Dio in un seme-XV DOMENICA DEL T.O./A

 

12 luglio 2020 – XV Domenica del T.O./A

In questa XV Domenica del Tempo Ordinario, il Signore si rivela al nostro cuore come il Dio che rimane fedele alle promesse di benedizione fatte, che ci ricorda di puntare sulla sua fedeltà lasciandogli lo spazio di agire nella nostra vita. Attraverso la parabola del seminatore ci rivela che Lui comunica se stesso, cioè il suo amore, a tutti, racchiudendosi in un minuscolo seme, affidato alle nostre cure. Il suo amore sconfinato chiede la nostra risposta e il nostro lavoro di cura e custodia.

 

Dal libro del profeta Isaia (Is 55,10-11)

Così dice il Signore: «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».

            La pericope proposta oggi alla nostra attenzione è tratta dal cap. 55 di Isaia nel quale il Signore al popolo sfiduciato in esilio in Babilonia si rivela come il Dio fedele che porta a compimento le sue promesse: “Sì, voi partirete con gioia e sarete ricondotti in pace”(Is 55,12). Egli dimostra la sua fedeltà usando l’immagine della pioggia e della neve che, nella loro funzione benefica, aiutano la terra a produrre i suoi frutti come proclama il salmo responsoriale: “Tu visiti la terra e la disseti, la ricolmi delle sue ricchezze”(Sal 64).  La Parola di Dio non torna a lui a vuoto, senza aver compiuto ciò che lui vuole e condotto a buon fine ciò per cui l’ha mandata. Dio è fedele. Egli nella sua bontà e misericordia porta sempre a compimento i suoi progetti. Questo per noi è sicurezza, conforto, fede e serenità.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 8,18-23)

Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità, non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta, nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.

            L’Apostolo ci esorta a cogliere come opportunità le prove che la vita ci presenta, di fatto Paolo e i cristiani di Roma stavano attraversando momenti di grande sofferenza. Egli rassicura la comunità dei romani e noi, affermando con certezza che la gloria futura che li attende e ci attende, sarà ben più grande delle sofferenze che possiamo vivere nell’oggi.

 

Dal Vangelo secondo Matteo 
(Mt 13,1-23)

[ Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.  Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».  ]

Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha,verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete,guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

 

       Gesù ci parla, attraverso la parabola del seminatore, di un Dio che elargisce a tutti e ovunque: lungo la strada, sul terreno sassoso, sui rovi esul terreno buono. Dio semina su ogni tipo di terreno, senza preventivi calcoli di rendimento sulla base delle caratteristiche del suolo; vale a dire che Dio dà a tutti gli uomini la promessa di una vita nuova, senza escludere nessuno e senza privilegiare qualcuno sulla base di attitudini, capacità e meriti. La vita nuova, la relazione con il Padre, un’esistenza autentica e piena costituiscono il contenuto del seme che Dio ha piantato nel cuore di ogni uomo. Sono le promesse che si dischiudono e realizzano nella vita di quanti si lasciano mettere in discussione, accolgono la sua Parola e la praticano. Di quanti si fanno terreno ospitale per il seme e gli permettono di mettere radici, di germogliare, di svilupparsi e di fruttificare. «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra» ( Mc 4, 30-32) Diventare un terreno che, accogliendo Dio, dona ristoro agli altri. Diventare una benedizione per gli altri. Questa è la grandezza, la generosità e l’estensione del progetto di Dio per noi.

Inoltre il Padre desidera che tutti i suoi figli conoscano e vivano nel bene, tanto da accettare il rischio che la sua Parola di Vita sia gettata sulla strada per essere mangiata dagli uccelli del cielo. Rischia, quindi, che il suo amore per noi cada nel vuoto assoluto senza portare frutto, oppure gioisce perché quel seme caduto sulla terra buonaporti frutto “il cento, il sessanta, il trenta per uno”. A Dio non interessa di perdere, al contrario di noi. Spreca se stesso per guadagnare l’uomo. Quanto amore!

 

Commento patristico

Dal “Commento sul libro dei Numeri” di san Cirillo di Alessandria, vescovo

Cristo fu la primizia di questo frumento, egli che da solo sfuggì alla maledizione, proprio quando per noi volle farsi maledizione. Anzi egli vinse perfino la forza della corruzione, tornando da sé all’esistenza “libero fra i morti”. Infatti risuscitò sgominando la morte; anzi ascese al Padre, come dono offerto quale primizia dell’umana natura, rinnovata nella incorruttibilità. Il genere umano può essere paragonato al grano nel campo: nascendo dalla terra in attesa della sua conveniente crescita è strappato via via dalla morte lungo il corso del tempo. Egli stesso anzi, si definisce come un grano di frumento: “In verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto” (Gv 12,24). Perciò egli si è fatto anatema, o come qualcosa di consacrato e immolato per noi, simile a un manipolo di spighe, primizia della terra.

 

Commento francescano

Compilazione di Assisi (FF: 1643)

E poiché temeva molto lo scandalo in sé e nei frati, non voleva fare contese con loro, ma accondiscendeva alla loro volontà, sia pure a malincuore, scusandosene davanti a Dio. Ma affinché non tornasse infeconda a Dio la parola (Is 55,11) che egli poneva nella sua bocca per utilità dei fratelli, egli voleva anzitutto farla fruttare in se stesso, e così ottenerne la ricompensa divina. E alla fine in questo il suo spirito trovava quiete e consolazione.

 

Orazione conclusiva

            Signore Gesù, libera il nostro cuore da tutti i rovi e i sassi che ostacolano la tua accoglienza dentro di noi, e insegnaci a morire a noi stessi come il chicco di grano che perprodurre frutto deve prima marcire. Tu sei Dio e vivi e regni nell’unità dello Spirito santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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