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NEWSLETTER n° 14 - 2 maggio 2019

  • IL CRISTO SI UNISCE ALL'UOMO MEDIANTE I MISTERI, PORTE DELLA VITA - Cabasilas
  • LECTIO DIVINA - 5 Maggio 2019 - III Domenica di Pasqua / C

Il Cristo si unisce all'uomo mediante i misteri,

porte della vita

Vita in Cristo
Cristo è realmente presente, e alimenta le fonti della vita da lui stesso portata con la sua venuta. Ma non è presente, come un tempo, per avere in comune con noi il cibo, la parola, l'esistenza quotidiana; bensì in un modo diverso ed assai più perfetto, per il quale diveniamo concorporei con lui, partecipi della sua vita, sue membra e quant'altro si può aggiungere, perché come ineffabile è l'amore di Dio per gli uomini, quell'amore che lo trasse ad amare tanto degli esseri deformi e a colmarli di doni immensi; e come l'unione con coloro che ama vince ogni immagine ed ogni nome; così anche il modo col quale si unisce e benefica è meraviglioso e conviene a Lui solo che opera meraviglie.
Infatti, mentre noi rappresentiamo con simboli, come in figura, la morte vera da lui subita per la nostra vita, egli in realtà ci rinnova, ci ricrea e ci rende partecipi della sua vita. Così, rappresentando la sua sepoltura e annunziando la sua morte nei sacri misteri, in virtù di essi siamo generati, plasmati e divinamente congiunti al Salvatore. Ed è per essi che, come dice Paolo, in lui viviamo, ci muoviamo e siamo.
Dunque il battesimo dona l'essere, cioè il sussistere conforme al Cristo; esso è il primo mistero: prende gli uomini morti e corrotti e li introduce nella vita. Poi l'unzione del miron porta a perfezione l'essere già nato, infondendogli l’energia conveniente a tale vita. Infine la divina eucaristia sostiene e custodisce la vita e la salute: è il pane della vita, infatti, che permette di conservare quanto è stato acquisito e di serbarsi vivi. Perciò in virtù di questo pane viviamo e in virtù del miron ci muoviamo, dopo aver ricevuto l'essere dal lavacro battesimale.
È questo il modo per cui viviamo in Dio, trasferendo l'esistenza da questo mondo visibile a quello invisibile, non mutando di luogo, ma di condotta e di vita.
Non noi ci siamo mossi verso Dio e siamo saliti a lui, è lui che è venuto e disceso a noi. Noi non abbiamo cercato, ma siamo stati cercati: la pecora non ha cercato il pastore, la dracma non ha cercato il padre di famiglia; ma lui si è chinato sulla terra, ha trovato l'immagine ed è andato nei luoghi dove la pecora si smarriva, per prenderla e ritrarla dall'errare, non ci ha tolti di qui, ma lasciandoci in terra ci ha resi anche celesti: ha infuso in noi la vita divina senza portarci in cielo, ma piegando e abbassando il cielo fino a noi. Come dice il profeta, piegò i cieli e discese.
Dunque, attraverso i santi misteri, quasi finestre, il sole di giustizia entra in questo mondo tenebroso, mette a morte la vita secondo il mondo, e fa sorgere la vita sovramondana. La luce del mondo vince il mondo, come accenna dicendo: Io ho vinto il mondo: l'ha vinto immettendo in un corpo mortale e inconsistente la vita salda e immortale.
Quando in una casa entra un raggio di sole, la lucerna non attrae più gli sguardi, ma domina vittorioso lo splendore di quel raggio; lo stesso accade in questa esistenza quando per mezzo dei misteri entra il fulgore della vita futura e inabita le anime, esso vince la vita nella carne e la bellezza di questo mondo, e ne copre la luce. E’ questa la vita nello Spirito, che vince ogni desiderio della carne, secondo il detto di Paolo: camminate nello Spirito e certo non compirete i desideri della carne. E’ questa la via che il Signore ha tracciato venendo a noi, è questa la porta da lui aperta entrando nel mondo; né, quando è tornato al Padre, ha voluto chiuderla, ma per essa dal Padre ritorna agli uomini, anzi è presente sempre, è con noi e lo sarà sempre, mantenendo le sue promesse.

