LECTIO DIVINA – 12 NOVEMBRE 2017 – XXXII T.O. / A

                               

 

             Sap 6,12-16; Sal 62/63; 1Tes 4,13-18; Mt 25,1-13

 

Manca poco ormai alla fine dell’anno liturgico, e la liturgia sapientemente ci invita con una certa urgenza alla Vigilanza, a un atteggiamento del cuore in continuo moto di attesa, perché lo Sposo è vicino e vuol essere accolto da cuori ben preparati, fedeli e perseveranti.

 

Commento alle letture

 

Partendo dalla I lettura veniamo inoltrati in una dinamica di ricerca. La protagonista è la Sapienza, che è personificata nelle vesti di una giovane attraente; è radiosa e luminosa e attrae gli sguardi di coloro che l’amano, e si lascia trovare e contemplare. Coloro che la desiderano la possono trovare facilmente. Questa dinamica della sapienza, che prende l’iniziativa, è come una “profezia” della dinamica della grazia di Dio che va incontro all’uomo. “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato”(Gv 6,44). “E’ Dio che suscita in voi il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni”(Fil 2,13).

La sapienza va incontro a coloro che la cercano con cuore sincero e che sono degni di lei per le loro buone disposizioni.

Anche in questa dinamica la sapienza preannuncia il comportamento del FIGLIO di Dio, sapienza eterna, che è venuto incontro a noi nel mistero dell’Incarnazione, e ha percorso le vie della nostra terra in cerca dell’uomo di tutti i tempi.

 

Nella II lettura, S. Paolo parla con un linguaggio semplice e pieno d’immagini “apocalittiche”, tipiche della tradizione ebraica. La ragione per cui lo fa, è che, siccome il centro della sua predicazione era stato costituito dall’annuncio della parusia di Cristo, i tessalonicesi credettero che si trattasse d’un evento imminente. Ma dopo duemila anni, per quanto vediamo che il giorno del Signore “va ritardando”, abbiamo ancora il diritto e il dovere di pensare e vivere come imminente l’avvenimento finale, al quale tende tutta la storia di salvezza, impregnata del regno di Dio, per l’azione fecondatrice dell’evangelizzazione. Perciò, i cristiani, coscienti dell’insicurezza del momento, saranno sempre vigilanti, uniti a Cristo nella fede, nella speranza e nell’amore.

 

Commento al Vangelo

 

In questa parabola delle 10 vergini, l’esistenza umana è comparata ad “un’uscita in vista di un incontro”, e per questo si avverte in essa il fremito della speranza cristiana: noi sappiamo bene che la nostra vita non procede verso il nulla, ma verso l’abbraccio con un “Qualcuno”, una Persona.

Le dieci vergini e lo Sposo richiamano alla mente la classica simbologia che descrive il rapporto tra Dio e il suo popolo. E’ il prendere la lampada per andare incontro allo Sposo, indica il nostro ruolo ATTIVO nel rapporto con Dio. Queste dieci donne aspettano l’arrivo dello sposo, ma il racconto le definisce 5 sono stolte, il termine greco è mòroi, che significa: distratte e spente, non intuiscono la necessità di alimentare la fiamma con l’olio di riserva; le altre cinque dette sagge, il cui termine greco è frònimoi, sapienti e lungimiranti. La saggezza consiste nel prendere con sé non solo la lampada con la sua scorta ordinaria di olio ma anche dell’altro olio di riserva.

Le cinque donne stolte sono sicure di sé, pensano di avere previsto tutto. Ma lo sposo ritarda… sino a notte, anzi a notte fonda; e le 10 vergini si lasciano sorprendere dal sonno. E, in effetti, è facile addormentarsi sulle proprie abitudini, sulla routine quotidiana, sulle proprie sicurezze anche spirituali. Tutte in questa notte si addormentano. La distinzione non è qui.

Nella Chiesa e nelle nostre comunità non ci sono eroi che vegliano e vigliacchi che si addormentano. Ma ci sono uomini e donne che amano e uomini e donne che sono rinchiusi in un modo di vivere avaro e sonnolento, senza grandi sogni e ideali. Ma in questa notte si alza IMPROVVISO un grido che annuncia l’arrivo dello Sposo. Cos’è questo grido? E’ il grido del Vangelo, che scuote le coscienze, è il grido che sale dai poveri, è il grido dei popoli in guerra, è il grido dei profughi sui barconi, è il grido di chi sprofonda nell’angoscia.

Di fronte a questo grido, ci si sveglia pure di soprassalto ed è qui che serve la riserva dell’olio.

L’olio è la fede che alimenta la fiamma, è la cura, la premura, la responsabilità con cui l’uomo tiene acceso l’amore; è la consuetudine, la costanza nell’ascoltare e nel custodire nel proprio cuore la Parola di Dio, che ci interpella ogni giorno.

L’olio che tiene accesa la lampada però non si può prestare, è qualcosa che ci si deve procurare o meglio ciò per cui ci si deve impegnare personalmente. Ambrogio scriveva in un sermone: “ le vergini alle quali l’olio non viene meno, non mancò cioè la luce della fede, ebbero prudenza e pietà per la propria anima”; e lo Sposo le riconosce ed entrano con Lui.

Gesù con questa parabola ci invita ad una vigilanza “preventiva”, a un’intelligenza che ci rende custodi attenti e responsabili della nostra vita e dei nostri doni. La lampada spenta è l’uomo senza amore; e senza amore non ci possono essere nozze.

Attendere il Signore con la lampada accesa, equivale a vivere consegnandosi ogni giorno all’Amore. Questa “consacrazione all’Amore” è la porta che ci permette di entrare alla festa delle nozze eterne.

 

Commento francescano

 

Se dovessimo inserire Francesco in uno dei due gruppi della parabola odierna, ci verrebbe spontaneo metterlo nelle vergini sagge, infatti Fr Tommaso da Celano scrive: “La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo. Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.” 1 Cel. 84 FF 466-467

 

Preghiera finale

 

Signore nostro Dio, unica nostra speranza, fa sì che il nostro sonno non ci impedisca di cercarti e di venirti incontro, alimenta la nostra fede con la Tua Parola, sorretta dalla luce del Tuo Spirito, per cercarti sempre con amore.

Conservaci nella tua fermezza, guarisci la nostra infermità.

Conservaci nella tua sapienza, liberaci dalla nostra ignoranza.

Tu che ci hai aperto il cuore, accoglici, aprici la porta quando bussiamo, ora e sempre. Amen

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