FARE LUCE PER RITROVARE LA DIREZIONE – XXXII DOMENICA T.O./A

8 novembre 2020 – XXXII DOMENICA T.O./A

 

«La fede» ci dice papa Francesco nella Lumen fidei «è luce che viene dal futuro, che schiude davanti a noi orizzonti grandi e ci porta al di là del nostro “io” isolato verso l’ampiezza della comunione». In questa XXXII Domenica del tempo ordinario,chiediamo a Dio di aumentare la nostra fede per far nostra l’escatologia di cui la liturgia ci parla, e scoprirla poi nell’oggi delle piccole o grandi scelte della nostra quotidianità. Ricordare che la nostra vita si estende oltre quella terrena, ci libera da tante ansie, preoccupazioni, angosce, dona più lucidità e fortezza ai nostri pensieri e alle nostre azioni perché sappiamo di poter contare su un Padre celeste che veglia su di noi ininterrottamente.

 

 

Dal libro della Sapienza (6,12-16)

La sapienza è splendida e non sfiorisce, facilmente si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano. Nel farsi conoscere previene coloro che la desiderano. Chi si alza di buon mattino per cercarla non si affaticherà, la troverà seduta alla sua porta. Riflettere su di lei, infatti è intelligenza perfetta, chi veglia a causa sua sarà presto senza affanni; poiché lei stessa va in cerca di quelli che sono degni di lei, appare loro benevola per le strade e in ogni progetto va loro incontro.

 

 

Dalla prima Lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi (4,13-14)

Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti. Sulla parola del Signore infatti vi diciamo questo: noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.  

 

 

Dal Vangelo secondo Matteo (25,1-13)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”.  Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».      

 

Oggi la liturgia ci dà la possibilità di meditare su una parabola “escatologica”, che ci parla delle realtà ultime della vita. Questo genere di letture, che siamo abituati a sentire senza, in verità, capirle fin in fondo, in questo tempo di pandemia assumono significati ben più profondi e veri. Esse ci mettono finalmente di fronte ad una realtà che può aiutarci a costruire il presente guardando al futuro, donandoci delle coordinate per le scelte da fare oggi. I brani odierni ci ricordano che non siamo onnipotenti, che non tutto si esaurisce nel “qui e ora”, ma dobbiamo renderci conto che le nostre scelte condizionano anche gli altri rendendoci tutti partecipi della qualità della vita che ogni uomo vive: solo se cercheremo la “sapienza” saremo capaci di svegliarci dal torpore delle nostre vite troppo spesso fondate su logiche umane e criteri di potenza. La liturgia ci dice di “vegliare” perché il sonno non sia lo stile di vita del nostro cammino. Nel versetto 5 del Vangelo si dice che le vergini “si assopirono tutte”. Le sagge, però, hanno avuto cura della loro lampada procurandosi l’olio necessario!

Vediamo di approfondire il significato dei simboli presenti nel linguaggio biblico: la lampada ci ricorda l’invito di Gesù ad essere luce del mondo, richiama la città sul monte che fa luce al viandante per indicargli la meta, come la nostra vita dovrebbe aiutare gli altri a ritrovare la direzione. Per continuare a splendere la lampada ha bisogno dell’olio: è l’olio dell’accoglienza usato per accendere le torce in attesa dello sposo; ma l’olio è anche quello che viene messo sulle ferite di chi è stato bastonato dalla vita, come nella parabola del buon samaritano, ed è soprattutto l’olio con cui è unto e consacrato il Messia, colui che il nostro cuore continuamente aspetta. Da tutto questo capiamo perché l’olio è il simbolo di gesti molto personali, e forse per questo la parabola esclude che lo si possa comprare al mercato. Ci sono gesti che possiamo fare solo noi, che non possono essere rimandati o delegati.