Tratto da "La vita in Cristo" di CABASILAS

LECTIO DIVINA

5 Maggio 2019
III Domenica di Pasqua / C

Pietro, mi ami?
At 5, 27b-32. 40b-41; Sal 29; Ap 5, 11-14; Gv 21, 1-19





La Chiesa celebra la presenza del Cristo risorto specialmente nell’Eucaristia, nell’ascolto della Parola e nello spezzare del pane ritroviamo costantemente la forza per proseguire il cammino, la luce nelle difficoltà della vita. L’umanità redenta, nella liturgia di questa domenica, è presente nella seconda lettura dove la grande liturgia in cielo si unisce alla Chiesa in terra e celebra la salvezza pasquale operata da Dio Padre per mezzo di Gesù Cristo. Nella prima lettura, Pietro confessa la sua fede in Cristo risorto, è lo Spirito Santo che parla per bocca degli apostoli e conferma e rivela in cuor loro il senso profondo della passione-risurrezione affinché diventino testimoni di Gesù Cristo. Per ultimo, nel Vangelo, vediamo Gesù che affida a Pietro la Chiesa, Pietro che salvato dal perdono di Gesù, per tre volte testimonia il suo amore per Cristo, si fa ‘pescatori di uomini’ e viene costituito guida e pastore della Chiesa.



Testo e commento alle Letture

Dagli Atti degli Apostoli (At 5, 27b-32. 40b-41)

In quei giorni, il sommo sacerdote cominciò a interrogarli dicendo: “Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di costui, ed ecco voi avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina e volete far ricadere su di noi il sangue di quell'uomo”. Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce. Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che gli obbediscono”. Fecero flagellare(gli apostoli) e ordinarono loro di non continuare a parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono dal Sinedrio lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.



Nella prima lettura tratta dagli Atti degli apostoli si racconta un altro scontro tra gli apostoli e i capi dei Giudei. Gli apostoli sono nuovamente arrestati e condotti davanti al Sommo Sacerdote. La testimonianza degli apostoli è manifestare visibilmente l’azione di Dio e la potenza della risurrezione sulla prima comunità.
Tante volte l’obbedire a Dio e vivere nella fede può causarci solitudine, abbandono, persecuzione ma cosa affrontiamo e sopportiamo per amore del nome di Gesù? Sappiamo che come gli apostoli ci viene chiesta una grande fiducia nella certezza che Cristo è Risorto, è lui che ci rendi liberi per obbedire solo a lui, all’unico Signore della vita ed essere memoria viva della buona novella Gesù Cristo.



Dal libro dell’Apocalisse di San Giovanni apostolo (Ap 5, 11-14)

Io, Giovanni, vidi e intesi voci di molti angeli intorno al trono e agli esseri viventi e gli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: "L'Agnello che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione". Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto la terra e nel mare e tutti gli esseri che si trovavano, udii che dicevano: "A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli". E i quattro esseri viventi dicevano: "Amen". E gli anziani si prostrarono in adorazione.



Il libro dell’Apocalisse descrive in questo brano la solenne liturgia di lode, di ringraziamento, “l’intronizzazione di Cristo”: davanti al trono di Dio appare Gesù Cristo come “l’Agnello che è stato immolato”, così pure l’adorazione che a lui tutto l’universo rende attraverso la lode, l’onore e gloria. Tutti i popoli senza distinzione sono uniti in questa solenne liturgia eucaristica. Solo Gesù, con la sua morte in croce e risurrezione, ci dona il senso profondo della nostra storia. Ogni volta che partecipiamo all’eucaristia, viviamo l’atteggiamento filiale di ringraziamento in modo di fare della nostra vita una continua offerta a Dio. Oggi la liturgia ci invita a manifestare in noi l’unica priorità: Gesù Crocifisso e Risorto.


Testo e commento al Vangelo

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 21, 1-19)

In quei tempi, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare».
Gli dissero « Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

Il racconto evangelico di oggi ci presenta la terza apparizione di Gesù ambientata sul mare di Tiberìade. E’ la presenza del Risorto che rende feconda la pesca, è la presenza di Cristo Risorto che fa umana, bella e feconda la nostra vita, bisogna purificare il nostro sguardo per riconoscere che Lui è tra noi, solo nel riconoscerlo dopo la sua morte possiamo essere veri discepoli suoi.
Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E’ Gesù il vero pane, è lui allora “l’eucaristia” (tutto quello che Dio fa per ciascuno di noi, il suo amore incondizionato e gratuito). Questo dono d’amore di Gesù ci sazia, ci riempie e ci chiede di essere altrettanto eucaristia per ogni nostro fratello.
Prima che Pietro sia costituito guida del gregge, Gesù gli dona l’opportunità di riparare i suoi tradimenti con la triplice dichiarazione e affermazione d’amore.

