) e obbligano all’opzione fondamentale per loro. Benedette, pertanto, le mani che si aprono ad accogliere i poveri e a soccorrerli: sono mani che portano speranza. Benedette le mani che superano ogni barriera di cultura, di religione e di nazionalità versando olio di consolazione sulle piaghe dell’umanità.

   Benedette le mani che si aprono senza chiedere nulla in cambio, senza “se”, senza “però” e senza “forse”: sono mani che fanno scendere sui fratelli la benedizione di Dio. Al termine del Giubileo della Misericordia ho voluto offrire alla Chiesa la Giornata Mondiale dei Poveri, perché in tutto il mondo le comunità cristiane diventino sempre più e meglio segno concreto della carità di Cristo per gli ultimi e i più bisognosi. Alle altre Giornate mondiali istituite dai miei Predecessori, che sono ormai una tradizione nella vita delle nostre comunità, desidero che si aggiunga questa, che apporta al loro insieme un elemento di completamento squisitamente evangelico, cioè la predilezione di Gesù per i poveri.

 

MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA I GIORNATA MONDIALE DEI POVERI – 24 Novembre 2017

                                                                                 I POVERI SONO VOLTI

   La povertà ha il volto di donne, di uomini e di bambini sfruttati per vili interessi, calpestati dalle logiche perverse del potere e del denaro. Quale elenco impietoso e mai completo si è costretti a comporre dinanzi alla povertà frutto dell’ingiustizia sociale, della miseria morale, dell’avidità di pochi e dell’indifferenza generalizzata! Ai nostri giorni, purtroppo, mentre emerge sempre più la ricchezza sfacciata che si accumula nelle mani di pochi privilegiati, e spesso si accompagna all’illegalità e allo sfruttamento offensivo della dignità umana, fa scandalo l’estendersi della povertà a grandi settori della società in tutto il mondo.

   Dinanzi a questo scenario, non si può restare inerti e tanto meno rassegnati. Alla povertà che inibisce lo spirito di iniziativa di tanti giovani, impedendo loro di trovare un lavoro; alla povertà che anestetizza il senso di responsabilità inducendo a preferire la delega e la ricerca di favoritismi; alla povertà che avvelena i pozzi della partecipazione e restringe gli spazi della professionalità umiliando così il merito di chi lavora e produce; a tutto questo occorre rispondere con una nuova visione della vita e della società.

 

MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA I GIORNATA MONDIALE DEI POVERI – 23 Novembre 2017

UNA CHIESA CHE STIMA UNA CHIESA POVERA

   La loro mano tesa verso di noi è anche un invito ad uscire dalle nostre certezze e comodità,  e a riconoscere il valore che la povertà in sé stessa costituisce. Non dimentichiamo che per i discepoli di Cristo la povertà è anzitutto una vocazione a seguire Gesù povero. È un cammino dietro a  Lui, un cammino che conduce alla beatitudine del Regno dei cieli (cfr Mt 5,3; Lc 6,20). Povertà significa un  cuore umile che sa accogliere la propria condizione di creatura limitata e peccatrice per superare la tentazione di onnipotenza, che illude di essere immortali.

   La povertà è un atteggiamento del cuore che impedisce di pensare al denaro, alla carriera, al lusso come obbiettivo di vita e condizione per la felicità. È la povertà, piuttosto, che crea le condizioni per assumere liberamente le responsabilità personali e sociali, nonostante i propri limiti, confidando nella vicinanza di Dio e sostenuti dalla sua grazia. La povertà, così intesa, è il metro che permette di valutare l’uso corretto dei beni materiali, e anche di vivere in modo non egoistico e possessivo i legami e gli affetti (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn.25-45).

   Facciamo nostro, pertanto, l’esempio di san Francesco, testimone della genuina povertà. Egli, proprio perché teneva fissi gli occhi su Cristo, seppe riconoscerlo e servirlo nei poveri. Se, pertanto, desideriamo offrire il nostro contributo efficace per il cambiamento della storia, generando vero sviluppo, è necessario che ascoltiamo il grido dei poveri e ci impegniamo a sollevarli dalla loro condizione di emarginazione. Nello stesso tempo, ai poveri che vivono nelle nostre città e nelle nostre comunità ricordo di non perdere il senso della povertà evangelica che portano impresso nella loro vita.

   Conosciamo la grande difficoltà che emerge nel mondo contemporaneo di poter identificare in maniera chiara la povertà. Eppure, essa ci interpella ogni giorno con i suoi mille volti segnati dal dolore, dall’emarginazione, da sopruso, dalla violenza, dalle torture e dalla prigionia, dalla guerra, dalla privazione della libertà e della dignità, dall’ignoranza e dall’analfabetismo, dall’emergenza sanitaria e dalla mancanza di lavoro, dalle tratte e dalle schiavitù, dall’esilio e dalla miseria, dalla migrazione forzata.

MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA I GIORNATA MONDIALE DEI POVERI – 22 Novembre 2017

DAL DARE AI POVERI A STARE CON I POVERI

   Quante pagine di storia, in questi duemila anni, sono state scritte da cristiani che, in tutta semplicità e umiltà, e con la generosa fantasia della carità,  hanno servito i loro fratelli più poveri!

   Tra tutti spicca l’esempio di Francesco d’Assisi, che è stato seguito da numerosi altri uomini e donne santi nel corso dei secoli. Egli non si accontentò di abbracciare e dare l’elemosina ai  lebbrosi, ma decise di andare a Gubbio per stare insieme con loro. Lui stesso vide in quest’incontro la svolta della sua conversione: « Quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo » (Test 1-3: FF 110). Questa testimonianza manifesta la forza trasformatrice della carità e lo stile di vita dei cristiani.

   Sempre attuali risuonano le parole del santo vescovo Crisostomo: « Se volete onorare il corpo di Cristo, non disdegnatelo quando è nudo; non onorate il Cristo eucaristico con paramenti di seta, mentre fuori del tempio trascurate quest’altro Cristo che è afflitto dal freddo e dalla nudità » (Hom. in Matthaeum, 50, 3: PG 58). Siamo chiamati, pertanto, a tendere la mano ai poveri, a incontrarli, guardarli negli occhi, abbracciarli, per far sentire loro il calore dell’amore che spezza il cerchio della solitudine.

MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA I GIORNATA MONDIALE DEI POVERI – 21 Novembre 2017

LA SEQUELA È L’AMORE

L’amore non ammette alibi: chi intende amare come Gesù ha amato, deve fare proprio il suo esempio; soprattutto quando si è chiamati ad amare i poveri. Il modo di amare del Figlio di Dio, d’altronde, è ben conosciuto, e Giovanni lo ricorda a chiare lettere. Esso si fonda su due colonne portanti: Dio ha amato per primo (cfr 1 Gv 4,10.19); e ha amato dando tutto sé stesso, anche la propria vita (cfr 1 Gv 3,16).

Un tale amore non può rimanere senza risposta. Pur essendo donato in maniera unilaterale, senza richiedere cioè nulla in cambio, esso tuttavia accende talmente il cuore che chiunque si sente portato a ricambiarlo nonostante i propri limiti e peccati. E questo è possibile se la grazia di Dio, la sua carità misericordiosa viene accolta, per quanto possibile, nel nostro cuore, così da muovere la nostra volontà  e anche i nostri affetti all’amore per Dio stesso e per il prossimo.

 

UN PRIMO SEGNO IL SERVIZIO AI POVERI

È certamente uno dei primi segni con i quali la comunità cristiana si presentò sulla scena del mondo: il servizio ai più poveri. Tutto ciò le era possibile perché aveva compreso che la vita dei discepoli di Gesù doveva esprimersi in una fraternità e solidarietà tali, da corrispondere all’insegnamento principale del Maestro che aveva proclamato i poveri beati ed eredi del Regno dei cieli (cfr Mt 5,3).

« Vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno » (At 2,45). Questa espressione mostra con evidenza la viva preoccupazione dei primi cristiani. L’evangelista Luca, l’autore sacro che più di ogni altro ha dato spazio alla misericordia, non fa nessuna retorica quando descrive la prassi di condivisione della prima comunità. Al contrario, raccontandola intende parlare ai credenti di ogni generazione, e quindi anche a noi, per sostenerci nella testimonianza e provocare la nostra azione a favore dei poveri.

MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA I GIORNATA MONDIALE DEI POVERI – 20 Novembre 2017

NON AMIAMO A PAROLE MA CON I FATTI

« Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità » (1Gv 3,18). Queste parole dell’apostolo Giovanni esprimono un imperativo da cui nessun cristiano può prescindere. La serietà con cui il “discepolo amato” trasmette fino ai nostri giorni il comando di Gesù è resa ancora più accentuata per l’opposizione che rileva tra le parole vuote che spesso sono sulla nostra bocca e i fatti concreti con i quali siamo invece chiamati a misurarci.

POESIA DI UN SOLDATO – 19 Novembre 2017

Ascolta, Dio! Mai prima dora in vita mia

ti ho parlato, ma oggi

ho voglia di mandarti un saluto.

Lo sai, fin da piccolo mi han sempre detto

che non esisti… e io stupido ci ho creduto.

Non ho mai contemplato le tue opere,

ma questa notte ho guardato

dal cratere di una granata

al cielo di stelle sopra di me

 e di colpo ho capito, ammirando il loro scintillio,

quanto crudele possa essere l’inganno…

Non so, Dio, se mi darai la mano.

