[116] E dopo che il Signore mi dette dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. Ed io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me la confermò.
[117] E quelli che venivano per abbracciare questa vita, distribuivano ai poveri tutto quello che potevano avere, ed erano contenti di una sola tonaca, rappezzata dentro e fuori, del cingolo e delle brache. E non volevamo avere di più.
[119] Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all’onestà. Coloro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l’esempio e tener lontano l’ozio.
[121] Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto: “Il Signore ti dia la pace!”.
dal TESTAMENTO DI FRANCESCO D’ASSISI (Fonti Francescane 116, 117, 119, 121)
I caratteri fondamentali della primitiva esperienza fraterna ricordarti da Francesco sono tanto semplici quanto in continuità con la sua intuizione personale: la scelta della povertà materiale cresciuta nella letizia, la preghiera semplice rivolta a Dio senza il bisogno di attirare la gente, la scelta della sudditanza e della minorità rifiutando ogni posizione di potere e di privilegio nella società, il lavoro manuale come modo quotidiano di mantenersi, ricorrendo all’elemosina come gli altri poveri, solo nei casi di necessità.
Soltanto queste condizioni potevano rendere credibile ed efficace il messaggio di pace che avevano scelto quale tema fondamentale della loro evangelizzazione. Assumere scelte adeguate e fedeli alla propria vocazione minoritica per servire con prontezza ed efficacia alle richieste di misericordia e di evangelizzazione che vengono dal mondo, è possibile, dice Francesco ai suoi frati nel Testamento, solo se ripartirete ogni volta dalla storia incredibile che Dio ha fatto con me. Questa è l’”eredità preziosa” racchiusa nello scrigno del suo Testamento.