LECTIO DIVINA – 25 Dicembre 2018 – NATALE DEL SIGNORE / C

                                      

          Is 52,7-10; sal 95; Eb 1,1-6; Gv 1,1-18

 

 

“Tu lasci il bel gioir del Divin Seno, per venire a penar su questo fieno”.

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori con queste sue parole ci introduce nella contemplazione del mistero di Dio che per amore si fa PICCOLO. Questo celebra la Solennità del Natale.

Le promesse fatte dagli antichi profeti sono giunte a compimento nel piccolo Bambino di Betlemme.

Egli, l’Atteso da tutte le genti, è venuto a noi nella ‘forma di uomo’, si è fatto tanto piccolo e indifeso da accettare il rifiuto, della sua gente “I suoi non l’hanno accolto” perché “non c’era posto per loro nell’alloggio”. Gesù, il Dio fatto uomo, ha scelto la via dell’umiltà per “fissare la sua tenda in Giacobbe”.

Egli, Parola fatta carne ha scelto il vagito di un bambino per narrare la predilezione di Dio per ogni uomo che lo accoglie, “a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”. Gesù con la sua nascita ci ha donato la possibilità di chiamare Dio Padre, ci ha resi annunciatori della Buona Notizia portata dall’ angelo ai pastori “Vi annuncio una gioia grande che sarà di tutto il popolo. Oggi è nato per voi un Salvatore, Cristo Signore”.

 

 

Testo e commento alle letture

 

Prima Lettura

Dal libro del profeta Isaia (52,7-10)

 

Come sono belli sui monti

i piedi del messaggero che annuncia la pace,

del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza,

che dice a Sion: «Regna il tuo Dio».

Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce,

insieme esultano,

poiché vedono con gli occhi

il ritorno del Signore a Sion.

Prorompete insieme in canti di gioia,

rovine di Gerusalemme,

perché il Signore ha consolato il suo popolo,

ha riscattato Gerusalemme.

Il Signore ha snudato il suo santo braccio

davanti a tutte le nazioni;

tutti i confini della terra vedranno

la salvezza del nostro Dio.

 

In un contesto di esilio e di lontananza dalla propria terra, il profeta intravede il ritorno e la ricostruzione di Gerusalemme, luogo della presenza di Dio. Questa ‘consolazione’ è per il popolo d’Israele riscatto da una condizione di miseria, annunciando per bocca di un messaggero la pace: “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio»”. La solitudine è finita, l’uomo ha una mano che lo guida, lo salva e lo consola.

Ha inizio un’era nuova nella quale i rapporti con Dio saranno contrassegnati dal suo amore e dalla sua pace, e questo non riguarderà solo Gerusalemme ma abbraccerà tutta l’umanità: “Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutti i popoli”. Il Signore è il Dio dell’intera umanità e la missione del popolo d’Israele consisterà proprio nel riflettere la gloria di Dio. Israele è come una luce elevata e proiettata verso ogni orizzonte, una luce che rivela la gloria del Signore.

 

 

Seconda Lettura

Dalla lettera agli Ebrei (Eb 1,1-6)

 

Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo.

Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato.

Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato»? e ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli angeli di Dio».

 

L’autore della lettera agli Ebrei ci propone una meditazione sulla identità del messia, egli è irradiazione della gloria di Dio e impronta della sua sostanza (cfr. Eb 1,3), Dio parla a noi per mezzo di Gesù suo Figlio, via, luce, vita. Egli è venuto a noi nell’umiltà della condizione umana, si è rivelato allo sguardo stupito di chi nella sua povertà lo ha accolto come Signore della sua vita. La sua potenza è stata quella che confonde i sapienti “con la bocca dei bimbi e dei lattanti” (sal 8).

Gesù, il Figlio, è venuto nella carne per renderci figli in Lui e così permetterci di chiamare Dio ‘Abbà’ facendoci così fratelli fra di noi. Per la nostra redenzione è stato obbediente al Padre accettando di incarnarsi per essere uno di noi. Questo suo chinarsi sull’uomo lo ha fatto tanto simile a noi da celare al mondo ciò che era, Figlio eterno di Dio, divenuto per amor nostro ‘il più piccolo dei figli di Adamo’ tanto da rivelarsi come un “bimbo avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia”(Lc 2,7). Adoriamo insieme agli angeli di Dio Colui che per noi si è fatto uomo.

 

 

Testo e commento al Vangelo

 Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,1-18)

 

In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

Egli era, in principio, presso Dio:

tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l’hanno vinta.

Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

Dalla sua pienezza

noi tutti abbiamo ricevuto:

grazia su grazia.

Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

Dio, nessuno lo ha mai visto:

il Figlio unigenito, che è Dio

ed è nel seno del Padre,

è lui che lo ha rivelato.

 

Il prologo del Vangelo di Giovanni ci fa ripercorrere la vita del Verbo di Dio che per farsi più vicino all’uomo si incarna in Gesù. Manifestandosi nell’umiltà della condizione umana venne ad abitare in mezzo a noi.

Il Verbo brilla nelle tenebre, la luce è brillata nella creazione e nella creatura umana perché tutto è stato fatto per mezzo di lui. Una luce insopprimibile, che nessuna tenebra riesce a soffocare. Una luce che l’umanità si porta dentro come desiderio di pienezza e nostalgia nonostante le tenebre continuano a fare resistenza.