Infine, le dieci vergini richiamano la comunità invitata a danzare nella gioia per far festa allo sposo che viene (cfr. Gaetano Piccolo SJ). Sottolineiamo che si parla di uno “Sposo”, non di un giudice che punta il dito sui nostri limiti: Lui sta solo alla porta e bussa. Se durante la nostra vita non ci siamo neppure preoccupati di ascoltare che c’è Qualcuno che bussa per entrare dalla porta del nostro cuore, come possiamo pretendere che alla fine della nostra vita Egli potrà riconoscerci? Il giudizio finale, termine tanto temuto che si riferisce al giudizio su quanto avremo amato Dio e il prossimo e non su quanto ci saremo “comportati bene”, rivelerà solo la realtà delle scelte della nostra vita!        

 

 

Commento patristico

“Se non volete ingannarvi e intendete amare veramente i fratelli, mettetevi bene in mente che non c’è condizione di vita, nella Chiesa, in cui non ci siano dei finti… Incontrerai monaci e monache della vita sregolata; ma si dovrà per questo screditare tutto l’istituto monastico? Ci sono anche falsi monaci. Tuttavia non è compromessa la vita santa dei (veri) fratelli a motivo di quei tali che si spacciano per ciò che non sono. Ci sono monaci falsi, come ci sono falsi chierici e falsi fedeli. Tutti e tre gli stati della vita hanno, fratelli miei, e i buoni e i cattivi. Inevitabilmente in ogni società un po’ numerosa si trovano dei malvagi. Dio stesso, il quale sa come metterci alla prova, mischia con noi anche individui che non persevereranno, anzi ne fa entrare certuni così abili nel simulare che non hanno mosso nemmeno i primi passi sulla via in cui dovrebbero perseverare. Dio sa che per noi è necessario sopportare i malvagi, perché così la nostra bontà farà progressi”.

(cfr. Sant’Agostino, Regola IV, 2; V 5.7; Esposizione sul salmo 99,13; 132,4; 54,9, tratto dalla Vita comune a cura di p. Bellini).  

 

 

Commento francescano

“Dove è carità e sapienza, ivi non è timore né ignoranza.

Dove è pazienza e umiltà, ivi non è ira né turbamento.

Dove è povertà con letizia, ivi non è cupidigia né avarizia.

Dove è quiete e meditazione, ivi non è affanno né dissipazione.

Dove è timore del Signore a custodire la sua casa, ivi il nemico non può trovare via d’entrata.

Dove è misericordia e discrezione, ivi non è superfluità né durezza”.

Nella XXVII Ammonizione troviamo la sintesi mirabile di tutta la proposta formativa rivolta ai frati. Il cammino sapienziale che un servo di Dio compie quando affronta l’imprevedibilità dell’esistenza, segnata spesso da sorprese dolorose nelle relazioni con gli altri, deve condurre alla qualità della vita, ad una esistenza beata e lieta, dunque pienamente umana. Le scelte “virtuose” che qui si contrappongono ai vizi chiedono tanta virtus, tanta forza, trasformano il frate in un uomo adulto, capace della forza della verità con se stesso per smascherare tutti i meccanismi di autoinganno. La virtus dell’uomo sapiente è misurata sulla forza di Colui che ha vinto il mondo lasciandosi consegnare da vinto, ma con amore, all’ingiustizia della croce. Percorrendo questa strada si trova “la salvezza dell’anima”, cioè la salvezza della propria identità, proclamata con ovvietà nei momenti “facili”, in cui gli eventi della vita danno “soddisfazione”, ma sconvolta o profondamente provata quando “coloro che dovrebbero darci soddisfazione ci si mettono contro”. (cfr. “Fate attenzione fratelli!” di P. Maranesi OFM Capp)

    

 

Orazione finale

O Dio, la tua sapienza fonte di sicuro cammino e d’impegno evangelico, sia la forza che alimenta l’olio delle nostre lampade, per essere pronti a incontrarti e ad entrare con te alla festa nuziale. Te lo chiediamo per Cristo tuo Figlio e nostro Signore. Amen

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