Ma voglio dirti qualcosa, e Tu mi capirai…

Non è strano che in mezzo al più tremendo inferno

d’un tratto mi sia apparsa la luce e abbia scorto Te?

Più di questo non c’è niente da dire…

Solo questo mi fa felice, che ti ho conosciuto.

A mezzanotte dobbiamo attaccare,

ma non ho paura, Tu vegli su di noi.

È il segnale! Che vuoi farci, vado.

Si sta bene con Te…

Voglio ancora dirti che, come sai,

la battaglia sarà dura,

può darsi che questa notte stessa venga da Te a bussare.

E anche se finora non sono stato tuo amico,

quando verrò mi farai entrare?

Ma che succede, piango?

Dio mio, Tu vedi cosa mi è successo,

soltanto ora comincio a veder chiaro.

Addio, mio Dio, vado… difficilmente tornerò.

Ma com’è strano, ora la morte non mi fa paura…

CHIAMATI A TRASFIGURARE IL MONDO – 18 Novembre 2017

   Nel torrente del samizdat, padre Scalfi riservava naturalmente una particolare attenzione ai testi che giungevano dai cristiani, sottolineando il loro impeto missionario e la lieta certezza della vittoria di Cristo, che permetteva loro di vivere e operare lietamente in un mondo così segnato dal male dell’ideologia, di tendere alla sua trasfigurazione e contemporaneamente di valorizzare tutto il bene che vedevano, nei cristiani ma anche in ogni uomo incontrato, indipendentemente dalla sua appartenenza culturale e religiosa..

 

   Chi ritorna dai lager in Russia spesso dice che lì ha trovato se stesso. Ma ho un episodio meraviglioso da raccontare. Subito dopo la rivoluzione i cristiani potevano ancora parlare. Un giorno arriva un propagandista per dimostrare scientificamente che Dio non poteva esistere. Dopo aver parlato a lungo dice: « Beh, adesso se qualcuno ha obiezioni da fare venga avanti ». Un vecchio allora si alza e dice: « Fratelli, Cristo è risorto! ». A queste parole tutti si alzano e rispondono a gran voce: « In verità è risorto ». La Resurrezione, quell’avvenimento, le parole di quella liturgia erano nella loro carne. Per la spiritualità russa la resurrezione anima la speranza di ogni giorno. Con quell’avvenimento si può sfidare la perfidia del mondo e il proprio male, come testimonia la rinascita cristiana sotto la persecuzione.

Da Il gran padre della Pasqua,

« Il Sabato », 21 aprile 1984

 

VIVERE SENZA MENZOGNA – 17 Novembre 2017

   Uno degli aspetti che maggiormente impressiona nei testi del samizdat è il « mea culpa » che gli autori pronunciano dinnanzi alla catastrofe della rivoluzione e del regime ateo e repressivo che le seguì. Proprio questo aspetto, più di ogni altro, colpì padre Scalfi all’apparire in Occidente di Arcipelago GULag di Solženicyn e del suo appello « Vivere senza menzogna ».

   Quando la violenza irrompe nella pacifica vita degli uomini, il suo volto arde di tracotanza, e porta scritto sulla bandiera e grida: « IO SONO LA VIOLENZA! Via, fate largo o vi schiaccio! ». Ma la violenza invecchia in fretta, dopo pochi anni non è più tanto sicura di sé, e per reggersi, per salvare la faccia, deve inevitabilmente allearsi con la menzogna. Infatti la violenza non ha altro con cui coprirsi se non la menzogna, e la menzogna non può reggersi se non con la violenza. Non tutti i giorni né su tutte le spalle la violenza abbatte la sua pesante zampa: da noi esige solo docilità alla menzogna, quotidiana compartecipazione ad essa. Non occorre altro per esserne sudditi fedeli.

   Ed è proprio qui che si trova la chiave della nostra liberazione, una chiave che abbiamo trascurato e che pure è tanto semplice e accessibile: IL RIFIUTO DI PARTECIPARE PERSONALMENTE ALLA MENZOGNA. Anche se la menzogna ricopre ogni cosa, anche se domina dappertutto, su un punto siamo inflessibili: che non domini PER OPERA MIA!

   È questa la breccia nel presunto cerchio della nostra inazione: la breccia più facile da realizzare per noi, la più distruttiva per la menzogna. Perché, se gli uomini ripudiano la menzogna, essa cessa semplicemente di esistere. Come un contagio, può esistere solo negli uomini…

                                                                             

Aleksandr Solženicyn

                                                                                                              Mosca, 12 febbraio 1974

RESPONSABILE DI TUTTO CIÒ CHE ACCADE – 16 Novembre 2017

   Leonard Ternovskij, nato nel 1933, medico, si batte in difesa dei diritti umani. Arrestato nel 1980 per « attività antistatale », viene condannato a 3 anni di lager. Nel 1991 viene riabilitato. È morto a Mosca nel 2006.

