LECTIO DIVINA – XXI T.O. \ A – 27 Agosto 2017

(Is 22,19-23; Sal 137/138,1-3.6.8; Rm 11,33-36; Mt 16,13-20)

Riconoscere la presenza di Cristo, Figlio del Dio vivente, (Mt 16,16) che salva l’uomo dalla morte, non è un dono di natura. Nell’abitudine al consumo frenetico di beni, relazioni, esperienze, nel panico creato dal terrorismo islamico fondamentalista, nell’incertezza del futuro oscurato dalla crisi economica e dalla disoccupazione, solo il “tocco soprannaturale” di Dio Padre ci permette di vedere che la salvezza dell’uomo è in atto nonostante tutto.

Il “tocco” che la voce di Dio dà personalmente all’anima si consolida e dà frutto se il cristiano cammina con la Chiesa, in ascolto di Pietro e dei suoi successori.

Commento alle Letture

Nella Prima lettura, Isaia narra la caduta di Sebna, vicerè della casa di Davide, assetato di potere e conquistato dagli idoli di cultura egiziana. Dio stesso lo spoglia dei simboli di regalità e di potere, per rivestirne Eliakìm (in aramaico “alzato, risuscitato da Dio”). Sulle spalle di quest’ultimo porrà il privilegio e insieme il peso della responsabilità delle “chiavi” ovvero il dono di discernere e guidare le sorti della casa di Davide e degli abitanti di Gerusalemme nella storia. Eliakìm, prefigura di Pietro, e Gerusalemme, figura della Chiesa, anticipano nell’AT le caratteristiche future della Chiesa di Cristo: un popolo guidato da un “capo” prescelto da Dio, capace di mettersi a servizio della sua gente.

La presenza di una guida voluta dal Signore stesso e da Lui illuminata, offre ai cristiani la chiave di lettura per avvicinarsi agli “insondabili giudizi” e alle vie “inaccessibili” di Dio nella storia personale e comunitaria (Rm 11,33-36). L’immagine e somiglianza dell’uomo al Creatore di “tutte le cose” (v. 36) emerge sotto la superficie del peccato, degli errori, dei limiti, se viviamo una relazione con Lui nella preghiera, nella Messa, nei Sacramenti, nella lettura quotidiana di qualche passo, anche breve, della Bibbia.

Commento al Vangelo

Gesù conduce i discepoli a Cesarea di Filippo, in territorio pagano: i dodici sono lontani dalla loro cultura di provenienza, ma Cristo è con loro e qui avviene il riconoscimento della Sua reale identità da parte di Pietro. La natura umana può al massimo vedere in Gesù un grande profeta, la reincarnazione di Giovanni Battista, un uomo venuto per fare del bene… Solo Dio Padre può rivelare all’anima che Gesù è il Salvatore, Figlio del Dio vivente, di un Dio in relazione continua con l’uomo.

Simone, irruento, a volte “spaccone” e avventato nelle sue reazioni, è scelto per essere il primo a vedere il Messia nel Maestro Gesù: per questo diviene Kefa, Pietro, la pietra (kefa) sulla quale si comincerà a costruire la Chiesa cristiana.

Per noi, oggi, educati all’individualismo, alla libertà di scelta svincolata da qualunque valutazione morale, alla confusione tra ciò che è bene e ciò che è male, è difficile accettare delle guide, dei maestri: riconoscere, poi, che una guida umana possa ricevere le “chiavi” dell’interpretazione della vita direttamente dal Signore risulta soffocante, antiquato, adatto a persone insicure e remissive. Non ci piace sentirci “pecore” in un “gregge” guidato da un pastore: ci sentiamo immediatamente “pecoroni”; non ci piace tornare “bambini” che si lasciano afferrare con fiducia dalle mani del Salvatore. Coltiviamo più volentieri una relazione individuale e diretta con Dio, con Gesù, ma rifuggiamo l’appartenenza alla Chiesa che, con i suoi insegnamenti, toglie, secondo noi, spontaneità e respiro alla vita interiore.

Il Papa, che significa “padre”, e la Chiesa, non soffocano l’uomo: ciò che soffoca, procedendo nella sequela di Cristo, è la natura umana corrotta dal peccato perché, come Eliakìm e come Pietro, possiamo rialzarci, riemergere dalla tempesta.

La strada per la vittoria sul male è la croce, il dono totale di sé, ciascuno nella propria condizione storica e di vita: il brano del Vangelo di oggi è centrale perché da qui in poi (da Mt 16,21) Gesù inizierà a dirigersi fisicamente verso Gerusalemme, rivelando ai discepoli le sue caratteristiche di Messia rifiutato, vilipeso, torturato e ucciso. Il dono della vita, che conosce per tutti il passaggio misterioso del soffrire, è in vista della Vita eterna, della Vita dopo la morte. Le stesse cadute di Pietro, la sua ottusità, il suo tradimento sono “morti” necessarie per imparare a diffidare di sé e a scorgere la volontà di Dio con crescente chiarezza.

La frase finale del brano di oggi (v. 20) è un invito alla custodia della rivelazione divina: la missione di diffondere il messaggio di Cristo agli uomini è fatta anche di prudenza, di gradualità, come si maneggia un tesoro prezioso.

Commento francescano

Francesco amava la Chiesa e i suoi rappresentanti: più volte appare nei suoi scritti l’invito, fatto ai Frati, a rispettarli e riverirli perché rappresentanti di Cristo, deputati, nel caso dei “chierici” (i sacerdoti) a somministrare il Corpo e Sangue di Cristo. Sia lui sia Chiara invitano i membri dell’Ordine a promettere sempre obbedienza al Papa.

Nella biografia di Francesco di Ruggero di Wendover (FF 2278-2294) si narra dell’incontro fra il Santo e il papa Innocenzo III, dal quale si recò per ricevere l’approvazione dell’Ordine: di fronte all’aspetto “spregevole” del frate e alla lettura della “sua petizione, così ardua e impossibile”, il Papa invitò a Francesco ad andarsene e a ravvoltolarsi fra i porci, “a cui dovresti paragonarti più che agli uomini”. Cosa che Francesco prontamente fece. Di fronte a tanta umiltà, si aprirono gli occhi del Pontefice, che aveva pesato il frate con occhi umani. Innocenzo III si commosse e si dispiacque di averlo disprezzato: ne accettò la petizione e benedisse l’Ordine nascente.

Preghiera finale

O Padre e Creatore di tutte le cose, aiutaci a scavare sotto la superficie del nostro “io” superbo, indipendente, chiuso alla relazione con Te e con gli altri uomini. Aiuta i battezzati che hanno voltato le spalle alla Chiesa a riscoprire l’identità di figli di Dio, di membra di un corpo santo che soffre la loro mancanza. Mantienici fedeli al Santo Padre e agli insegnamenti di chi hai posto alla guida della Tua Chiesa. Te lo chiediamo per Cristo, Tuo Figlio e nostro Signore, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

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