PUOI PERDERMI?

Ciascun essere umano struttura il proprio desiderio a partire da una domanda che attraversa la vita di ogni bambino sin dai primi tempi della sua esistenza: «Puoi perdermi?». Questa domanda implica innanzitutto una interrogazione del bambino rivolta al desiderio dei suoi genitori: cosa sono per voi? È una domanda che suppone un’invocazione, finanche una preghiera. C’è qui il desiderio di essere desiderato dal desiderio dell’Altro. Il desiderio dell’uomo è il desiderio dell’Altro. 

Nella domanda angosciata del bambino: «Puoi perdermi?» vediamo fissarsi la natura dialettica del desiderio umano. Senza la presenza dell’Altro la vita non si umanizza, resta nuda vita, vita spogliata di senso, vita dissociata dalla vita. «Puoi perdermi?» è, dunque, un’invocazione, una preghiera che originariamente il piccolo dell’uomo rivolge al proprio Altro. Essa si annuncia a partire dal grido che accompagna la sua venuta al mondo. Per questo, probabilmente, gli uomini hanno da sempre pregato. La tradizione biblica lo ha reso evidente: la preghiera fa esistere almeno uno nell’universo che non può perdermi, che ama incondizionatamente la mia vita essendo la mia vita, come quella di ogni sua creatura, degna di essere amata.

Massimo Recalcati

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