12 giugno 2022 – SS. TRINITA’/C
È la gradualità il concetto fondamentale di questa Domenica della Santissima Trinità. “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”: questa è una lezione immensa per noi e per la nostra vita, dove spesso vige la norma del “tutto e subito”; il Vangelo ci invita alla pazienza soprattutto verso noi stessi, verso il nostro prossimo e anche verso Dio, dal quale spesso pretendiamo che agisca secondo i nostri schemi, tempi e luoghi. Non tutto può essere compreso subito, non tutto può essere vissuto subito, non tutto si può esperire subito. Gesù non gioca con noi, non vuole creare suspense o ansia, ma sa che il “tutto e subito” sarebbe un danno per noi, invece solo il “poco alla volta” entra in profondità, come una piccola goccia d’acqua che scava una roccia, ma prima che si arrivi in profondità passa tantissimo tempo.
Dal libro dei Proverbi (8, 22-31)
Così parla la Sapienza di Dio:
«Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività,
prima di ogni sua opera, all’origine.
Dall’eternità sono stata formata,
fin dal principio, dagli inizi della terra.
Quando non esistevano gli abissi, io fui generata,
quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua;
prima che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io fui generata,
quando ancora non aveva fatto la terra e i campi
né le prime zolle del mondo.
Quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull’abisso,
quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell’abisso,
quando stabiliva al mare i suoi limiti,
così che le acque non ne oltrepassassero i confini,
quando disponeva le fondamenta della terra,
io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (5, 1-5)
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.
E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza.
La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Dal vangelo secondo Giovanni (16, 12-15)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.
Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Una persona abituata a vivere nel fondo di una grotta, o in una miniera profonda, se arrivasse qualcuno che gli porge una mano e lo tira subito fuori alla luce del sole, più che vedere si accecherebbe; invece se ogni giorno, un po’ alla volta e a piccoli passettini, ma molto lentamente, viene condotta verso la luce, allora quel buio si schiarirà e la persona sarà davvero capace di vedere la luce del sole. Ecco, il Padre ha dato la sua Sapienza al Figlio che ci disvela la Verità e il modo di agire e di amare gratuitamente di Dio, e lo Spirito Santo ce la ricorda nel cuore e la compie, attraverso di noi. “Quando però verrà lo Spirito di Verità, Egli vi guiderà alla Verità tutta intera”. Lo Spirito Santo non inventa cose nuove, non cancella le cose che già ci sono, ma trasfigura, rende luminoso, rende diverse e nuove tutte quelle stesse cose. Dà un collirio speciale agli occhi. È come quando si è innamorati: la realtà e le cose non sono cambiate, ma è cambiato il nostro modo di vedere, di sentire e di amare.
Quando sia ama davvero qualcuno si fa una duplice esperienza, un po’ contraddittoria: la voce del cuore che provoca l’assenza delle parole, perché per quanto si tenterà di dire verbalmente quello che si prova non si riuscirà mai a esprimere perfettamente a parole quello che si sente dentro il cuore, dentro il quale invece è tutto molto chiaro. La stessa cosa è valida per Dio: si possono scrivere tantissimi libri di teologia, fare tanti discorsi e catechesi carismatiche, senza però tuttavia fare nessuna esperienza di Dio e senza sperimentarlo nella propria vita. Mentre il mondo, l’uomo, dicono che si è forti quando si è autosufficienti, autonomi, quando non abbiamo bisogno di nessuno e bastiamo a noi stessi, che l’altro è una perdita di tempo, Dio, nonostante sia infinito, sussistente in se stesso, eterno, perfetto, dice di essere Trinità, relazione, Padre, Figlio e Spirito Santo, insieme ma distinti. L’uomo non sarà mai tale da solo: se sopprime l’altro dalla sua vita sarà sempre un uomo a metà, sarà sempre un uomo che ha paura di mettersi in gioco, di fare troppa fatica o di perdere tempo, di amare e quindi di soffrire, e quindi vivrà unicamente basandosi sulle sue strutture di autodifesa e di autoimmunizzazione. Dio è relazione, non è solitudine, quindi noi non dobbiamo condannarci da soli all’isolamento e alla solitudine dell’io, ma solo compiendo il salto da questa solitudine alla relazione col tu, riusciremo a capire un po’ di più l’amore e la relazione trinitaria.