Santa Chiara: il suo amore per l’Eucarestia e la sua tenace difesa della povertà e dell’unica ricchezza che è l’amore di Dio, il suo sguardo contemplativo, la sua fedeltà al carisma trasmessole da Francesco
LA SUA VITA
Chiara nasce ad Assisi nel 1193 da una nobile e ricca famiglia.
È ancora bambina quando in città scoppia una guerra civile tra i nobili e la nascente borghesia. Chiara è costretta a rifugiarsi a Perugia, dove rimane fino alla giovinezza. Tornata ad Assisi, desiderosa ormai di vivere solo per Dio, rifiuta ogni proposta di matrimonio e si dedica volentieri alla preghiera e alle opere di carità.
Sentendo parlare di frate Francesco, già seguace di Cristo povero, vuole incontrarlo e scopre così di avere nel suo cuore la stessa vocazione.
La notte della Domenica delle Palme del 1212 fugge di casa per raggiungere Francesco e i suoi frati alla Porziuncola. Qui si dona al Signore, rinunciando alla sua famiglia, alla sua elevata condizione sociale e a tutti suoi beni.
Nasce così l’Ordine delle “Sorelle Povere”, chiamate poi Clarisse, che in poco tempo si diffonde in tutto il mondo. Attualmente le Clarisse sono 18.000, vivono in 900 Monasteri, presenti in 60 nazioni. In Italia vi sono 113 Monasteri con circa 1.300 Sorelle.
ALLE SORGENTI DI UN AMORE
Chiara è una donna che ama, «guarda, considera, contempla e desidera imitare Cristo», per questo nella Regola esorta le sue Sorelle a «desiderare sopra ogni cosa lo Spirito del Signore e la sua santa operazione e pregarlo sempre con cuore puro».
Per lei tutto si riassume in un lungo sguardo su Cristo; ha fissato su quel Volto lo sguardo, la mente e il cuore; ha scoperto nei lineamenti di Cristo «l’amore inaudito del Figlio dell’Altissimo che si è fatto piccolo, è nato povero, ha vissuto povero fra gli uomini, è morto su una croce per rivelarci il suo amore e arricchirci della sua povertà».
UNA VIA DI LIBERTÀ
Come il pellegrino che non si ingombra di inutili bagagli, Chiara ha sperimentato che camminare sulla via della povertà ci trasforma poco a poco e libera le mani per permetterci di accogliere e custodire i doni di Dio, libera le menti per orientarle verso l’essenziale, libera i cuori per aprirli agli altri, ci libera soprattutto da noi stessi e scava in noi la capacità di accoglienza per «ricevere colui che il cielo e la terra non possono contenere». Così liberata, Chiara può consigliare ciò che vive lei stessa: «Corri con passo leggero, senza inciampare nei sassi della strada, senza neppure sollevare la polvere, va’ fiduciosa e gioiosa sulla via della felicità».
IL DONO DELLA FRATERNITÀ
Chiara esorta: «Siate sempre amanti di Dio, delle vostre anime e di tutte le vostre sorelle». Essere amante della propria anima è innanzitutto riconciliazione con se stessi, è dire a Dio, come Chiara: «Benedetto sii tu, Signore, di avermi creata».
Essere amanti delle sorelle risuona come un’eco del testamento di Gesù: «Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato».
Chiara canta così la speranza di conoscere fin d’ora la dolcezza e la forza di un amore che fa esistere l’altro e porta su di lui uno sguardo capace di vedere che «è cosa buona», riflesso dello sguardo creatore di Dio nel giardino dell’Eden.
È un’eredità di Chiara lo sguardo che applaude all’esistenza dell’altro rifiutando di rinchiuderlo nell’usura del tempo; sguardo meravigliato per la sua presenza; sguardo che è felice ogni mattino di riscoprire i lineamenti di un volto che disegna l’icona dell’unico Volto: Gesù.
Eredità che continua nelle nostre vite quando, sussurrando il nome di un fratello o di una sorella, possiamo fare nostro quel grido meravigliato: «Benedetto sii tu, Signore, di averlo creato».