MI FIDO PERCHE’ SONO AMATO – V DOMENICA DI PASQUA/C

 

15 maggio 2022 – V Domenica di Pasqua/C 

 

Nella V Domenica di Pasqua il Vangelo di Giovanni ci presenta un dono del Signore per noi: “Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri” (Gv 13, 34). Ma come mai si definisce nuovo un comandamento che era già noto nell’Antico testamento (Lv 19,18)? La novità, ciò che ancora non è stato sperimentato, lascia spazio all’attesa, a ciò che non si conosce; qui la differenza sta nella misura con la quale si ama, ci viene infatti chiesto di amare come Lui ha amato noi! 

 

 

Dagli Atti degli Apostoli (14, 21-27)

In quei giorni, Paolo e Bàrnaba ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede.

 

 

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (21,1 – 5)

Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più.
E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.
Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:
«Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro
ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.
E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate».
E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».

 

 

Dal vangelo secondo Giovanni (13,31-35)

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

 

Non esiste altra ‘scuola dell’amore’ se non quella che permette di fare esperienza di una gioia grande come quella di sentirsi nel cuore di Dio, di accettare di essere amati da Lui malgrado la nostra piccolezza. La novità del cristianesimo non è l’amore in sé, ma è imparare ad amare come Lui: è, questo, un cammino lungo, nel quale il minimo che possa capitarci è omologarci ad un amore generico, rivolto a tutti ma che rimane in superficie, che non entra nella dimensione del servizio e della dimenticanza di sé per entrare nel cuore dell’altro. La risposta a questo nuovo comandamento è nelle scelte quotidiane di noi discepoli di fronte a un Dio che non chiede obbedienza ma fedeltà! Poniamoci allora di fronte a noi stessi chiedendoci se ci sentiamo figli fedeli perchè amati, o servi obbedienti per dovere.

 

 

Commento francescano

E questo sia per te più che stare appartato in un eremo. E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se ti diporterai in questa maniera, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli. (Lettera ad un Ministro: FF 235)

San Francesco ci raccomanda il perdono, ci chiede di tenere sempre la porta aperta al fratello che ha sbagliato. Ma non ce lo chiede per adempiere ad un buon costume, ce lo chiede perché è da questo che si capisce se sappiamo amare. E se amiamo, la nostra vita sarà così ricca da essere in grado di accogliere anche i fallimenti e le delusioni. Amare il Signore e amare il fratello è la stessa cosa.

 

 

Orazione finale

Padre, rendici disponibili come Cristo a vivere le relazioni in modo autentico, libero, profondo e coinvolgente. Fa’ che sia il perdono, e non la paura, lo strumento per camminare insieme all’altro e per allearci con lui nel cammino verso Dio. Per Cristo Nostro Signore. Amen

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