CONDIVISIONE DELLA MARGINALITÀ’ DEI POVERI, COME CRISTO – 7 Agosto 2018

 “E affinché non ci scostassimo mai dalla santissima povertà che abbracciammo…” (Regola Santa Chiara VI,6)

Le costituzioni dell Sorelle Povere di S. Chiara evidenziano i fondamenti teologici della povertà nelle seguenti espressioni: «guarda Cristo, “fatto per te oggetto di disprezzo e seguilo, rendendoti per amor suo spregevole in questo mondo”» (art. 36.2) e «da ricco che era si è fatto povero per noi, perché diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà» (art. 32.1). Il primo senso della povertà è quindi testimoniare che Dio è la vera ricchezza del cuore umano e che «la povertà rende liberi dalla schiavitù delle cose e dei bisogni artificiali a cui spinge la società dei consumi e fa riscoprire Cristo, l’unico tesoro per il quale valga la pena di vivere veramente».

Una scelta di vita che assume la povertà come valore evangelico ha bisogno di essere visualizzata, però, con comportamenti concreti e congruenti: «La povertà è il segno di appartenenza a Lui, è la garanzia di credibilità del Regno già presente in mezzo a noi. Un segno sempre più convincente ai nostri giorni quando si tratta di una povertà vissuta in fraternità, con uno stile di vita semplice ed essenziale, espressione di comunione e di abbandono alla volontà di Dio».

La povertà radicale, codificata da Francesco e Chiara nell’espressione «vivere senza nulla di proprio», si ispira non alle mode correnti ma all’amore di Cristo, al Povero per eccellenza (cf. TestsC 45), da cui entrambi hanno appreso l’arte della spoliazione e dell’abbassamento più radicale e assoluto. Per Chiara e per Francesco la «Santissima povertà» non è semplicemente una virtù, né solo una rinuncia alle cose, ma è soprattutto un nome e un volto: il volto di Gesù Cristo povero e crocifisso (cf. 2 LAg 19). Per Francesco e Chiara la contemplazione di Cristo povero non si riduce a una bella teoria mistica del distacco ma prende carne in una povertà reale, concreta, essenziale.

Francesco prima e Chiara successivamente scelgono di vivere come i poveri per «seguire la vita e la povertà dell’altissimo Signor nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre» (cf. RsC VI, 7): «il momento centrale della conversione di Francesco non è stato quello pauperistico ma il passaggio da una condizione umana ad un’altra, l’accettazione del proprio inserimento in una marginalità, l’ingresso fra gli esclusi. Francesco dunque non scelse tanto di venire in soccorso degli ultimi: erano già in molti a farlo, anche ai suoi tempi; semplicemente scelse di farsi uno di loro, abbracciando il dolore umano e l’emarginazione come via prediletta per seguire le orme di Cristo crocifisso. La sequela Christi, che ritrovava nell’obbedienza e nella povertà i suoi connotati essenziali, portava come sua necessaria conseguenza la condivisione di vita con le categorie marginali della società».

Articoli consigliati