Traiamo liberamente da A. GASPARINO, Maestro insegnaci a pregare:

Mi ami? Una domanda cruciale
Per tre volte il Signore chiede a Pietro di proclamare il suo amore, di dichiararlo apertamente. È logico chiederci: perché l'ha fatto? Evidentemente l'ha fatto perché lo avvertiva come un bisogno molto importante di Pietro: tre volte Pietro l'aveva rinnegato, tre volte davanti a tutti lo invita a proclamare il suo amore.
È interessante questo particolare: a ogni proclamazione di amore segue una consegna precisa di Gesù. Gesù conferisce un compito e una responsabilità solenne: «Pasci le mie pecorelle», il che in sostanza significa: da' la prova che mi ami, spendendoti per i tuoi fratelli, diventando strumento di salvezza per i tuoi fratelli. Alla terza dichiarazione solenne di Pietro, Gesù chiede veramente tutto: chiede nientemeno che l'offerta della vita. Disse: «Seguimi!». «Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio».
Non è certo impossibile che il nostro amore se ne stia tranquillamente nel vago; dobbiamo sempre temere che resti ovattato di belle parole. Finché stiamo solo nel mondo delle belle parole, non siamo sicuri di amare veramente il Signore. E allora Gesù smantella le parole e aiuta a verificarle con la concretezza: «Pasci!». Cioè: aiuta! salva! Che per Pietro significa: istruisci, organizza, cioè spenditi per i tuoi fratelli per amore verso di me, perché te lo dico io stesso.
È sempre incombente il pericolo che nella nostra preghiera del cuore non scendiamo alla concretezza. Gesù pretende la concretezza dell'amore.
Vigiliamo dunque sulla concretezza della nostra preghiera del cuore: dobbiamo alzarci dai piedi del Signore con in mano una verifica precisa del nostro amore, un dono preciso, una conversione precisa.
E dobbiamo essere attenti che non sia un dono scelto soltanto da noi, ma scelto veramente da lui, gradito a lui, voluto e specificato da lui: maturato cioè nella preghiera. Pietro probabilmente avrebbe dato altro al Signore; il Signore invece gli chiede di fare bene il Capo, un capo capace di pascere, cioè di nutrire il gregge, e un capo tanto impegnato col gregge da essere pronto a giocare anche la vita quando sarebbe scoppiata la persecuzione.



Commento patristico

Quando senti le parole del Signore: “Pietro, mi ami tu?” (Gv 21, 16), considerale come uno specchio in cui vedi te stesso. Poiché, che altro rappresentava Pietro se non l’immagine della Chiesa? Il Signore dunque, interrogando Pietro interrogava noi, interrogava la Chiesa… Perché tutto l’immenso numero dei pastori sarà ricondotto al corpo di un unico pastore. Lì siete anche voi, essendo sue membra…dunque è l’amore di Cristo che noi amiamo in voi; è l’amore di Cristo che voi amate in noi: esso ci condurrà, tra le tentazioni, fatiche, sudori, miserie e gemiti, là dove non c’è fatica, né miseria, dove nessuno teme l’ira del potente, perché aderisce al volto dell’Onnipotente (Dai Discorsi di Sant’Agostino, vescovo).



Commento Francescano

La testimonianza di Pietro ci conduce a domandare al Signore la grazia di fare ciò che sappiamo che Lui desidera e lo facciamo facendoci aiutare dalle parole di Francesco (Lettera a tutto l’Ordine, FF 233):

Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio concedi a noi miseri di fare, per tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e con l'aiuto della tua sola grazia giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità perfetta e nell’Unità semplice vivi e regni glorioso, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen.



Orazione finale

Signore,
la mia sola sicurezza sei tu
come il mare che ho davanti
e nel quale butto la rete della mia vita.
Anche se finora non ho pescato nulla
anche se a volte non ne ho la voglia
io so Signore che se avrò la forza
di buttare continuamente questa rete
troverò il senso della verità. Amen.
(E. OLIVERO)


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