LECTIO DIVINA – 5 Gennaio 2019 – II Domenica dopo Natale / A

                     

          

 

 

 

 

 

Sir 24, 1-4. 8-12, neo-vulg. 24,1-4.12-16; Ef 1, 3-6. 15-18; Gv 1,1-18

 

 

            Un Dio fragile, bisognoso di tutto che Dio è? Scrive Luigi Maria Epicoco in “Solo i malati guariscono”: «Dio nasce povero invece che ricco. Nasce in periferia invece che nel centro. Nasce figlio di nessuno invece di qualcuno notabile. Nasce in una stalla invece che in un tempio. […] Deve scappare pur essendo onnipotente». Egli, il Verbo fatto carne, Sapienza di Dio e sua Benedizione, accetta il rischio di non essere accolto dai ‘suoi’ ma sarà la gioia di coloro che lo accoglieranno, li renderà “figli di Dio” e in Lui, nel suo Amore fratelli fra di loro.

           

 

Testo e commento alle letture

 

Dal libro del Siracide (Sir 24, 1-4. 8-12, neo-vulg. 24,1-4.12-16)

 

La sapienza fa il proprio elogio, in Dio trova il proprio vanto,

in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria.

Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria,

in mezzo al suo popolo viene esaltata, nella santa assemblea viene ammirata,

nella moltitudine degli eletti trova la sua lode e tra i benedetti è benedetta, mentre dice:

«Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele,

affonda le tue radici tra i miei eletti” .

Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato, per tutta l’eternità non verrò meno.

Nella tenda santa davanti a lui ho officiato e così mi sono stabilita in Sion.

Nella città che egli ama mi ha fatto abitare e in Gerusalemme è il mio potere.

Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia eredità,

nell’assemblea dei santi ho preso dimora».

 

            “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele”. Il Signore è descritto dall’autore del Libro del Siracide (Ben Sirach), come colui che attraverso la sua Sapienza sceglie di ‘fissare’ la sua dimora in mezzo a noi.

            Cosa significa per noi oggi e cosa è significato per il popolo d’Israele, scelto da Dio perché tutti i popoli potessero fare esperienza del suo amore incondizionato per ogni uomo?

            Da subito, infatti, l’autore definisce la Sapienza come intima di Dio, e nel contempo come colei che è in relazione con gli uomini.

            Ma per comprendere come il Signore abbia potuto scegliere di dimorare in mezzo agli uomini, ci viene in aiuto l’Apostolo Paolo che parlando dell’elezione di Israele da parte di Dio afferma: “se la radice è santa – e il Siracide parla di un popolo gloriosolo saranno anche i rami”.

            Ciò significa che Dio ha mandato la sua Sapienza nel mondo perché Israele fosse consapevole che la sua ‘elezione’ era per le genti e perché sperimentasse che la gioia di appartenere a Dio non è solo una sua prerogativa data dall’elezione, che come dice Paolo, non viene mai meno, ma perché questa gioia raggiungesse tutti i popoli.

            La Sapienza, “parlando all’assemblea dell’Altissimo”, sua dimora, invita chi la ascolta a saziarsi dei suoi frutti: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò”(Mt 11,28) e a renderne partecipi i popoli. Infatti, la sola meditazione della sapienza rende felici gli uomini, quanto più il possesso dei suoi beni, che sono più dolci del miele. Essi non stancano mai: quanto più si possiedono tanto maggiormente cresce il desiderio. ( cfr. Commento della Bibbia liturgica, ed. Paoline)

 

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (Ef 1, 3-6. 15-18)

 

            Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.

            Perciò anch’io [Paolo], avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi.

 

            Questo è uno dei tre grandi inni Cristologici di Paolo, che cantiamo anche durante i Vespri ogni lunedì e che ci fa riflettere sul ruolo di Gesù nel progetto di amore del Padre.

            L’elezione che Ben Sirach annunciava nel suo libro giunge a compimento per ogni uomo in Gesù.

            Dice Paolo scrivendo alla comunità di Efeso: “In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità”.

            Già il fatto di essere pensati ancor prima che Egli creasse il mondo pone gli uomini nella condizione di percepire le proprie esistenze come desiderate, volute, benedette. Questo avviene per l’umanità grazie alla mediazione dell’“Uomo Cristo Gesù” (1Tm 1,12-2,8). Egli generato eternamente dal Padre ci rende figli perché voluti, creati e redenti in Lui.

            Questo ci mette difronte al fatto che se Dio ci ama così anche noi siamo chiamati ad amare i nostri fratelli perché pensati e amati da Dio come noi.

            Ciascun uomo è oggetto della bontà di Dio, ossia della “ricchezza della sua grazia” (v. 8), non solo perché creati ma perché redenti nel sangue di Gesù (v. 7) e resi destinatari di una rivelazione inaudita. Dio non ha tenuto per sé il suo progetto misterioso, ma ce lo ha fatto conoscere.

