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ATTUALI ALL’OGGI DI DIO – 3 Settembre 2018

«Gesù cominciò a dire loro:

“Oggi

si è riempita questa Scrittura

nei vostri orecchi”».

Lc 4,21

 

    La Scrittura trova il suo compimento nell’orecchio di chi ascolta Gesù che l’annuncia: ciò che essa promette si annuncia come realizzato in lui e l’ascolto della sua parola, in quanto detta da lui, ne è il pieno compimento nella fede, che fa accadere «anche qui» oggi ciò che lui ha fatto allora.
    Gesù ci appare fin dall’inizio più che scriba e profeta: non solo spiega la parola di Dio, ma l’attualizza. Quest’attualizzazione non consiste nell’adattarla al proprio tempo, ma nel «renderla attuale»: traduce in atto quanto la Parola dice e, nell’obbedienza, rende la sua vita attuale, contemporanea ad essa. Egli è l’ascoltatore che la compie, il perfetto ascoltatore in cui la parola di Dio trova la sua esecuzione piena. Egli, il Figlio obbediente, è il compimento di ogni parola.
    Così, anche per noi, attualizzare la Parola significa ascoltare il vangelo. L’obbedienza ad esso ci rende attuali all’oggi di Dio, odierni a Gesù, il Figlio.

(Silvano Fausti)

LA CARITÀ FA CRESCERE – 2 Settembre 2018

         La Chiesa ha sempre insegnato che solo la carità rende possibile la crescita nella vita di grazia, perché «se non avessi la carità, non sarei nulla» (1Cor 13,2).
         Ci sono ancora dei cristiani che si impegnano nel seguire un’altra strada: quella della giustificazione mediante le proprie forze, quella dell’adorazione della volontà umana e della propria capacità, che si traduce in un autocompiacimento egocentrico ed elitario privo del vero amore. Si manifesta in molti atteggiamenti apparentemente diversi tra loro: l’ossessione per la legge, il fascino di esibire conquiste sociali e politiche, l’ostentazione nella cura della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa, la vanagloria legata alla gestione di faccende pratiche, l’attrazione per le dinamiche di auto-aiuto e di realizzazione autoreferenziale. In questo alcuni cristiani spendono le loro energie e il loro tempo, invece di lasciarsi condurre dallo Spirito sulla via dell’amore, invece di appassionarsi per comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo e di cercare i lontani nelle immense moltitudini assetate di Cristo.

(Papa Francesco, Gaudete et exsultate 56.57)

GRAZIE! – 1 Settembre 2018 

         I santi evitano di porre la fiducia nelle loro azioni.
         Questa è una delle grandi convinzioni definitivamente acquisite dalla Chiesa, ed è tanto chiaramente espressa nella Parola di Dio che rimane fuori da ogni discussione. Così come il supremo comandamento dell’amore, questa verità dovrebbe contrassegnare il nostro stile di vita, perché attinge al cuore del Vangelo e ci chiama non solo ad accettare con la mente, ma a trasformarla in una gioia contagiosa. Non potremo però celebrare con gratitudine il dono gratuito dell’amicizia con il Signore, se non riconosciamo che anche la nostra esistenza terrena e le nostre capacità naturali sono un dono. Abbiamo bisogno di «riconoscere gioiosamente che la nostra realtà è frutto di un dono, e accettare anche la nostra libertà come grazia. Questa è la cosa difficile oggi, in un mondo che crede di possedere qualcosa da sé stesso, frutto della propria originalità e libertà».

