Is 55,6-9; Sal 144,2-3.8-9.17-18; Fil 1,20c-24-27; Mt 20,1-16
Le letture della XXV Domenica del tempo ordinario ci invitano a riflettere su come le nostre vie, i nostri pensieri, i nostri desideri e i nostri progetti di vita siano diversi e lontani dal progetto che Dio ha per ciascuno di noi. Dio vuole far sì che diventiamo suoi discepoli e suoi testimoni incarnando la sua Parola nella nostra vita e vivendo l’Amore e la carità verso i nostri fratelli ma noi dobbiamo ricordarci che la sua logica, la logica del Vangelo, non solo è diversa dalla logica del mondo, ma la supera.
Commento alle letture
La prima lettura, tratta dal libro del profeta Isaia, è uno scritto profetico redatto durante l’esilio a Babilonia mentre gli ebrei erano schiavi. La salita al trono del re Ciro sembrò una nuova opportunità per il popolo eletto che colse il successo del re come una possibilità di liberazione. Il profeta Isaia però lo richiama a ritornare a Dio seguendo una via senza grandezza di prestigio, come al contrario sognavano gli ebrei. La parola del Profeta è un richiamo ad abbandonarsi a Dio seguendo le sue vie:
“ I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” .
Dovremmo meditare a lungo queste parole ed applicarle nella nostra vita quotidiana, infatti l’abbandono totale in Dio ci porta a modificare il nostro modo di pensare e di agire.
Nella seconda lettura l’apostolo Paolo, rivolgendosi alla comunità dei Filippesi, dice che ad ogni cristiano deve stare a cuore l’appartenenza e la fedeltà a Cristo. “Essere con Gesù” deve essere il più grande desiderio di ogni credente per poter vivere evangelicamente la propria vita fino a rinnegare sé stessi. “Per me vivere è Cristo” ci dice san Paolo, questa espressione si può tradurre “per me Cristo è tutto”: è il fine per cui fatico, la ricompensa delle mie tribolazioni.
Commento al Vangelo
La parabola evangelica di questa domenica ci invita alla conversione di tutto noi stessi perché i ragionamenti umani non valgono per Dio. Anche la giustizia degli uomini non è come Dio amministra la sua giustizia.
Gesù paragona il suo Regno ad un padrone di casa che esce all’alba per le piazze per prendere a giornata dei lavoratori per la sua vigna. Gesù chiama tutti a lavorare per il Regno dei cieli e non fa differenze di persone, non misura e non valuta gli altri in base a quanto lavorano… Gesù a chi incontra nella piazze dice: “Andate anche voi nella vigna” . Infatti stare una giornata senza fare niente crea angoscia, perdita della speranza, toglie il respiro al cuore. Poi finalmente la chiamata ed è la gioia, la vita, si risuscita. Il lavoro è vero dono di vita e se tutti comprendessimo questa verità, avremmo un altro rapporto con Dio.
Gesù in questa parabola alla fine della giornata, iniziando dagli ultimi lavoratori, paga ciascun operaio con un denaro, gli ultimi operai vedendo ciò iniziano a mormorare dicendo: “ Questi ultimi hanno lavorato soltanto un’ora e li ha trattati come noi , che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Gesù risponde loro: “Non posso fare delle mie cose quello che voglio?” Per ognuno di noi l’agire di Dio in alcune situazioni, sembra ingiusto. Infatti, in un rapporto di lavoro puramente umano la critica degli operai sarebbe più che ragionevole, ma qui si tratta del rapporto tra l’uomo e Dio, dove ciò che conta non è la durata del lavoro ma la risposta d’amore all’Amore gratuito del Padre. Chi di noi non avrebbe reagito e criticato il padrone della vigna come hanno fatto i primi operai? Quante volte nel nostro quotidiano misuriamo quante azioni o quante faccende l’altro compie? Giudicare, misurare, criticate l’altro è frutto di gelosia ed invidia e ciò non ci fa relazionare bene né con il nostro prossimo e né con il Signore e neppure con noi stessi. Nella sua vigna c’è spazio per tutti e ogni ora può essere quella giusta. Così come ogni nostra situazione di vita deve essere la vigna che ci è affidata per curarla e metterla in grado di portare molto frutto e questo non per rinchiuderci egoisticamente in un ambito ristretto ma per riconoscerci a partire dal concreto dell’esistenza.
Siamo tutti pronti a riconoscerci tra gli operai che hanno accettato l’invito della prima ora, ma quale potrà essere la chiamata che il Signore ci riserva per l’ultima ora, per la sera della nostra vita?
Riconoscersi tra i chiamati alla salvezza deve significare renderci disponibili ad accogliere ogni chiamata, anche la meno gratificante, o la più difficile e dolorosa.
Commento francescano
San Francesco nel capitolo XV della Vita Prima di san Tommaso da Celano ammoniva i frati dicendo loro : “Gelosia, malizia, rancore, diverbi, sospetto e amarezza non trovino posto tra di voi, ma soltanto concordia, costante serenità, azioni di ringraziamento e di lode. Ecco i princìpi con i quali il pio padre educava i suoi figli e non semplicemente a parole, ma soprattutto con le opere e nella verità. Francesco infatti provava invidia solo verso i più poveri di lui ma ciò si vive soltanto se il cuore è umile, mite e se è libero da desideri di grandezza e di dominio. Cerchiamo di seguire l’insegnamento dell’apostolo Paolo che diceva: “ Gareggiate nello stimarvi a vicenda”.
Orazione finale
O Padre, giusto e grande nel dare all’ultimo operaio come al primo, le tue vie distano dalle nostre vie quanto il cielo dalla terra ; apri il nostro cuore all’intelligenza delle parole del tuo Figlio, perché comprendiamo l’impagabile onore di lavorare nella tua vigna fin dal mattino. Per il nostro Signore.