LECTIO DIVINA – 16 Dicembre 2018 – III Domenica di Avvento / C

     

      Sof 3,14-17; Fil 4,4-7; Lc 3,10-18

 

      Siamo, ormai, a metà del percorso che la liturgia ci propone per prepararci al Natale. Oggi, terza domenica di Avvento, ci viene donata la fonte della nostra serenità: rallegrarsi sempre nel Signore! Questo Dio presente nella nostra storia e nelle nostre vite chiede che nella Verità c’incamminiamo e perseveriamo in un percorso di conversione personale che ci faccia gustare la gioia di essere Suoi figli e quindi sorelle e fratelli tra noi uomini.

 

Testo e commento alle letture

 

Dal libro del profeta Sofonia (3,14-17)

 

       Rallegrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico.

       Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. In quel giorno si dirà a Gerusalemme: “Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia”.

 

       Questo brano del profeta Sofonia è un’esplosione di gioia! Nei primi versetti dello stesso capitolo terzo l’autore sacro profetava il castigo sui capi, giudici, profeti e sacerdoti di Gerusalemme ma, ecco, ora proclama che il Signore in quel giorno, nel giorno della Sua ira, interverrà portando vera giustizia e benedizione per Gerusalemme e le nazioni tutte. Importante è notare che il verbo “rallegrati” presente in apertura, è lo stesso verbo usato dall’arcangelo Gabriele nell’annunciare alla Vergine Maria: “il Signore è con te”! Continuando, poi, a meditare questo brano incontreremo il versetto conclusivo che confermerà quanto detto sopra. Questo Dio “potente” è un guerriero che è in grado di salvare nel Suo nome tutti i nemici del Suo popolo. La gratitudine per tale Dio che non ci lascia soli nella battaglia diventa stupore quando sentiamo che il nostro Dio è un Dio di misericordia che si rallegra per il peccatore che ha perdonato perchè Lui è Amore e, come uno sposo gioisce per la sua sposa, così Dio esulterà per te! Quale grande responsabilità: non deludere con la nostra vita tanto e tale Amore!

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi (4,4-7)

 

Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.

 

Quando san Paolo scrive questa lettera è in prigione a causa della sua predicazione; eppure le sue sono parole di gioia e speranza: “IL SIGNORE È VICINO”! Tale annuncio cristiano prende forma, ancora oggi, nel nostro quotidiano: il Dio che Paolo annuncia non è lontano dall’uomo, ma in Gesù Cristo si è fatto carne e continua a seguirci nelle gioie e preoccupazioni che ogni vissuto presenta. Paolo, infatti, ci esorta con queste parole: “in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere suppliche e ringraziamenti”. Ascoltiamolo affinchè la nostra vita possa trascorrere con serenità e pace nella certezza che la nostra esistenza non è vana.

 

Testo e commento al Vangelo

 

Dal Vangelo secondo Luca (3,10-18)

 

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: “Che cosa dobbiamo fare?”. Rispondeva loro: ”Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”. Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: ”Maestro, che cosa dobbiamo fare? . Ed egli disse loro: ”Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”. Lo interrogavano anche alcuni soldati: ”E noi, che cosa dobbiamo fare?”. Rispose loro: ”Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe”.

Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: “Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui io non sono degno di slegare i lacci dei sandali.    

Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile. Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

 

