9 luglio 2023 – XIV DOMENICA T.O./A
Il vangelo che ci viene proposto questa domenica si colloca in un momento non facile per Gesù. Ha mandato i suoi nel mondo dando loro coraggio, ma anche rendendoli consapevoli delle difficoltà e delle incomprensioni che incontreranno; e adesso anche lui si sente quasi venir meno. Potremmo dire che è stanco, forse un po’ sfinito visto che non si sente compreso lui e con lui neppure Giovanni il Battista, le sue opere non riescono a convertire le città dove aveva operato più prodigi e continua a dover discutere con i sacerdoti e i farisei. In questo clima narrativo, però, emerge dal grigiore dell’affanno un inno di lode.
Dal libro del profeta Zaccaria (9, 9-10)
«Esulta grandemente, figlia di Sion,
giubila, figlia di Gerusalemme!
Ecco, a te viene il tuo re.
Egli è giusto e vittorioso,
umile, cavalca un asino,
un puledro figlio d’asina.
Farà sparire il carro da guerra da Èfraim
e il cavallo da Gerusalemme,
l’arco di guerra sarà spezzato,
annuncerà la pace alle nazioni,
il suo dominio sarà da mare a mare
e dal Fiume fino ai confini della terra».
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (8, 9. 11-13)
Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.
E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.
Dal vangelo secondo Matteo (11, 25-30)
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Come è possibile che nella fatica scaturisca la lode? Ci sono situazioni o periodi della vita in cui sembra proprio di avere tutto contro e di sicuro non siamo abitati da sentimenti di gioia o di gratitudine, semmai da tristezza, risentimento, sfiducia. Come è possibile dimenticare quel torto subito, o superare quella delusione? Da dove attingere le energie per sentirsi ancora vivi? Sì, talvolta, si arriva anche a pensare che vivere sia soltanto un peso, non sia più tanto sensato.
Oggi qualcuno ci viene a dire che se siamo stanchi e oppressi, con lui e in lui troveremo ristoro: fidarsi non è facile, potrebbe essere l’ennesimo inganno. Quello che capiamo però dal vangelo è che Costui prima di ciascuno di noi ha vissuto lo sfinimento e ne è uscito. E ne è uscito proprio mediante la lode e il ringraziamento a Colui che non-ostante tutto riconosce come Datore della Vita, come Padre amorevole. Non maledicendo la vita e gli altri, oppure arrabbiandosi col mondo; ma percorrendo una via di mitezza, ma ancor prima riconoscendo nella piccolezza la dimensione della presenza e della rivelazione del Padre. In poche parole si accorge che i misteri del Regno sono più accessibili a chi ha il Cuore disarmato, a chi è povero e inerme, a chi non deve dimostrare o imporre niente a nessuno, a chi accoglie la vita e le sue contraddizioni perché è proprio in esse che la Vita resta tale. Questa domenica intuiamo che il giogo dei potenti, della popolarità, della moda, dell’efficienza ci schiaccia perché soffoca la vita che è in noi; mentre portare il giogo pur sempre faticoso della misericordia, della pazienza e della fiducia consente di riempire quel vuoto esistenziale che altro non è che il nostro desiderio di vita.