Ti perdono perché ti voglio con me in Paradiso – XXIV DOMENICA DEL T.O./A

 

13 settembre 2020 – XXIV Domenica del T.O./A

 

«Sì, lo perdono. Lo perdono di cuore e spero che anche Dio lo perdoni, perché lo voglio con me in Paradiso». Queste parole di santa Maria Goretti, da lei pronunciate prima di morire, ci introducono bene nell’ascolto della Parola di questa XXIV Domenica del Tempo Ordinario. Il Signore, “misericordioso e pietoso”, chiede a noi che siamo soltanto carnedi non ergerci a giudici dei nostri fratelli e di ricordarci che “l’uomo è come un soffio, i suoi giorni come ombra che passa” Sal 143 (144).

 

 

Dal libro del Siracide (Sir 27, 30 – 28, 9)

Rancore e ira sono cose orribili,e il peccatore le porta dentro.Chi si vendica subirà la vendetta del Signore, il quale tiene sempre presenti i suoi peccati. Perdona l’offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Un uomo che resta in collera verso un altro uomo, come può chiedere la guarigione al Signore? Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile, come può supplicare per i propri peccati? Se lui, che è soltanto carne, conserva rancore, come può ottenere il perdono di Dio? Chi espierà per i suoi peccati? Ricordati della fine e smetti di odiare, della dissoluzione e della morte e resta fedele ai comandamenti. Ricorda i precetti e non odiare il prossimo, l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui.

 

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 14, 7-9)

 Fratelli, nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore. Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi.

 

 

Dal vangelo secondo Matteo (Mt 18, 21-35)

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.  Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

 

         Al servo del brano evangelico viene condonata una grande somma di denaro dal re ma lui stesso, di fronte alla richiesta del suo compagno che gli doveva appena cento denari (l’equivalente di 5 euro), “non volle” condonare la misera cifra e si mise addirittura a soffocare il povero debitore. “Non volle”… quante volte anche noi davanti al limite e al peccato del fratello o della sorella “non vogliamo”, pretendendo che l’altro sia perfetto e senza limiti o peccati. Il libro del Siracide ci ricorda che “l’uomo è soltanto carne”nel senso che è passibile di peccato e corruzione, e quindi non può ergersi a giudice giusto del prossimo. Perdonare, significa riconoscere nel proprio cuore che il fratello non può mai essere un nemico, casomai può essere il mezzo che il Nemico (il diavolo) usa, di solito senza che lui se ne renda pienamente conto. In ogni caso il prossimo rivela al nostro cuore quanto sia difficile sentirsi fratelli generati dall’unico amore di Dio.“Regolare i conti”allora significa semplicemente entrare in relazione con il Signore da veri figli e non vedere il fratello come un rivale da dover soffocare, solo perché ci manifesta quello che siamo.

Il Siracide ci consiglia, come antidoto contro il rancore e il giudizio, di ricordare che siamo polvere: “Ricordati della fine e smetti di odiare, della dissoluzione e della morte e resta fedele ai comandamenti”.Così possiamo ricominciare ogni giorno ad amare il fratello o la sorella che ci vive accanto, specialmente quando “commette colpe contro di me” perchè Dio, che è “il Misericordioso”, è colui che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi e manda la pioggia sui giusti e sugli ingiusti. Inoltre il Siracide ci offre una chiave ulteriore per leggere il brano evangelico: il non perdonare non è solo un’ingiustizia verso l’altro ma anche verso se stessi, perchè chi “non ha misericordia per l’uomo suo simile, come può supplicare per i propri peccati?”. L’incapacità di perdono di accoglienza dell’altro è incapacità di perdono di se stessi e incapacità di accoglienza di quanto ci viene donato da Dio.

 

 

Commento Francescano

 Noi, come scrive san Francesco nella Lettera a un Ministro, siamo chiamati a donare misericordia anche se l’altro non chiede misericordia. Chiediamo nella preghiera che il nostro vivere sia un continuo “Sì” al fratello cercando il suo interesse e non il nostro. Siamo chiamati infatti a vivere per il Signore e non per guardare a noi stessi. Nel fratello c’è Cristo, lo dice egli stesso: “l’avete fatto a me”e quindi anche con tutte le sue fragilità siamo chiamati ad accoglierlo, perché diventi in Gesù “nostra gioia e nostra corona”e, come direbbe santa Chiara, nostra consolazione dopo Dio.

Io ti dico, come posso, per quello che riguarda la tua anima, che quelle cose che ti sono di impedimento nell’amare il Signore Iddio, ed ogni persona che ti sarà di ostacolo, siano frati o altri anche se ti coprissero di battiture, tutto questo devi ritenere come una grazia. […] E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se ti diporterai in questa maniera, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede;  e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli.

 

 

Commento Patristico  Le cinque vie della riconciliazione con Dio dalle «Omelie» di san Giovanni Crisostomo (Om. sul diavolo tentatore 2, 6; PG 49, 263-264)

Volete che parli delle vie della riconciliazione con Dio? Sono molte e svariate, però tutte conducono al cielo. La prima è quella della condanna dei propri peccati. Confessa per primo il tuo peccato e sarai giustificato (cfr. Is 43, 25-26). Perciò anche il profeta diceva: «Dissi: Confesserò al Signore le mie colpe, e tu hai rimesso la malizia del mio peccato» (Sal 31, 5). Condanna dunque anche tu le tue colpe. Questo è sufficiente al Signore per la tua liberazione. E poi se condanni le tue colpe sarai più cauto nel ricadervi. Eccita la tua coscienza a divenire la tua interna accusatrice, perché non lo sia poi dinanzi al tribunale del Signore. Questa è dunque una via di remissione, e ottima; ma ve n’è un’altra per nulla inferiore: non ricordare le colpe dei nemici, dominare l’ira, perdonare i fratelli che ci hanno offeso.  Anche così avremo il perdono delle offese da noi fatte al Signore. E questo è un secondo modo di espiare i peccati. «Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi» (Mt 6, 14).

 

Orazione finale

Signore Gesù, donaci il coraggio e l’audacia di riconoscere l’amore gratuito che ci fa essere tuoi familiari nel perdono reciproco ricominciando ogni giorno ad amare nel tuo nome. Tu sei Dio e vivi e regni con Dio Padre nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 

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