            Dio da sempre cullava nel suo cuore un piano tenuto gelosamente per sé, ma è giunta la “pienezza dei tempi” (Gal 4,4), l’ora di portare a compimento questo piano di salvezza. Questo desiderio che Dio custodiva dentro il suo cuore è quello di una relazione pacifica fra tutte le creature (cfr. Aldo Martin, Edificare sul fondamento). Perché ogni uomo, come dice Jean Vanier, è una storia sacra e quindi dimora di Colui che ha scelto la povertà e la fragilità, amandola in ogni uomo che accostava, fino a redimerla, donando la sua vita perché estremamente bisognosa del suo amore.

 

 

Testo e commento al Vangelo

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,1-18)

 

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;  la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.

Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.

Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.

Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».

Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.  Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

 

Venne tra i suoi e i suoi non l’hanno accolto. Questa abbondanza di grazia, donataci dal Verbo con la sua incarnazione è venuta a colmare e a sanare la nostra povertà e indigenza: Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia. Questo amore gratuito e sovrabbondante di Dio non sempre è accolto, infatti afferma l’evangelista: Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. E’ lo scandalo dell’Incarnazione! “Ma un Dio che si esilia da se stesso per amare chi è fuori di lui, un Dio che si mostra mortale, che Dio è? […] Dall’ora del concepimento di Gesù nell’utero di Maria, Dio è un uomo e un uomo è Dio! Così avviene l’ammirabile scambio O admirabile commercium, come canta un antico testo liturgico; così è avvenuta la rivelazione totale del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe nella nostra carne; così Dio si è donato a noi, si è dato all’umanità, si è unito alla creazione, perché l’aveva creata per amore, un amore mai venuto meno, ma sempre rinnovato in tutta la storia. E la vita di Gesù – come ha ben compreso il quarto vangelo – sarà l’esplicitazione di ciò che il prologo annuncia: Gesù è la vita del mondo (cf. Gv 11,25), è la luce del mondo (Gv 8,12), è il racconto, la rivelazione del Dio che nessuno ha mai visto” (Enzo Bianchi).

 

 

Commento patristico

 

Nella sua bontà, Dio non si è sdegnato di nascere da donna, anche se colui che sarebbe stato formato in lei era la vita stessa. Se però la madre non fosse rimasta vergine, non ci sarebbe stato in questo parto nulla di strano; semplicemente sarebbe nato un uomo. Ma poiché lei è rimasta vergine anche dopo il parto, come non potrebbe trattarsi di Dio e di un mistero inesprimibile? È nato in un modo ineffabile, senza macchia, colui che, dopo, entrerà senza ostacoli, a porte chiuse, e davanti al quale Tommaso esclamerà, contemplando l’unione delle sue due nature: “Mio Signore e mio Dio” (Gv 20,28).

Per amore nostro, colui che per natura è incapace di soffrire, si è esposto a numerose sofferenze. Cristo non è affatto divenuto Dio a poco a poco; assolutamente! Invece essendo Dio, la sua misericordia l’ha spinto a diventare uomo, come impariamo dalla  fede. Non predichiamo un uomo divenuto Dio, bensì proclamiamo Dio fatto carne. Ha scelto come madre la sua serva, colui che per natura non conosce madre e che si è incarnato nel tempo senza padre (San Proclo di Costantinopoli vescovo, Discorsi, 1 ; PG 65, 682).

 

 

Commento Francescano

 

            Nell’incarnazione e spoliazione del Verbo del Padre, Francesco pone l’accento non a caso sulla funzione e la presenza della Vergine Maria. Da lei il Verbo riceve la vera e fragile umanità che condivide con noi. Con lei, “Vergine fatta Chiesa”(SalV, 1), tutti i discepoli sono chiamati a condividere la Povertà scelta da Lui. Leggiamo nella Lettera a tutti i fedeli: “L’altissimo Padre celeste, per mezzo del santo suo angelo Gabriele, annunciò questo Verbo del Padre, così degno, così santo e glorioso, nel grembo della santa e gloriosa Vergine Maria, e dal grembo di lei ricevette la vera carne della nostra umanità e fragilità.

            Lui, che era ricco sopra ogni altra cosa, volle scegliere in questo mondo, insieme alla beatissima Vergine, sua madre, la povertà” ( Lettera a tutti i fedeli FF: 181-182).

           

 

Orazione conclusiva

 

Sei venuto Verbo di Dio a narrarci la bontà del Padre. Tu da sempre invisibile nel mondo sei diventato uomo tra gli uomini, per conversare e fare con noi comunione. Ti ringraziamo, perché Tu, Sapienza eterna, sei disceso nel mondo per fare della nostra carne la Tua Dimora. Amen.

 

 

 

 

 

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