DIO E’ NEI DETTAGLI – XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO/B

 

4 luglio 2021 – XIV Domenica del T.O./B

 

Il profeta Ezechiele, san Paolo, Gesù e i suoi concittadini sono i protagonisti delle letture di questa domenica. Qui in monastero abbiamo appena concluso un percorso di lettura di alcuni testi di San Francesco e di Santa Chiara, aiutate da padre Bernardo Molina, frate cappuccino e docente di Scritti francescani, che ha sviscerato per e con noi alcuni dei testi più importanti dei nostri fondatori. Vi proponiamo una riflessione in parallelo fra le letture di domani e alcuni aspetti della vita spirituale che maggiormente stavano a cuore ai due santi di Assisi, perchè possiate, insieme a noi, fermarvi qualche minuto e mettere a fuoco i movimenti della vita interiore.

 

 

Dal libro del profeta Ezechiele (2, 2-5)

In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava. Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”. Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro».

 

 

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (12, 7-10)

Fratelli, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.

 

 

Dal Vangelo secondo Marco (6, 1-6)

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

 

 

UNO SPIRITO ENTRO’ IN ME

Così si esprime Ezechiele prima di iniziare a profetare. Il rapporto di Francesco con la Parola di Dio è dialogo con una persona viva: in lui e in Chiara l’approccio al Vangelo è esistenziale, concreto, non teologico, di studio. Perchè la Parola entri in noi fino a trasformarci ci vogliono tempo e costanza perchè essa investe il nostro intelletto, l’affetto e le opere con il tempo. E’ necessario che leggiamo la Scrittura, lo stesso brano, più volte, senza correre subito a consultare il commento del nostro Messalino e degli autori più noti, seppur profondi e utilissimi. Cerchiamo, invece, di assaporare che cosa il Signore sta dicendo a me, soffermandoci sulle parole più frequenti, sul contesto in cui le parole vengono pronunciate, sui protagonisti…perchè, nel tempo, il nostro pensiero diventi quello del Signore.

 

AFFINCHE’ IO NON MONTI IN SUPERBIA

La ben nota e misteriosa “spina” che tormentò la carne di san Paolo fu l’antidoto alla sua superbia: nonostante, inizialmente, avesse pregato il Signore di esserne liberato, ne fu poi contento, anzi, potremmo dire “orgoglioso” e compiaciuto! Sì, perchè vincere la lotta con i normali vizi della natura umana è un bene, per noi e per chi ci sta accanto. Anche Francesco e Chiara esortavano, con una passione dettata dall’amore, i loro fratelli e sorelle (e anche noi) a guardarsi dalla superbia, dalla vanagloria, dall’invidia (che rivelano un “disordine” nel rapporto con noi stessi); dall’avarizia e dalla cura e preoccupazione delle cose di questo mondo (“disordine” nel rapporto fra noi e le cose: quante volte confondiamo l’urgenza con l’importanza e ci lasciamo ingerire da urgenze che non sono affatto importanti e che ci rendono poi ansiosi e aggressivi?); dalla detrazione, mormorazione, dal dissenso e dalla divisione, che creano “disordine” nel nostro rapporto con gli altri.

Quale antidoto a questi vizi che tutti conosciamo e “pratichiamo”? La preghiera costante cioè una vita, un affetto che, negli impegni quotidiani, sono sempre vissuti alla presenza di Dio, perchè il Suo Spirito entri in noi e i nostri desideri diventino i Suoi.

 

DIO E’ NEI DETTAGLI

La vera sapienza, del frate minore, della clarissa, di ciascuno di voi, nasce dal basso, da ciò che, dice padre Bernardo, sfugge al primo colpo d’occhio. I compaesani di Gesù non lo riconobbero: un Messia falegname, con tanto di indirizzo e parenti? Qui il nostro pensiero si scandalizza, inciampa. Forse l’in-vidia impediva loro di vedere il bene, appunto, di riconoscere in quell’uomo il Figlio di Dio. Guariva, infiammava i cuori, portava a uomini e donne misericordia, perdono: mostrava il volto di Dio, ma non tutti avevano un cuore puro, libero, ferito, umile, condizioni necessarie perchè la vita spirituale possa funzionare.

Per Francesco e Chiara la cosiddetta minorità si concretizza in tre punti sui quali anche voi potete riflettere: la costruzione di relazioni responsabili, autonome, senza creare dipendenze e possessi, trasparenti, con l’autorità, aspetto che riguarda non solo noi religiosi, ma anche le relazioni all’interno delle famiglie, delle parrocchie, delle comunità, dei gruppi…

Poi la costruzione di relazioni di carità, incontro, reciprocità, dialogo, ascolto. Nutrirci,  amarci e sostenerci a vicenda è fondamentale.

Infine, la fragilità, la debolezza, la malattia, come luoghi centrali di incontro e possibilità di dialogo, territori del corpo e dell’anima che ci aiutano a creare e a mantenere la fiducia e la compassione, la misericordia.

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