(Papa Francesco, Gaudete et exsultate 54.55)

 

RICONOSCERE I LIMITI PER LIBERARE LA GRAZIA – 31 Agosto 2018

         La mancanza di un riconoscimento sincero, sofferto e orante dei nostri limiti è ciò che impedisce alla grazia di agire meglio in noi, poiché non le lascia spazio per provocare quel bene possibile che si integra in un camino sincero e reale di crescita. La grazia, proprio perché suppone la nostra natura, non ci rende di colpo superuomini. Pretenderlo sarebbe confidare troppo in noi stessi. In questo caso, dietro l’ortodossia, i nostri atteggiamenti possono non corrispondere a quello che affermiamo sulla necessità della grazia, e non riconosciamo la nostra realtà concreta e limitata, neppure potremo vedere i passi reali e possibili che il Signore ci chiede in ogni momento, dopo averci attratti e resi idonei col suo dono. La grazia agisce storicamente e, ordinariamente, ci prende e ci trasforma in modo progressivo. Perciò, se rifiutiamo questa modalità storica e progressiva, di fatto possiamo arrivare a negarla e bloccarla, anche se con le nostre parole la esaltiamo.

 (Papa Francesco, Gaudete et exsultate 50)

 

NON OMNES OMNIA POSSUNT – 30 Agosto 2018

         Quelli che rispondono alla mentalità pelagiana o semipelagiana, benché parlino della grazia di Dio con discorsi edulcorati, «in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico». Quando alcuni di loro si rivolgono ai deboli dicendo che con la grazia di Dio tutto è possibile, in fondo sono soliti trasmettere l’idea che tutto si può fare con la volontà umana, come se fosse qualcosa di puro, perfetto, onnipotente, a cui si aggiunge la grazia. Si pretende di ignorare che «non tutti possono tutto» («Non omnes omnia possunt»: san Bonaventura) e che in questa vita le fragilità umane non sono guarite completamente e una volta per tutte alla grazia. In qualsiasi caso, come insegnava sant’Agostino, Dio ti invita a fare quello che puoi e «a chiedere quello che non puoi»; o a dire umilmente al Signore: «Dammi quello che comandi e comandami quello che vuoi».

         (Papa Francesco, Gaudete et exsultate 49)

CONTEMPLAZIONE, SAGGEZZA E CARITÀ – 29 Agosto 2018

         Quando san Francesco d’Assisi vedeva che alcuni dei suoi discepoli insegnavano la dottrina, volle evitare la tentazione dello gnosticismo. Quindi scrisse così a sant’Antonio di Padova: «Ho piacere che tu insegni la sacra teologia ai frati, purché, in tale occupazione, tu non estingua lo spirito di orazione e di devozione». Egli riconosceva la tentazione di trasformare l’esperienza cristiana in un insieme di elucubrazioni mentali che finiscono per allontanarci dalla freschezza del Vangelo. San Bonaventura, da parte sua, avvertiva che la vera saggezza cristiana non deve separarsi dalla misericordia verso il prossimo:  «La più grande saggezza che possa esistere consiste nel dispensare fruttuosamente ciò che si possiede, e che si è ricevuto proprio perché fosse dispensato. Per questo, come la misericordia è amica della saggezza, così l’avarizia le è nemica». «Vi sono attività che, unendosi alla contemplazione, non la impediscono, bensì la favoriscono, come le opere di misericordia e di pietà».

         (Papa Francesco, Gaudete et exsultate 46)

IMPARARE PER IMPARARE AD AMARE – 28 Agosto 2018

         Frequentemente si verifica una pericolosa confusione: credere che, poiché sappiamo qualcosa o possiamo spiegarlo con una certa logica, già siamo santi, perfetti, migliori della “massa ignorante”. San Giovani Paolo II metteva in guardia quanti nella Chiesa hanno la possibilità di una formazione più elevata dalla tentazione di sviluppare «un certo sentimento di superiorità rispetto agli altri fedeli». In realtà, però, quello che crediamo di sapere dovrebbe sempre costituire una motivazione per meglio rispondere all’amore di Dio, perché «si impara per vivere: teologia e santità sono un binomio inscindibile».

