LECTIO DIVINA – 30 Settembre 2018 – XXVI Domenica T. O. / B

 

 

 

 

Nm 11, 25-29; dal Sal 18(19); Gc 5, 1-6; Mc 9,38-43.45.47-48 

 

‘Gelosia e scandalo’ fanno da cornice alla liturgia di questa 26° Domenica del Tempo Ordinario.

Le letture, infatti, mostrano come, pur essendo discepoli alla scuola di Gesù, possiamo correre il rischio di sentirci ‘detentori’ della fede, escludendo così coloro che potrebbero avvicinarsi a Gesù anche se considerati ‘lontani’. Siamo chiamati a saper riconoscere il bene da qualunque parte provenga. L’amore non pone dei limiti al bene compiuto dall’altro, non è invidioso o geloso per i doni che Dio dona copiosamente a tutti e a ciascuno.

Il Signore ci mette anche in guardia dal distruggere il bene con il grave ostacolo dello scandalo. Non possiamo scandalizzare, attraverso i nostri comportamenti incoerenti o peccaminosi,  i ‘piccoli’ che sono i più deboli nella fede.

 

Testo e commento alle letture

 

Dal libro dei Numeri (11,25-29)

 

In quei giorni, il Signore scese nella nube e parlò a Mosè: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito. Ma erano rimasti due uomini nell’accampamento, uno chiamato Eldad e l’altro Medad. E lo spirito si posò su di loro; erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda. Si misero a profetizzare nell’accampamento.

Un giovane corse ad annunciarlo a Mosè e disse: «Eldad e Medad profetizzano nell’accampamento». Giosuè, figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza, prese la parola e disse: «Mosè, mio signore, impediscili!». Ma Mosè gli disse: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!».

 

Nel libro dei Numeri, narrando l’effusione dello spirito sui settanta anziani riuniti da Mosè alla tenda del convegno, l’autore sacro parla anche di due uomini Eldad e Medad, i quali, rimasti fuori della tenda cominciano a profetizzare perché investiti dallo stesso spirito. L’essere ‘fuori’ della tenda fa sorgere un problema e questo provoca la reazione di Giosuè, figlio di Nun, il quale afferma: “Mosè mio signore impediscili!”. Quanto detto da Giosuè ci pone di fronte a una grande responsabilità; chi siamo noi per impedire allo spirito di Dio di irrompere nella storia e di servirsi di uomini e donne che secondo una logica ‘fondamentalista’ sono fuori dal ‘popolo eletto’, dalla Chiesa?

Mosè, che non ritiene se stesso unico detentore dello spirito di Dio, benedice il Signore esclamando: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito”. Non dobbiamo quindi essere gelosi dei doni ‘gratuiti’ di Dio, ma occorre rallegrarci perché abbiamo tutti la possibilità di essere profeti.

 

 

Dalla lettera di san Giacomo apostolo (5,1-6)

 

Ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni!

Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente. Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza.

 

San Giacomo fa tuonare la sua voce contro coloro che accumulano ricchezze sfruttando il debole e il povero. La seconda lettura sembra così l’attuazione pratica dell’esortazione che ci viene dal libro dei Numeri. “Per amore del comandamento soccorri chi ha bisogno, secondo la sua necessità non rimandarlo a mani vuote. Perdi pure denaro per un fratello e un amico, non si arrugginisca inutilmente sotto una pietra. Disponi dei beni secondo i comandamenti dell’Altissimo e ti saranno più utili dell’oro. Riponi l’elemosina nei tuoi scrigni ed essa ti libererà da ogni male” (Sir 29,9-11).

San Giacomo ci esorta a obbedire alla Parola diventando accoglienti e generosi verso chi è povero e bisognoso nei quali è presente Cristo, consapevoli che ogni gesto di carità compiuto nel suo nome è rivolto a Gesù stesso: “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

 

Testo e commento al Vangelo

 

Dal vangelo secondo Marco (9,38-43.45.47-48)

 

 In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.

Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile.

E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geenna.

E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

 

Nel Vangelo di questa Domenica si evidenzia la tentazione del credente di porre ostacolo all’azione dello Spirito se questa si manifesta in modi e forme non corrispondenti ai suoi schemi. L’atto con cui i discepoli impediscono a uno sconosciuto di cacciare demoni perché non fa parte del loro gruppo (“non era dei nostri”; letteralmente “non ci seguiva”) dimostra la pretesa del gruppo dei discepoli di detenere il monopolio della presenza del Signore e di stabilire chi può e chi non può agire nel nome del Signore. Gesù si oppone a tale identità di gruppo chiusa, legata ad una logica di pretesa di dominio e di potere, e afferma: “Chi non è contro di noi, è per noi”.

Affiora qui il problema dell’inimicizia, la radicalità evangelica impedisce alla chiesa di fabbricarsi dei nemici o di considerare l’altro un lontano o nemico. Si può gestire l’accoglienza della diversità come ricchezza reciproca, come carità che non annulla le differenze ma è capace di trarre il bene da ogni evento e situazione personale.

Occorre quindi vigilare sul proprio agire (mani), sul proprio comportamento (piedi) e sulle proprie relazioni (occhi) per non divenire scandalo e ostacolo al cammino di fede dell’altro. Dobbiamo osare il coraggio di rinunciare a tutto ciò che può ostacolare l’ingresso nel Regno, ingresso che avviene non a partire da un di più o da una pienezza, ma da un vuoto, da una mancanza, da una povertà. Abbiamo qui l’esigenza di una lotta contro le tendenze anti-relazionali e anti-evangeliche.     

           

Commento patristico

 

Un motivo di scandalo è tante volte il nostro modo di parlare che può essere causa di inimicizia e che nasce in un cuore e un pensiero che non è animato dalla carità fraterna. Ascoltiamo dalle Omelie di San Giovanni Crisostomo:

«“Vi esorto ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi” (1 Cor 1,10). Dopo aver denunziato il male utilizzando la parola amara di “divisione”, l’apostolo Paolo modera aggiungendo: “Siate in perfetta unione di pensiero e d’intenti”. Non si tratta soltanto di un accordo di parole, bensì di un’unione di pensiero e d’intenti, perfetti nella carità.

Paolo non rimprovera le differenze nella fede, bensì il loro modo di agire, le rivalità umane… “Mi è stato segnalato a vostro riguardo che vi sono discordie tra voi!… Cristo è stato forse diviso?” (1 Cor 1,13). Siate dunque uniti tra di voi affinché non si perda neanche uno di questi piccoli (Mt 18, 14)».

 

Commento francescano

 

Dalla Ammonizione VIII di san Francesco:  Evitare il peccato d’invidia

Dice l’Apostolo: «Nessuno può dire Signore Gesù, se non nello Spirito Santo», e ancora: «Non c’è chi fa il bene, non ce n’è neppure uno».

Perciò chiunque invidia il suo fratello per il bene che il Signore dice e fa in lui, commette peccato di bestemmia, poiché invidia lo stesso Altissimo, il quale dice e fa ogni bene (FF 157).

 

Orazione finale

 

Donaci, Signore, il tuo Santo Spirito. Spirito di semplicità, per vedere il bene compiuto attorno a noi. Spirito di verità, per conoscere e superare le nostre incoerenze. Spirito di misericordia, per ricominciare sempre e per incoraggiare chi ci sta accanto.  Amen.

 

 

 

 

 

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