19 Settembre 2021 – XXV DOMENICA DEL T.O./B
Il vangelo di questa domenica illustra per la seconda volta l’annuncio della passione, morte e risurrezione di Gesù. Domenica scorsa abbiamo assistito al dialogo tra Gesù e Pietro, questa volta Gesù si rivolge a tutti i discepoli. Essi sono spaventati, addirittura hanno paura di chiedere, di approfondire, preferiscono rimanere in superficie per proteggersi. I discepoli in alcuni momenti fanno disperare Gesù, perché sono distratti ed immaturi, nel dialogo con loro Gesù è molto chiaro e deciso, pur rimanendo in un atteggiamento paterno.
Dal libro della Sapienza (2,12.17-20)
[Dissero gli empi:]
«Tendiamo insidie al giusto, che per noi
è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni;
ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni
contro l’educazione ricevuta. Vediamo se le sue parole sono vere,
consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di Dio,
egli verrà in suo aiuto
e lo libererà dalle mani dei suoi avversari.
Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti,
per conoscere la sua mitezza e saggiare
il suo spirito di sopportazione.
Condanniamolo a una morte infamante, perché,
secondo le sue parole, il soccorso gli verrà».
Dalla Lettera di San Giacomo apostolo (3,16-4,3)
Fratelli miei, dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia.
Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni.
Dal Vangelo secondo Marco (9,30-37)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Gesù agisce come un padre che ripete in continuazione le cose al figlio, per fargliene cogliere l’importanza e la profondità. Tutti abbiamo sperimentato il fastidio e la noia dei discorsi ripetitivi dei nostri genitori, ma poi diventando adulti ne abbiamo percepito il significato e la coerenza. Gesù sa bene che le cose importanti hanno bisogno di tempo per essere interiorizzate. I discepoli sembrano dei bradipi nelle questioni spirituali, se la prendono comoda e temporeggiano, prima di avere il coraggio di guardare in faccia la verità. Forse anche noi agiamo come i discepoli? Gesù insiste sull’epilogo della sua esistenza, sa bene che è il cuore della nostra vita cristiana. La croce che sembra una perdita, un fallimento agli occhi del mondo, invece genera vita e dona pienezza. “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. Qui entra in scena la meravigliosa pedagogia di Gesù, che ribalta tutte le logiche umane e stana la superbia e la mania di protagonismo che ci portiamo dentro. Gesù ricorda ad ognuno di noi che soltanto donarsi ci rende liberi. Mettere a servizio le nostre competenze, il nostro tempo ci dona pienezza e pace. Spendersi per l’altro, mettersi a disposizione, aprirà nel nostro cuore un nuovo orizzonte, ricco di colori e di gioia.
Commento francescano (Leg S. Chiara 8)
“Da allora non respinse più alcuna incombenza servile, al punto che, per lo più, era lei a versare l’acqua sulle mani delle sorelle, se ne stava in piedi per assisterle mentre esse sedevano e le serviva a tavola mentre mangiavano. Malvolentieri imparte appena qualche ordine; ma fa da sé spontaneamente, preferendo eseguire lei stessa piuttosto che comandare alle sorelle. Lavava lei stessa i sedili delle inferme, li detergeva proprio lei, con quel suo nobile animo, senza rifuggire dalle sozzure né schifare il fetore Molto spesso lavava i piedi delle servigiali che tornavano da fuori e, lavatili, li baciava”.
Santa Chiara c’insegna con la sua vita che nel ‘servire’ ed essere sempre per gli altri, s’incontra veramente Cristo, il Cristo che è sempre con noi nella sua umanità e che non è un esempio di perfezione lontana e fredda ma, piuttosto, un Cristo vivo e presente nella quotidianità.
Orazione finale
Ti rendiamo grazie, Signore, per la tua presenza in mezzo a noi, grazie perchè c’insegni con la tua vita che servire è farsi Re, che il nostro essere è solo un’illusione senza sostanza e che, di fronte al nostro ‘non capire’ dobbiamo farci piccoli perchè solo così ci libereremo dalle nostre catene. Amen.