LECTIO DIVINA – 23 Giugno 2019 – Santissimo Corpo e Sangue di Cristo / C

 

Gn 14, 18-20; Sal 109; 1 Cor 11, 23-26; Lc 9, 11b-17

 

La liturgia di questa domenica celebra la solennità del Corpo del Signore, è la festa dell’Eucaristia. Oggi adoriamo il Corpo del Signore, presenza reale di Gesù Cristo, corpo spezzato e donato per la salvezza di ogni uomo. L’Eucaristia richiama l’Incarnazione, il desiderio da parte di Dio di rimanere con noi sempre, ed è così che si è fatto il Pane della vita elevandoci non solo alla comunione con lui ma a diventare come lui nell’amore, “Così perfetto è il mistero della comunione, a preferenza di ogni altro sacramento, che conduce all’apice di tutti i beni: qui è l’ultimo termine di ogni desiderio umano desiderio, in esso conseguiamo Dio e Dio si congiunge a noi con l’unione più perfetta; quale unione infatti potrebbe essere più assoluta di questa, per cui diventiamo un solo Spirito con Dio? (…) E’ il pane di vita che muove chi se ne nutre, lo trasforma e lo assimila; siamo noi ad essere mossi da lui e a vivere della vita che è in lui” (Nicola Cabasilas, Libro IV, La vita in Cristo). Ecco l’Eucaristia quale scuola dove s’impara ad amare alla misura di Dio.

 

 

Testo e commento alle letture

 

Dal libro della Genesi (14, 18-20)

 

In quei giorni Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole:
 «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra,
 e benedetto sia il Dio altissimo,
che ti ha messo in mano i tuoi nemici».
 E (Abramo) diede la decima di tutto.

La prima lettura ci presenta la figura di Melchìsedek, il cui nome significa re di giustizia, anche re di Salem, cioè re di pace. Questo personaggio misterioso, come lo descrive la lettera agli Ebrei, “era senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di Dio, rimane sacerdote per sempre” (Eb 7, 3). Melchìsedek è un re sacerdote, re di Gerusalemme che offre pane e vino e benedice Abramo da parte di Dio, è così il simbolo di un sacerdozio umano e sacro che prefigura il sacerdozio di Cristo: Gesù che si dona nell’Eucaristia, è lui il nostro Sommo Sacerdote, l’unico mediatore tra Dio e gli uomini.

Col nostro battessimo siamo sacerdoti anche noi e possiamo offrire la nostra vita al Signore, benedire ogni situazione della vita anche le più sofferenti e devastanti, benedire ogni nostro fratello nella fede. Come Abramo siamo chiamati a donare tutta la nostra esistenza a Dio.

           

 

Dalla prima lettera di San paolo apostolo ai Corinzi (11, 23,26)

 

Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me.. Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga».

 

Nella seconda lettura, l’apostolo Paolo esorta la comunità dei Corinzi ad una giusta celebrazione della cena del Signore perché i ricchi arrivano sazi mentre i poveri restavano a digiuno e questo comportamento causava divisione tra loro. Paolo in questo brano riporta le parole di Gesù durante la sua ultima cena: Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me. Queste parole sono per Paolo il cuore della vita della Chiesa, il ‘per voi’ diventa per me, per tutti; ed a partire dall’Eucaristia che la Chiesa si edifica come Corpo di Cristo. Tutta la comunità cristiana partecipa in modo efficace all’evento salvifico di Gesù partecipando al banchetto eucaristico non solo per ricordare la passione, morte e risurrezione di Gesù ma per assumere la vita di Cristo, prendere su di noi la sua storia e farla nostra, fare memoria di lui vivendo come lui nell’amore. Annunciamo la nostra appartenenza e comunione con lui coll’amore fraterno.

 

          

Testo e commento al Vangelo

 

Dal Vangelo secondo Luca (9, 11b-17)

 

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

 

 

L’evangelista Luca oggi ci presenta Gesù come il Salvatore, come l’unico Pane che sazia, Gesù è colui che rimarrà presente nella comunità attraverso il suo corpo e il suo sangue. Nel linguaggio di quel tempo il corpo voleva esprimere la persona. Nel vangelo di questa domenica Gesù spezza il pane e lo offre alle folle perché siano saziati. E’ Gesù stesso che si offre a noi come pane. Mangiare questo pane, mangiare lui significa diventare una sola cosa con Gesù, condividere la sua morte e risurrezione.

 

Mosso a compassione, Gesù vedendo la folla guarisce, sfama, moltiplica per loro cinque pani e due pesci. E’ il nostro Dio, si prende cura di noi ed è attento e pronto a guarire le nostre infermità, sa che siamo deboli e come una madre non può abbandonarci. La sua presenza e il suo amore si rendono visibili concretamente attraverso l’amore e la cura che i nostri fratelli hanno per noi.

 

“Ogni celebrazione eucaristica attualizza sacramentalmente il dono che Gesù ha fatto della propria vita sulla Croce per noi e per il mondo intero. Al tempo stesso, nell’Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni fratello e sorella” (Sacramentum caritatis, Benedetto XVI). Il più grande miracolo è la condivisione, il donare Dio e noi stessi agli altri, in questo modo prolunghiamo l’amore di Cristo, moltiplichiamo l’amore gratuito che riceviamo ogni giorno nell’Eucaristia.

 

 

Commento patristico

 

Tutta quanta la città redenta, cioè l’assemblea e la società dei santi, offre un sacrificio universale a Dio per opera del Sommo Sacerdote che nella passione ha offerto anche se stesso per noi, assumendo la forma di servo, e costituendoci come corpo di un Capo tanto importante (…) Questo è il sacrificio dei cristiani: “Pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo” (Rm 12, 5); e la Chiesa lo rinnova continuamente nel sacramento dell’altare, noto ai fedeli, dove si vede che, in ciò che offre, offre anche se stessa (cfr De civitate Dei 10,6 di Sant’Agostino vescovo)

  

 

Commento Francescano

 

E, prossimo alla passione, celebrò la pasqua con i suoi discepoli, e prendendo il pane, rese grazie, lo benedisse e lo spezzò dicendo: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo” (Mt 26,26). E prendendo il calice disse: “Questo è il mio sangue della nuova alleanza, che per voi e per molti sarà sparso in remissione dei peccati”. Poi pregò il Padre dicendo: “Padre, se è possibile, passi da me questo calice”. E il suo sudore divenne simile a gocce di sangue che scorre per terra. Depose tuttavia la sua volontà nella volontà del Padre dicendo: “Padre, sia fatta la tua volontà; non come voglio io, ma come vuoi tu”.

E la volontà di suo Padre fu questa, che il suo figlio benedetto e glorioso, che egli ci ha donato ed è nato per noi, offrisse se stesso, mediante il proprio sangue, come sacrificio e vittima sull’altare della croce, non per sé, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, ma in espiazione dei nostri peccati, lasciando a noi l’esempio perché ne seguiamo le orme. E vuole che tutti siamo salvi per mezzo di lui e che lo riceviamo con cuore puro e con il nostro corpo casto (Lettera ai fedeli, FF 183-184).

 

 

Orazione finale

 

L’Eucaristia ci fa scoprire che Cristo, morto e risorto, è nostro contemporaneo nel mistero della Chiesa, suo Corpo. Di questo mistero d’amore siamo resi testimoni. Auguriamoci vicendevolmente di andare colmi di gioia e di meraviglia all’incontro con la santa Eucaristia, per sperimentare e annunciare agli altri la verità della parola con cui Gesù si è congedato dai suoi discepoli: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Amen.

(Sacramentum caritatis, Benedetto XVI). 

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