 

Il Verbo non ha cessato la sua azione nella creazione, ha voluto farsi più vicino all’uomo facendosi carne lui stesso. Il Verbo che era presso il Padre è venuto ad abitare in mezzo a noi, ha assunto la nostra fragilità, ha voluto accompagnare con tenerezza e potenza il cammino faticoso di ognuno alla ricerca del proprio volto umano.

 

Ma questo abbassamento ha celato la sua divinità e lo ha esposto al rifiuto di chi aveva racchiuso Dio nel proprio studio, nella propria sicurezza religiosa, nella propria ricerca di potere.

 

E’ lo scandalo dell’Incarnazione, la fatica antica e sempre nuova di accogliere l’abbassamento di Dio, un Dio diverso dai nostri idoli. Eppure solo Lui poteva mostrarci il nostro vero volto, la nostra umanità e allo stesso tempo solo Lui poteva spiegarci il vero volto di Dio. Un Dio disposto a morire per noi perché noi potessimo ritrovare il paradiso perduto, la comunione con Lui.

 

Commento patristico

 

Da un’omelia festale sulla Natività di san Giacomo di Sarug

 

Oggi “un germoglio è spuntato dalla radice di Jesse” per far da bacolo per il mondo invecchiato, affinché questi si appoggiasse su di lui.

Oggi la bocca di Eva è stata aperta, affinché francamente annunziasse a voce alta che la sua colpa fu rimessa grazie alla seconda Vergine, che pagò il debito dei suoi padri con il tesoro prezioso che partorì per le creature. Oggi il serpente deve tacere, poiché parla Gabriele; la menzogna deve scomparire ché viene esposta la verità; il vecchio [l’antico] deve passare ché tutto è stato rinnovato per il parto della Vergine. Oggi la mano del cherubino deve lasciare la lancia di fuoco, poiché d’ora in poi l’Albero della vita non deve più essere custodito, ora che il suo Frutto è stato posto nella mangiatoia per essere il cibo degli uomini, che di propria volontà erano divenuti simili agli animali.

Oggi Adamo ha cambiato le sue foglie per la veste di luce, svergognando con la sua gloria il serpente che lo aveva ferito e spogliato della sua veste. Oggi il Signore di Eden è stato avvolto in fasce e non in foglie, affinché la gloria sostituisse la vergogna e Adamo ricevesse la sua gloria di prima.

Oggi la grotta è diventata talamo di quello Sposo celeste, che si ha voluto unire al genere degli esseri terrestri e li ha voluto sostenere nella loro ascensione dalle profondità alle altezze. Oggi è stata chiaramente spiegata la rivelazione di Giacobbe: il Signore che stava in cima alla scala, è disceso per portare in cielo gli uomini.

Oggi l’Aurora si è levata dalla grotta e il grande Sole dal cavo della spelonca, affinché illuminasse per la sua levata le profondità di sotto — il luogo che il sole non può facilmente illuminare. Oggi l’ombra è tornata in dietro i dodici gradi della luce che la opprimevano e a lei resistevano, affinché fosse glorificato per essi il vero Giorno, che per la sua aurora scacciò e soffocò le ombre del peccato.

Oggi ci è nato il Bambino che fu generato dal suo Padre, in modo incomprensibile alla mente, prima che esistesse il mondo.

Oggi Giuseppe si stupisce e Maria si meraviglia: latte materno presso una vergine, una nascita senza matrimonio, un erede senza congiungimento; il Signore del cielo in una grotta,

il Fuoco avvolto in fasce, la Fiamma che poppa latte, l’Ardore carezzato sul petto;

colui che viene portato dai cherubini, ora preso nelle braccia; il Signore del carro,

solennemente portato da una fanciulla; colui che fa mugghiare i grandi flutti del mare,

succhiando gocciole ai seni di una giovane donna.

 

Commento francescano

 

Nell’incarnazione e spoliazione del Verbo del Padre, Francesco contempla la presenza della Vergine Maria: da lei il Verbo riceve la vera e fragile umanità che condivide con noi, con lei egli sceglie quella povertà che tutti i discepoli, insieme alla “Vergine fatta Chiesa” (SalV, 1), sono chiamati a condividere con lui. Leggiamo dalla lettera ai fedeli (seconda redazione) “L’altissimo Padre celeste, per mezzo del santo suo angelo Gabriele, annunciò questo Verbo del Padre, così degno, così santo e glorioso, nel grembo della santa e gloriosa Vergine Maria, e dal grembo di lei ricevette la vera carne della nostra umanità e fragilità.

Lui, che era ricco sopra ogni altra cosa, volle scegliere in questo mondo, insieme alla beatissima Vergine, sua madre, la povertà” (FF 181-182).

 

Orazione conclusiva

 

Signore Gesù Cristo, che con la tua nascita hai fatto risplendere sul mondo la luce, illumina le nostre tenebre. Fa che possiamo accoglierti nelle fenditure più profonde del nostro spirito per diventare per te quella tenda nella quale tu possa prendere dimora. Amen.

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