La più bella definizione della pazienza la troviamo in un frammento del maggio 1820, quando il poeta Leopardi scrive: “la pazienza è la più eroica delle virtù giusto perché non ha nessuna apparenza d’eroico”.
L’esercizio di questo eroismo nascosto, dimesso, privo d’orgoglio e di esibizione è certamente difficile, ma appartiene al dialogo con il dolore che il vivente può intrattenere. In questo senso la pazienza ritrova la sua radice, e si avvicina alla compassione.
Oggi essa si propone a noi sia come relazione con un tempo che è tempo del paziente, del patire, sia come esercizio di un’attesa, che è attesa di un tempo altro: attesa liberata dalla spina dell’ansietà e desiderosa di scorgere il principio di una svolta.
(Antonio Prete)