SULLA SUA PELLE – VI DOMENICA T.O./B

 

14 febbraio 2021 – VI DOMENICA T.O./B

 

«Venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, sii purificato!». La pagina evangelica di Marco, riguardante la guarigione del lebbroso, può interrogare ognuno di noi. Chi di noi non ha bisogno di essere toccato, visto, guarito da Cristo? Sappiamo bene che i lebbrosi per la società dell’epoca di Cristo erano emarginati, considerati maledetti da Dio. Le letture di questa VI domenica del Tempo Ordinario mettono in evidenza come Gesù è attento al benessere fisico, morale e spirituale dell’uomo.

Possiamo conoscere davvero Gesù se scegliamo di lasciarci toccare da Lui e di toccare gli altri a nostra volta. In un certo senso, dobbiamo permettere che chi ci sta accanto ci “contamini” con ciò che può farci soffrire e faticare perché inizi veramente a svelarsi a noi il volto di Gesù, che è Dio fatto uomo fino a sfigurarsi, fino a entrare a far parte di quelli che il Papa oggi chiama gli “scarti” dell’umanità. Spesso parliamo di Dio o crediamo di conoscerlo, senza però esserci sporcati le mani sfiorando la carne e l’anima sofferente di un fratello bisognoso. Crediamo di riconoscerlo, di individuarlo nei volti e negli eventi, senza però rinunciare al nostro modo di pensare e di vedere. Il Signore ci chiede di toccare e di soffrire con gli ultimi che invocano ascolto, aiuto, comprensione.

 

 

Dal libro de Levitico (Lv 13,1-2.45-46)

Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli. Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”. Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento».

 

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (1Cor 10,31 – 11,1)

Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio. Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza. Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo.

 

 

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1, 40-45)

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

 

 

“Se vuoi puoi purificarmi”. Il lebbroso si inginocchia davanti a Gesù, sa bene che può liberarlo da questa sua infermità. C’è un grande gesto che unisce l’impuro e il Guaritore, il lebbroso e il Figlio Dio, è il tocco della mano guaritrice del Cristo, e nel suo allungare la mano verso il bisogno altrui c’è, si può dire, uno scambio, l’impuro dà a Cristo la sua infermità e la sua sofferenza, Cristo dà al lebbroso la guarigione, rinnovando la sua vita esteriormente e interiormente. Gesù “ne ha compassione” si commuove, non perché ha pietà di quel malato, ma perché sente sulla sua pelle, proprio come chi ama, la sofferenza altrui. Di fronte alle diverse sofferenze umane, Cristo si fa prossimo, non ha compatito da lontano chi soffre, come spesso facciamo noi, ma ha toccato l’infermità, ha portato su di sé il vissuto dell’uomo, ridando al lebbroso la sua dignità di figlio di Dio, non lo ha fatto sentire diverso, sfortunato, maledetto, ma Amato.

La società di oggi ci invita spesso all’indifferenza nei confronti del diverso. Il povero viene sempre a scomodarci, ci ruba tempo, ci mette in crisi. Il povero non è solo quello in senso materiale, che incontro nelle vie delle città e a cui passo accanto senza fermarmi. Il povero è anche chi vive accanto a me, il coniuge, un figlio, un amico, un collega che esprime un bisogno del mio tempo, del mio ascolto e che io non so riconoscere preso come sono dai miei progetti. Per acquisire questa sensibilità, questa solidarietà con l’altro abbiamo bisogno della relazione con Gesù che viene a toccare le nostre infermità, i nostri egoismi e li guarisce. Senza la luce dello Spirito è impossibile partecipare a questa comunione con l’altro e morire all’uomo vecchio.

 

 

Commento francescano

Nel Testamento di san Francesco leggiamo l’episodio del suo incontro con un lebbroso che abbraccia e bacia vincendo il suo naturale ribrezzo. Questo gesto estremo, pieno di compassione, compie in Francesco un profondo mutamento interiore: dall’autosufficienza, dall’amore per le apparenze e la bella vita alla fiducia e all’amore, alla misericordia verso il prossimo, verso Dio, verso di sé.

Francesco diventa un uomo nuovo! È ormai un uomo libero.

“Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo” (Dal Testamento di san Francesco – n. 110).

 

 

Orazione

Signore, tu che ti sei fatto prossimo al vissuto dell’altro, insegnaci a farci carico della gioia e della sofferenza altrui, fa’ che non guardiamo da lontano chi si trova nelle necessità ma impariamo a sporcarci le mani dell’infermità dei fratelli, dei poveri, non a parole come spesso facciamo, ma con la vicinanza della nostra vita. Tu sei Dio e vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen

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