(Papa Francesco, Gaudete et exsultate 45)

 

PER NON SBAGLIARE STRADA – 27 Agosto 2018

         Due falsificazioni della santità che potrebbero farci sbagliare strada, lo gnosticismo e il pelagianesimo, sono due eresie sorte nei primi secoli cristiani, ma che continuano ad avere un’allarmante attualità. Queste due forme di sicurezza dottrinale o disciplinare danno luogo «ad un elitarismo narcisista e autoritario dove, invece di evangelizzare, si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare. In entrambi i casi, né Gesù Cristo né gli altri interessano veramente».          
         Nella Chiesa convivono legittimamente modi diversi di interpretare molti aspetti della dottrina e della vita cristiana che, nella loro varietà, «aiutano ad esplicitare meglio il ricchissimo tesoro della Parola».                                                                                                         

(Papa Francesco, Gaudete et exsultate 35.43)

 

AMATO, POSSO VIVERE – 25 Agosto 2018   

          Il bambino vive in quanto riconosciuto, accolto ed amato. Non è vero che il bambino non può aver fede. Al contrario: vive di fiducia assoluta nell’amore di chi lo accoglie. Se resta deluso in questa, non può vivere, se non male. Ognuno di noi respira nella misura in cui la sua fiducia è corrisposta da un sorriso materno, che non delude. L’uomo è bisognoso assoluto di fiducia, perché cosciente di essere «relativo». E uno non può essere relativo al nulla, ma a Dio suo partner: diversamente è dal nulla, per il nulla, ed è nulla! La coscienza di essere relativi è il nostro marchio divino: il desiderio di assoluto.

(P. Silvano Fausti, Commento a Mt 19,13-15)

TUTTO IN DONO – 24 Agosto 2018

         «Di questi è il regno dei cieli» (Mt 19,14). In 11,25-27 Gesù dice che la sapienza del Figlio – la conoscenza del Padre – è rivelata agli infanti. In 18,3 dice di convertirsi e diventare come bambini per entrare nel Regno. Ora dice che il Regno è dei bambini. A differenza degli adulti, che sono anche sposi, padri e madri, e fanno tante cose, i bambini sono solo figli, e tutto ricevono. Il Regno è loro, proprio perché il regno del Padre sono i figli, i suoi piccoli.

(P. Silvano Fausti, Commento a Mt 19,13-15)

COME I PICCOLI – 23 Agosto 2018

         «Lasciate i bambini e non impedite loro di venire a me» (Mt 18,14): «Venite a me» (Mt 11,28), dice Gesù a tutti, invitandoli al banchetto della sapienza del Figlio, riservato ai piccoli (11,25-27). Non solo non dobbiamo impedire ai piccoli l’accesso al Signore, ma dobbiamo diventare e fare come loro. Solo così accogliamo il suo giogo leggero e soave, siamo liberi dalle fatiche e dall’oppressione della legge, giungiamo all’eredità piena dei figli (11,28-30).

         (P. Silvano Fausti, Commento a Mt 19,13-15)

LASCIATE CHE I BAMBINI… – 22 Agosto 2018

         «I discepoli li minacciarono»» (Mt 19,13). Secondo i discepoli i bambini non possono aver parte con loro, perché non solo disturbano, ma anche non possono né capire né osservare la Parola. Solamente a tredici anni, dopo un apprendistato riservato a loro, possono diventare «bar-mizwà», figli del precetto.
         «Gesù disse» (v. 14). Marco 10,14 sottolinea che Gesù «si adirò». L’atteggiamento dei discepoli suscita in Lui uno sdegno analogo a quello che provò davanti alla durezza di cuore di chi lo vuol uccidere (Mc 3,5s). Ciò che facciamo a uno di questi piccoli, in realtà lo facciamo a Lui (25,40.45). Se i piccoli disturbano, sappiano i discepoli che a Lui dà fastidio il loro atteggiamento, non quello dei bambini: «Lasciate i bambini e non impedite loro di venire a me» (Mt 18,14).

         (P. Silvano Fausti, Commento a Mt 19,13-15)