OLTRE LA MORTE: LO SPIRITO E IL PERDONO – SOLENNITA’ DI PENTECOSTE/A

28 maggio 2023 – SOLENNITA’ DI PENTECOSTE/A

 

La Pentecoste narrata dall’evangelista Giovanni avviene la sera stessa della Risurrezione, il primo giorno dopo lo Shabbat che, in quell’anno (il 30 d.C.), era coinciso con la Pasqua ebraica: diversamente dall’evangelista Luca, che la colloca cinquanta giorni dopo per farla coincidere con la Pentecoste ebraica (Shavuot) che fa memoria del dono delle tavole della Legge sul Sinai al popolo uscito dall’Egitto, Giovanni vuole creare un legame immediato fra Risurrezione e Spirito Santo.

 

 

Dagli Atti degli apostoli (2, 1-11)

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

 

 

Dalla Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (12, 3b-7. 12-13)

Fratelli, nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo.
Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune.
Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.

 

 

Dal vangelo secondo Giovanni (20, 19-23)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

 

La voce dello Spirito che parla all’anima di ciascuno, è lo Spirito del Risorto, la voce di fuoco che insegna a vivere da risorti e ad annunciare al mondo che la morte non è un tragico epilogo, ma il “passaggio”, la vera “Pasqua” necessaria per vivere in eterno, accanto al Padre.
La “pace” che in questo brano ritorna due volte in pochi versetti (vv. 19 e 21) è un dono di pienezza, di compiutezza che si realizza solo facendo esperienza dell’incontro con Colui che ha vinto la morte e tutti i “timori” di fallimento, inutilità e non-senso (v. 19) che essa porta con sè. Scoprire concretamente che la vita ha un orizzonte infinito porta ai discepoli una gioia immediata (v. 20): la vista delle ferite della crocifissione dà loro la certezza che il Signore ha attraversato la morte, ma non è sparito nel nulla, non è stato annientato dalle sofferenze che ha patito.
Egli torna con un “mandato” per noi, ricevuto da Dio stesso (v. 21): quello di perdonare i peccati, di annunciare che quando ci si rivolge di nuovo a Dio dopo avere camminato anche a lungo in direzione contraria, Dio ci guarda come se fossimo creature completamente nuove; Dio ha gli occhi di un Padre. Il “soffio” (v. 22) dello Spirito effuso da Cristo risorto riecheggia, infatti, il soffio di vita della Creazione del Libro di Genesi (2,7).

Luciano Manicardi, priore di Bose, in un commento a questo brano ne sottolinea gli elementi di “pienezza”: il legame inscindibile fra corpo come “unico luogo dell’amore”, e Spirito che procede dal corpo del Risorto, dalle mani, dal fianco, dal soffio. Anche il tema del perdono è visto nella sua complessità di dono di Dio e, contemporaneamente, di “dinamismo umano (…) lungo e faticoso: per perdonare occorre rinunciare alla volontà di vendicarsi; riconoscere che si soffre per il male subìto e che tale male ci ha privati realmente di qualcosa; condividere con qualcuno il racconto del male subìto; dare il nome a ciò che si è perso per poterne fare il lutto; dare alla collera il diritto di esprimersi; perdonare a se stessi (…); comprendere l’offensore, cioè guardarlo come un fratello che il male ha allontanato da me; trovare un senso al male ricevuto; sapersi perdonati da Dio in Cristo. Questo cammino il credente lo vive aprendosi alle energie dello Spirito che fanno regnare Cristo in lui e nei suoi rapporti “.

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