Quante volte nella nostra vita ci siamo fatti questa domanda: “Che cosa dobbiamo fare?”. Anche noi come le folle, gli odiati esattori di tasse e cioè i pubblicani con i soldati, dobbiamo cercare, andare da persone giuste che a nome e per conto di un’Istituzione ci indichino sentieri di Dio nelle scelte più o meno importanti della vita quotidiana. Tutte e tre le risposte date da Giovanni in questo brano indicano, infatti, un unico programma di vita fatto di comportamenti evangelici. Alle folle risponde di essere attenti a condividere i beni primari quali cibo e vestiario; ai pubblicani fa presente che devono chiedere solo la retribuzione dovuta delle tasse e non un soldo in più e, infine, ai soldati richiede di essere sobri e di accontentarsi delle loro paghe. In tutto questo la domanda “cosa dobbiamo fare?”, cara a Luca, evidenzia un’apertura dell’ascolto; infatti è la stessa richiesta che ritroviamo negli Atti degli apostoli (2,37) dopo il lungo discorso di Pietro e delinea una domanda per un itinerario di conversione battesimale. Il Battista qui propone proprio l’itinerario profetico classico di conversione: la fraternità nella giustizia e nella solidarietà che, poi, Gesù completerà al capitolo 6 dello stesso Vangelo proponendo come modello se stesso, il Figlio che vive la misericordia del Padre. Infatti è importante ricordare che la promessa di Dio sta sempre sopra ogni attesa dell’uomo e la funzione del Battista è solo quella di mantenerla sempre aperta, per non ridurre il dono e la gloria di Dio a livello di una semplice speranza umana, sia pure di solidarietà e di giustizia. Giovanni spiega che lui non innalza l’uomo a Dio! Lui immerge l’uomo nella sua creaturalità fatta di limite e di morte in attesa che venga il più forte, Colui che lo immergerà nello “Spirito santo”, nella stessa vita di Dio. Questa e non altra è la salvezza dell’uomo: partecipare alla vita di Dio, al fuoco della sua Luce e, connesso con il tema del fuoco, emerge quello del Giudizio con allusioni al profeta Malachia (Ml 3,19s) e a Isaia (Is 66,24). Il senso, però, non è quello di condanna ma di rivelazione della realtà di male per portare l’uomo a conversione!

  

Commento patristico

 

Sant’Agostino nel Libro V della sua opera “Le confessioni”, al paragrafo 2 afferma: “Tu non abbandoni le tue creature come esse abbandonano il loro creatore. Se si volgono indietro da sé a cercarti, eccoti già lì, nel loro cuore, nel cuore di chiunque ti riconosce e si getta ai tuoi piedi, piangendo sulle tue ginocchia dopo il suo aspro cammino. Tu prontamente ne tergi le lacrime, e più singhiozzano allora e si confortano al pianto perché sei tu, Signore, e non un uomo qualunque, carne e sangue, ma tu, Signore, il loro creatore che le rincuori e le consoli. Anch’io dov’ero quando ti cercavo? Tu eri davanti a me, ma io mi ero allontanato da me e non mi ritrovavo. Tanto meno ritrovavo te”.

Da quanto detto sopra emerge la figura del nostro Dio giudice ma tanto misericordioso; e noi, se sappiamo guardarci con verità scopriamo nel nostro cammino i nostri errori e, senza scandalizzarci o vergognarci, possiamo ritornare a Lui nel giusto sentiero con cuore purificato e fedele.

 

Commento francescano

 

“Beato il servo il quale non si ritiene migliore, quando viene magnificato ed esaltato dagli uomini, di quando è ritenuto vile, semplice e spregevole, poiché quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non più” (San Francesco, Ammonizione XIX).

 

La vita si snoda tra la relazione con se stessi, con l’altro e con Dio. Sappiamo bene che la coscienza di sé non è il frutto di una pura autoanalisi; bensì il risultato di una relazione con l’esterno e se anche gli altri non fanno la verità di noi stessi, ci aiutano a riconoscerla; ma allora come capire fino a che punto possiamo farci condizionare dal parere positivo o negativo dell’altro? Francesco in questo suo scritto ne dà un’indicazione: solo in Cristo l’uomo troverà il fondamento incrollabile e fedele della sua esistenza; solo in Dio, infatti, l’uomo trova la sorgente della sua verità semplice che lo fa essere contento di sé; a partire da questa appartenenza a Dio e a se stesso, potrà stendere la mano all’altro per restargli vicino, anche se fosse un nemico (cfr. “Fate attenzione, fratelli!”, P. Pietro Maranesi ofm cap).

 

Orazione finale

 

O Dio potente e glorioso, porta a compimento il tuo disegno universale di salvezza e fa’ che ogni uomo senta la Bellezza di farne parte. Amen.

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