   La convinzione che la cosa più terribile e deleteria sia tacere davanti alle ingiustizie si è venuta formando in me per effetto dei documenti del XX congresso del PCUS. Il ’56 è stato l’anno del mio risveglio civile. Ho compreso che per quanto insignificante fossi di fronte alle proporzioni del mio paese, ero tuttavia responsabile di tutto ciò che vi accadeva. Si trattava ancora di idee molto iniziali. Deciso soprattutto a rifiutare tutto ciò che fosse connesso  con la violenza, non riuscivo però a vedere alcuna possibilità di una protesta intelligente, dotata di sbocchi costruttivi. Verso la fine degli anni ’60 ho conosciuto delle persone che combattevano apertamente contro quello che ritenevano ingiusto. Il fatto che usassero come strumento la parola, e solo la parola, così come il coraggio con cui agivano, mi infondeva simpatia e rispetto. Vedevo che all’ingiustizia si poteva contrapporre una posizione umana decisa e una parola aperta.

   Oggi mi si imputa a colpa la mia pubblica attività, che io definisco « difesa dei diritti umani», e invece l’accusa chiama « diffusione di menzogne denigratorie ». Ho partecipato all’attività della Commissione  per la psichiatria, ho firmato innumerevoli documenti e comunicati. Ho già detto che sono convinto della loro veridicità.

   Avevo previsto il mio arresto e questo processo. Questo naturalmente non significa che desiderassi andare a finire in prigione. Non sono un quindicenne, ho 50 anni, e quindi non ho più idee romantiche per la testa. Avrei preferito scampare alla galera. Ma rinunciare per questo a ciò che secondo me è il mio dovere lo considero indegno.

   Ora ascolterò la vostra decisione. Ma so che la condanna è anche, in certo modo, il segno dell’importanza di quanto ho fatto e detto. E in futuro la mia riabilitazione sarà inevitabile, così come ora lo è la mia condanna…

   Secondo le mie convinzioni ho cercato di lottare contro l’ingiustizia, di aiutare la gente, di fare del bene. Così si spiegano tutte le mie proteste e tutta la mia attività. Vado in prigione con la coscienza pulita.

 

                                                                  Dall’ultimo intervento al processo, 30 dicembre 1980

« Russia cristiana »

SAMIZDAT: UNA RISPOSTA AL GRIDO DELL’UOMO DI OGGI – 15 Novembre 2017

Per Grossman come per tutti gli autori del samizdat la grandezza dell’uomo è preminente a ogni struttura socio-politica. E questo lo esprime in un modo unico, in situazioni tragiche, che sembrerebbero dover togliere ogni libertà all’uomo; proprio osservando i lager, la guerra, giunge alla conclusione: l’uomo è libero in ogni situazione. Sono sue le parole: « La mia fede io l’ho temprata nell’inferno, la mia fede è uscita dal fuoco dei forni crematori  ». Qual è questa fede? « Ho visto che non è l’uomo a essere impotente nella lotta contro il male, ma è il potente male a essere impotente quando lotta contro l’uomo ».  Non ho trovato un’espressione di fede nell’uomo come questa, ma è una fede nell’uomo che è particolarmente nostra, per chi crede in Dio.

(Padre Romano Scalfi)

SAMIZDAT: UNA RISPOSTA AL GRIDO DELL’UOMO DI OGGI – 14 Novembre 2017

Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 padre Scalfi si dedicò sempre di più a far conoscere il samizdat, cioè i testi che si diffondevano clandestinamente in Unione Sovietica per esprimere la resistenza all’ideologia imperante ma soprattutto per testimoniare una visione dell’uomo inteso come libertà, responsabilità e comunione. Questi testi non erano necessariamente di autori cristiani, e andavano da lettere aperte e appelli, a poesie, romanzi, saggi di filosofia e  teologia. In comune, avevano la fede nell’uomo.

« Se accendono le stelle vuol dire che qualcuno ne ha bisogno? » (Majakovskij). Noi rispondiamo positivamente. Abbiamo bisogno delle stelle. Abbiamo bisogno di goni cosa bella, buona e vera, perché abbiamo bisogno di felicità. Soltanto che la felicità, come l’arte, come la vita, ha bisogno di una roccia su cui edificarsi se vuol essere una casa che resiste alle tempeste, per non crollare, come dice il Vangelo. Václav Havel ha definito la cultura « rapporto del particolare con l’assoluto ». La felicità, parte della cultura di un popolo sano, non può essere da meno. Riconosco che a parlare oggi del desiderio di felicità, della ricerca della verità, si passa per gente non aggiornata, ma come cantava Okudžava, «  finché la terra ancor gira, finché la luce è ancora chiara », vale la pena ostinarsi nel coltivare questo desiderio e insistere in questa ricerca.

 

(Padre Romano Scalfi)